Gli arti secondo Forsythe
Il suo Teorema al Regio di Torino
Al Regio di Torino il consueto appuntamento annuo con le grandi Compagnie internazionali e con la migliore danza. Quest'anno è il Balletto di Lione che con due immense coreografie, l'una di William Forsythe l'altra di Mats Ek, propone agli abbonati del Regio Limb's Theorem (20 novembre - 1 dicembre) del primo e la versione maledetta della Giselle del secondo (5-7 dicembre).
Formazione di danzatori classici votata al repertorio contemporaneo, il Ballet de l'Opéra de Lyon è una delle più note compagnie di danza del mondo. L'attuale direttore, Yorgos Loukos, si è impegnato fin dai primi anni Novanta nella diffusione del linguaggio coreografico contemporaneo, mettendo insieme un repertorio di 93 titoli, 48 dei quali sono stati appositamente creati per il Ballet de l'Opéra de Lyon. E non è un caso che tutti i più grandi coreografi del Novecento hanno collaborato con la compagine francese: dagli americaniMerce Cunningham, Trisha Brown, Lucinda Childs, Bill T. Jones, agli europei Jirí Kylián, Sasha Waltz e Philippe Decouflé, trovando nella compagnia lionese uno strumento perfetto per ideare e realizzare le proprie ricerche artistiche.
Di Forsythe conserva alcune delle sue coreografie e per la terza volta - entrato in repertorio nel 2005 - si confronta con "Il teorema dell'arto". E'la storica della danza Marinella Guatterini - insieme a Elisa Vaccarino ha curato il libretto di sala - che in una conferenza organizzata al Piccolo Regio (26 novembre) introduce l'uditorio nel mondo Forsythe e nelle variazioni tematiche di Mats Ek.
Classe 1949 William Forsythe nasce a New York e fin da giovane si appassiona al mondo del balletto. Si forma ai dettami accademici alla Juilliard School e durante la sua formazione conosce grandi coreografi qualiRobert Joffrey, Jonathan Watts e Martha Graham, ma solo con l'esperienza in Europa, alla direzione ventennale del Frankfurt Ballet (1984-2004) prenderà il via la sua carriera di coreografo con una profonda ricerca estetica sul corpo, che finita l'esperienza germanica si unirà, con la formazione della Compagnia omonima, alle sperimentazioni fra danza e arti visive. Grande impresario della sue pièce, finita l'esperienza germanica, Forsythe non accantona il suo repertorio ma, cambiando direzione della sua ricerca, lascia alle migliori compagnie i suoi lavori, assicurandosi così gloria e riconoscimenti eterni.
Difficilissime perché pluritecniche, le sue "situazioni" coreografiche, non possono essere portate in scena da qualsiasi compagnia.L'Operà di Parigi, il NY City Ballet, il Mariniisky ballet, il Boshoi Ballet, La Scala di Milano, il S. Francisco Ballet insieme al Vienna Ballet sono le compagnie, che per la poliedrica formazione richiesta ai danzatori possono confrontarsi con l'idea di corpo e di danza del coreografo americano.
Riconosciuto come l'autentico erede del neo-classico George Balanchine, formalista fin dal suo esordio Forsythe si chiede quale sia lo scopo del balletto. La sua è una visione a 360 gradi, ci informa la Guatterini, che cerca di liberare la danza dalla coreografia, quest'ultima intesa come il pensiero che muove la danza - lo strumento insomma - e da questo assunto di base parte per la de-costruzione del balletto per approdare ad un nuovo modo di intendere la danza.
I titoli dei suoi lavori, sempre indicativi della ricerca artistica in corso, nel Teorema dell'arto focalizzano l'attenzione sugli arti appunto e su come possono esprimere al meglio le loro potenzialità. Realizzato nel 1990, Limb's theorem si ispira alla "teoria del frammento" di Aldo Rossi (Teatro Carlo Felice di Genova), secondo cui, riferito alla danza, non esiste una progressione coreografica ma una successione di "situazioni" coreografiche che hanno lo scopo di ricordare o suggerire, negli occhi di chi guarda, qualcosa. «Il vocabolario non è e non sarà mai vecchio, è la scrittura che può risultare datata», queste parole divenute credo per il coreografo, trapelano però da parte sua, non l'epifania di un nuovo codice di danza, ma semplicemente la creazione di un nuovo linguaggio coreutico. Non si ribella all'accademismo bensì lo nutre di nuova, contemporanea, vita.
La pièce consta di tre parti e in tutt'e tre gli atti la danza si confronta con l'architettura attraverso tipici movimenti e gesti all'apparenza classici, grazie ai quali i ballerini creano un mondo nuovo, onirico.
