Obesa perché sola
Cappuccetto di Emma Dante
Iniziata da pochissimo la nuova stagione del Teatro Ragazzi e Giovani all'insegna de Il coraggio. Valore sottovalutato e a cui La Casa dedica un'intero anno, attraverso una programmazione sempre vigile nei confronti dell'Europa, proponendo, come sempre al suo "piccolissimo" pubblico, la poliedricità della scatola nera. Dal teatro d'attore alla danza, dal teatro di figura al circo-teatro, dal teatro civile al teatro fantastico. Svariate tecniche un solo scopo: non smettere di "pensare bimbo".
Partito con la Compagnia d'A...! e il suo concerto-narrato intitolato Knup, proseguito con Moztri raccontando la storia del taciturno Tobia, il palinsesto de La Casa del Teatro prosegue con la nuova versione di Cappuccetto Rosso della siciliana Emma Dante. Con Cappuccetto Rosso vs Cappuccetto Rosso, la bambina si sdoppia e la fiaba si fa esegesi psicoanalitica. Prelibatezze teatrali, per palati raffinatissimi.
Cappuccetto aspira tutto
La superficie
Cappuccetto un giorno si scopre, nella sua stanza, a non essere la sola. Insieme a lei c'è un suo clone, un'altra bambina, simile ma diversa, forse migliore. Cappuccetto è grassa per essere solo una bambina, è un po' aggressiva e presenta caratteristiche mascoline. Tutte e due condividono la stessa mamma, la quale sembra protendere, bella ed elegante com'è, verso la Cappuccetto più aggraziata e con un leggero accento francese, dal momento che invita sua figlia a mangiare di meno, tanto che, preoccupata, chiude con un lucchetto il cestino con la focaccia da portare alla nonna.
Nel classico viaggio all'interno del bosco, la favola di Cappuccetto rosso si lega ad altre fiabe: Hansel&Graetel e Biancaneve e la Strega. Con questi nuovi protagonisti - in un pasticce fortunatissimo e ormai di moda, iniziato col cinema e ben rappresentato da, volendo citare un film e una serie per le innumerevoli girate negli ultimi anni, The tale of tales e Once upon a time - dovrà combattere per la sopravvivenza, questa sempre legata al cibo. La forzuta e tozza Cappuccetto, con movimenti del corpo rubati al mondo dei manga, sconfiggerà abilmente i tre nemici: al suo clone Cappuccetto mangerà la focaccina, facendola così sparire, nella perdita del suo scopo; ai due fratelli, dopo aver mangiato tutte le mollichine che servivano loro per trovare la via, farà così paura da farli scappare; infine, si scoprirà immune al veleno che la Strega ha messo nella mela per Biancaneve, superando anche questo ostacolo. Che stomaco! Eccola, quindi, libera di raggiungere la casa della nonna ormai usurpata dal lupo nonnicida. Anche qui, in un esilarante duetto fra Cappuccetto e il Lupo, con un leggero accento siculo e scaltro da parte della bambina, quello dovrà scappare davanti l'enorme fame di Cappuccetto, che una volta divoratolo, in preda la fame nervosa, finalmente, potrà mangiare la focaccina destinata alla nonna. E sorpresa finale, una volta vinta la sfida, la nostra eroina perde l'ironia e la spavalderia, conquistando un solitario, triste, pianto.
In profondità
Identità, riti di passaggio, sessualità
La fiaba di Cappuccetto Rosso viene fatta risalire alla tradizione orale di diverse regioni europee. Secondo alcune tradizioni, il racconto rappresenta l'allegoria della ciclicità solare: la protagonista rappresenta il sole, il lupo che la divora, rappresenta la notte, mentre la liberazione dalla pancia del mostro rappresenta il sorgere del sole. Secondo un'altra interpretazione tutta la fiaba verte sul concetto di maternità: ogni personaggio principale è permeato da esso: la nonna è stata madre, Cappuccetto deve diventare tale, il lupo svolge una funzione paradossalmente materna alla fine della storia, dal suo ventre riemergono la nonna e la ragazza pronte ad una nuova possibilità di crescita. Un'altra chiave di lettura, proposta da E.Brasey e J.P.Debailleul, invita a riflettere su un l'ignoto: ciò che non conosciamo ci spaventa e nello stesso tempo ci incuriosisce.