Nella prima sezione, Limb's 1, lo spazio si contrae e si espande con rapidissimi movimenti dei ballerini che, costantemente ai lati del palcoscenico, chiedono allo spettatore di scegliere cosa vedere e cosa eliminare. La presenza in scena di una grande vela cambia la prospettiva e la luce; la danza è sulle punte, maattraverso lo studio di Laban e delle sue teorie - che hanno liberato il balletto dalle sue regole - i canoni classici si rendono irriconoscibili. Velocità massima che avvenendo sulle punte, nasconde la necessaria metabolizzazione di molte, autorevoli, tecniche.
Estensioni esasperate, piedi flessi e polsi ripiegati sono invece i moduli gestuali dai quali si parte per la seconda parte del balletto: Enemy in the Figure, uno studio sulle ombre e le luci. Realizzato un anno prima, nella sua fase post-moderna (1985-1990) in cui, seguendo una prassi diventata metodo, realizzava piccoli pezzi, della durata di 20 m circa, che poi univa, ad altre, per comporre opere complete. Elemento a sé stante Enemy in the Fugure può essere riproposto autonomamente in quanto rompe l'algida pulizia e il forte formalismo, introducendo una novità fatta dai danzatori che portano le luci sulla scena rivelando il mondo creativo di Forsythe, capace di strutturare il ritmo attraverso il gesto, e lo spazio attraverso il tempo, all'interno di una scenografia composta da un muro ondulato costituito da un legno dal colore caldo e dalla forma ondulata.
La terza e ultima parte di Limb's Theorem, evidentemente in linea con la prima, schiera il corpo di ballo al completo (30 danzatori) ed è l'apoteosi del virtuosismo, sia nelle sezioni solistiche sia in quelle di gruppo. In questo atto il caos si organizza attraverso la danza e i danzatori si raggruppano e i loro movimenti si ripetono a canone nel delimitare un limbo, un contorno, secondo un arcaico teorema: Limb's Theorem appunto.
Per una danza che ammalia lo sguardo e appaga la necessaria ricerca del bello, la musica si fa nemica della danza producendo, nell'uditorio, fastidio e quindi l'incapacità quasi totale di concentrazione. Anche se perfettamente in linea con le ricerche degli anni Novanta le musiche di Thom Willems producono un corto circuito che dagli occhi non conduce alle orecchie. Musica e danza sembrano lottare e fra i due vince, di molto, il nuovo virtuosismo contemporaneo del coreografo americano.
Però, per quanto riguarda la danza e le ricerche artistiche: è proprio vero che Forsythe, soprattutto pensando al terzo atto, ha liberato la danza dalla coreografia?
Formazione di danzatori classici votata al repertorio contemporaneo, il Ballet de l'Opéra de Lyon è una delle più note compagnie di danza del mondo. L'attuale direttore, Yorgos Loukos, si è impegnato fin dai primi anni Novanta nella diffusione del linguaggio coreografico contemporaneo, mettendo insieme un repertorio di 93 titoli, 48 dei quali sono stati appositamente creati per il Ballet de l'Opéra de Lyon. E non è un caso che tutti i più grandi coreografi del Novecento hanno collaborato con la compagine francese: dagli americaniMerce Cunningham, Trisha Brown, Lucinda Childs, Bill T. Jones, agli europei Jirí Kylián, Sasha Waltz e Philippe Decouflé, trovando nella compagnia lionese uno strumento perfetto per ideare e realizzare le proprie ricerche artistiche.
Di Forsythe conserva alcune delle sue coreografie e per la terza volta - entrato in repertorio nel 2005 - si confronta con "Il teorema dell'arto". E'la storica della danza Marinella Guatterini - insieme a Elisa Vaccarino ha curato il libretto di sala - che in una conferenza organizzata al Piccolo Regio (26 novembre) introduce l'uditorio nel mondo Forsythe e nelle variazioni tematiche di Mats Ek.
Classe 1949 William Forsythe nasce a New York e fin da giovane si appassiona al mondo del balletto. Si forma ai dettami accademici alla Juilliard School e durante la sua formazione conosce grandi coreografi qualiRobert Joffrey, Jonathan Watts e Martha Graham, ma solo con l'esperienza in Europa, alla direzione ventennale del Frankfurt Ballet (1984-2004) prenderà il via la sua carriera di coreografo con una profonda ricerca estetica sul corpo, che finita l'esperienza germanica si unirà, con la formazione della Compagnia omonima, alle sperimentazioni fra danza e arti visive. Grande impresario della sue pièce, finita l'esperienza germanica, Forsythe non accantona il suo repertorio ma, cambiando direzione della sua ricerca, lascia alle migliori compagnie i suoi lavori, assicurandosi così gloria e riconoscimenti eterni.
Difficilissime perché pluritecniche, le sue "situazioni" coreografiche, non possono essere portate in scena da qualsiasi compagnia.L'Operà di Parigi, il NY City Ballet, il Mariniisky ballet, il Boshoi Ballet, La Scala di Milano, il S. Francisco Ballet insieme al Vienna Ballet sono le compagnie, che per la poliedrica formazione richiesta ai danzatori possono confrontarsi con l'idea di corpo e di danza del coreografo americano.
Riconosciuto come l'autentico erede del neo-classico George Balanchine, formalista fin dal suo esordio Forsythe si chiede quale sia lo scopo del balletto. La sua è una visione a 360 gradi, ci informa la Guatterini, che cerca di liberare la danza dalla coreografia, quest'ultima intesa come il pensiero che muove la danza - lo strumento insomma - e da questo assunto di base parte per la de-costruzione del balletto per approdare ad un nuovo modo di intendere la danza.
I titoli dei suoi lavori, sempre indicativi della ricerca artistica in corso, nel Teorema dell'arto focalizzano l'attenzione sugli arti appunto e su come possono esprimere al meglio le loro potenzialità. Realizzato nel 1990, Limb's theorem si ispira alla "teoria del frammento" di Aldo Rossi (Teatro Carlo Felice di Genova), secondo cui, riferito alla danza, non esiste una progressione coreografica ma una successione di "situazioni" coreografiche che hanno lo scopo di ricordare o suggerire, negli occhi di chi guarda, qualcosa. «Il vocabolario non è e non sarà mai vecchio, è la scrittura che può risultare datata», queste parole divenute credo per il coreografo, trapelano però da parte sua, non l'epifania di un nuovo codice di danza, ma semplicemente la creazione di un nuovo linguaggio coreutico. Non si ribella all'accademismo bensì lo nutre di nuova, contemporanea, vita.
La pièce consta di tre parti e in tutt'e tre gli atti la danza si confronta con l'architettura attraverso tipici movimenti e gesti all'apparenza classici, grazie ai quali i ballerini creano un mondo nuovo, onirico.
Nella prima sezione, Limb's 1, lo spazio si contrae e si espande con rapidissimi movimenti dei ballerini che, costantemente ai lati del palcoscenico, chiedono allo spettatore di scegliere cosa vedere e cosa eliminare. La presenza in scena di una grande vela cambia la prospettiva e la luce; la danza è sulle punte, maattraverso lo studio di Laban e delle sue teorie - che hanno liberato il balletto dalle sue regole - i canoni classici si rendono irriconoscibili. Velocità massima che avvenendo sulle punte, nasconde la necessaria metabolizzazione di molte, autorevoli, tecniche.
Estensioni esasperate, piedi flessi e polsi ripiegati sono invece i moduli gestuali dai quali si parte per la seconda parte del balletto: Enemy in the Figure, uno studio sulle ombre e le luci. Realizzato un anno prima, nella sua fase post-moderna (1985-1990) in cui, seguendo una prassi diventata metodo, realizzava piccoli pezzi, della durata di 20 m circa, che poi univa, ad altre, per comporre opere complete. Elemento a sé stante Enemy in the Fugure può essere riproposto autonomamente in quanto rompe l'algida pulizia e il forte formalismo, introducendo una novità fatta dai danzatori che portano le luci sulla scena rivelando il mondo creativo di Forsythe, capace di strutturare il ritmo attraverso il gesto, e lo spazio attraverso il tempo, all'interno di una scenografia composta da un muro ondulato costituito da un legno dal colore caldo e dalla forma ondulata.
La terza e ultima parte di Limb's Theorem, evidentemente in linea con la prima, schiera il corpo di ballo al completo (30 danzatori) ed è l'apoteosi del virtuosismo, sia nelle sezioni solistiche sia in quelle di gruppo. In questo atto il caos si organizza attraverso la danza e i danzatori si raggruppano e i loro movimenti si ripetono a canone nel delimitare un limbo, un contorno, secondo un arcaico teorema: Limb's Theorem appunto.
Per una danza che ammalia lo sguardo e appaga la necessaria ricerca del bello, la musica si fa nemica della danza producendo, nell'uditorio, fastidio e quindi l'incapacità quasi totale di concentrazione. Anche se perfettamente in linea con le ricerche degli anni Novanta le musiche di Thom Willems producono un corto circuito che dagli occhi non conduce alle orecchie. Musica e danza sembrano lottare e fra i due vince, di molto, il nuovo virtuosismo contemporaneo del coreografo americano.
Però, per quanto riguarda la danza e le ricerche artistiche: è proprio vero che Forsythe, soprattutto pensando al terzo atto, ha liberato la danza dalla coreografia?
Gb
TEATRO REGIO
Balletto di Lione
Limb's Theorem
coreografia e luci, William Forsythe.
musiche elettroniche di Thom Willems, compositore d'avanguardia e uno dei padri del new sound.
scenografie della prima e terza parte, Michael Simon.
scenografie secondo atto, ideate dallo stesso Forsythe
www.theforsythecompany.com
Balletto di Lione
Limb's Theorem
coreografia e luci, William Forsythe.
musiche elettroniche di Thom Willems, compositore d'avanguardia e uno dei padri del new sound.
scenografie della prima e terza parte, Michael Simon.
scenografie secondo atto, ideate dallo stesso Forsythe
www.theforsythecompany.com