Tra i tanti che nel tempo hanno trascritto la favola, ci sono i più conosciuti Charles Perrault e i fratelli Grimm. Fra le due versioni la principale differenza sta nel fatto che nella trascrizione di Perrault non c'è nessun lieto fine e la fiaba termina con Cappuccetto e la nonna dentro la pancia del lupo, mentre nella versione dei fratelli Grimm viene inserita la figura del Cacciatore che, tagliando la pancia del lupo salva le due sventurate. Al fine di terrorizzare i bambini per non farli deviare dal sentiero che metaforicamente sono le raccomandazioni dei genitori, Perrault nasconde un intento moralizzante soprattutto per le bambine, dal momento che il lupo rappresenta il seduttore che mena alle bellezze della natura, nel periodo più critico: la pubertà.
E nella versione di Perrault, la favola termina con una regressione della bambina che, intrappolata nel ventre materno, non è iniziata al mondo adulto. Cosa che avviene, invece, nella versione dei fratelli Grimm con l'introduzione del cacciatore - a rappresentare la parte buona dell'uomo, il padre, senza il quale, in una visione maschilista, la donna non potrebbe essere salvata - in opposizione al lupo che rappresenta l'uomo visto come un animale crudele e astuto. Infatti la voracità del lupo, la sua brama di carne, è associata al concetto sadico infantile di "coito", caratteristico della fase orale, pregenitale, chiamata anche "cannibalica" dallo stesso Freud. Nella fase orale dello sviluppo si manifesta la pulsione sessuale attraverso la nutrizione, e simbolicamente il "cappuccetto rosso" rappresenta le mestruazioni che condurranno la bambina nella "oscura foresta" della femminilità.
Insomma, pur essendo una delle fiabe più raccontate ai bambini, Cappuccetto Rosso contiene numerosi riferimenti piuttosto espliciti alla sessualità ed alla violenza. Tenendo presenti questi due aspetti, secondo altre chiavi di lettura, che vanno da Propp a Fromm, la fiaba diviene un'allegoria dei riti di passaggio adolescenziali. Questa interpretazione è quella che, probabilmente, interessa maggiormente la regista siciliana. E nella sua riscrittura, come in Perrault, manca la figura del Cacciatore, ma non con lo stesso intento dell'antropologo russo, bensì con la volontà, personale e sociale, di ribaltare la figura femminile.
I riti adolescenziali sono rappresentati dalla partenza di Cappuccetto dalla sua casa (rito di separazione), dalla permanenza nel bosco (rito di passaggio), dalle esperienze con gli altri protagonisti (rito d'iniziazione), l'incontro con il lupo alla casa della nonna - lupo che secondo questa corrente di pensiero simboleggia una potenza malvagia, il cui scopo è deviare la bambina dal suo percorso di crescita facendo in modo che la bambina prolunghi il più possibile il soggiorno nell'infanzia, costringendola ad una condizione di perpetua staticità - rappresenta l'emergere della consapevolezza da parte di Cappuccetto: la bambina comprende che per crescere deve affrontare gli eventi negativi che le si presentano e superare i propri limiti. Cappuccetto, l'enorme bambina affamata, nella versione della Dante, divora, in un sol boccone, il lupo.
Ecco allora che Cappuccetto vs Cappuccetto si fa metafora dell'esistenza, del periodo di crescita in cui ognuno deve fare i conti con sé stesso e con il proprio corpo. Con ciò che la famiglia esige e ciò che noi desideriamo. Con le regole sociali e col sentire personale. Infine col nostro essere donne e uomini in una società dai confini ben delineati. Il disagio, nella crescita, è talmente forte che cibo, sesso e aggressività/violenza, nella migliore delle ipotesi, sembrano attenuare il dolore. Ma come abbiamo visto sono sintomo di altro, di qualcosa che va costruendosi.
E la Cappuccetto della Dante, si fa ragazza attuale, emancipata e combattiva. Talmente forte, da spazzare via "il come dovrebbe essere" (la cappuccetto magra e aggraziata); talmente esuberante e curiosa, con in più un forte istinto di sopravvivenza, da gestire qualsiasi ostacolo (le conoscenze nel bosco). Tanto emancipata da non necessitare di nessun uomo buono (il cacciatore) per essere salvata. Lei è scaltra e fiuta gli impostori. Ma Cappuccetto, come tutte le persone forti, e sotto quella corazza di lardo e muscoli, vuole essere solamente amata, accettata per quello che è. E qui, sperando di mettere fine a questo sproloquio, importanti si fanno i genitori. Quanto seguono i propri figli? Quanto credono che la loro vita, i loro traumi non dipendano da loro?
Infine, quanto amano/accettano la propria prole? La madre di Cappuccetto rosso confonde la figlia vera con la fittizia, come palliativo alla sua stazza le dice indifferentemente di non mangiare, e mette il lucchetto alla cesta, non per evitare che si ingozzi sul serio, ma per essere sicura che il dono della nonna - i convenevoli sociali - siano rispettati. Infatti alla domanda che Cappuccetto rivolge alla madre: mamma ma se io non ci fossi più ti mancherei? la risposta che ottiene è una sonora risata isterica. Ecco spiegata la fine solitaria di Cappuccetto. Con chi condividere le sue esperienze? Genitori di tutto il mondo unitevi e tremate. E nella consapevolezza, il ricordo di essere stati bambini.
Partito con la Compagnia d'A...! e il suo concerto-narrato intitolato Knup, proseguito con Moztri raccontando la storia del taciturno Tobia, il palinsesto de La Casa del Teatro prosegue con la nuova versione di Cappuccetto Rosso della siciliana Emma Dante. Con Cappuccetto Rosso vs Cappuccetto Rosso, la bambina si sdoppia e la fiaba si fa esegesi psicoanalitica. Prelibatezze teatrali, per palati raffinatissimi.
Cappuccetto aspira tutto
La superficie
Cappuccetto un giorno si scopre, nella sua stanza, a non essere la sola. Insieme a lei c'è un suo clone, un'altra bambina, simile ma diversa, forse migliore. Cappuccetto è grassa per essere solo una bambina, è un po' aggressiva e presenta caratteristiche mascoline. Tutte e due condividono la stessa mamma, la quale sembra protendere, bella ed elegante com'è, verso la Cappuccetto più aggraziata e con un leggero accento francese, dal momento che invita sua figlia a mangiare di meno, tanto che, preoccupata, chiude con un lucchetto il cestino con la focaccia da portare alla nonna.
Nel classico viaggio all'interno del bosco, la favola di Cappuccetto rosso si lega ad altre fiabe: Hansel&Graetel e Biancaneve e la Strega. Con questi nuovi protagonisti - in un pasticce fortunatissimo e ormai di moda, iniziato col cinema e ben rappresentato da, volendo citare un film e una serie per le innumerevoli girate negli ultimi anni, The tale of tales e Once upon a time - dovrà combattere per la sopravvivenza, questa sempre legata al cibo. La forzuta e tozza Cappuccetto, con movimenti del corpo rubati al mondo dei manga, sconfiggerà abilmente i tre nemici: al suo clone Cappuccetto mangerà la focaccina, facendola così sparire, nella perdita del suo scopo; ai due fratelli, dopo aver mangiato tutte le mollichine che servivano loro per trovare la via, farà così paura da farli scappare; infine, si scoprirà immune al veleno che la Strega ha messo nella mela per Biancaneve, superando anche questo ostacolo. Che stomaco! Eccola, quindi, libera di raggiungere la casa della nonna ormai usurpata dal lupo nonnicida. Anche qui, in un esilarante duetto fra Cappuccetto e il Lupo, con un leggero accento siculo e scaltro da parte della bambina, quello dovrà scappare davanti l'enorme fame di Cappuccetto, che una volta divoratolo, in preda la fame nervosa, finalmente, potrà mangiare la focaccina destinata alla nonna. E sorpresa finale, una volta vinta la sfida, la nostra eroina perde l'ironia e la spavalderia, conquistando un solitario, triste, pianto.
In profondità
Identità, riti di passaggio, sessualità
La fiaba di Cappuccetto Rosso viene fatta risalire alla tradizione orale di diverse regioni europee. Secondo alcune tradizioni, il racconto rappresenta l'allegoria della ciclicità solare: la protagonista rappresenta il sole, il lupo che la divora, rappresenta la notte, mentre la liberazione dalla pancia del mostro rappresenta il sorgere del sole. Secondo un'altra interpretazione tutta la fiaba verte sul concetto di maternità: ogni personaggio principale è permeato da esso: la nonna è stata madre, Cappuccetto deve diventare tale, il lupo svolge una funzione paradossalmente materna alla fine della storia, dal suo ventre riemergono la nonna e la ragazza pronte ad una nuova possibilità di crescita. Un'altra chiave di lettura, proposta da E.Brasey e J.P.Debailleul, invita a riflettere su un l'ignoto: ciò che non conosciamo ci spaventa e nello stesso tempo ci incuriosisce.
Tra i tanti che nel tempo hanno trascritto la favola, ci sono i più conosciuti Charles Perrault e i fratelli Grimm. Fra le due versioni la principale differenza sta nel fatto che nella trascrizione di Perrault non c'è nessun lieto fine e la fiaba termina con Cappuccetto e la nonna dentro la pancia del lupo, mentre nella versione dei fratelli Grimm viene inserita la figura del Cacciatore che, tagliando la pancia del lupo salva le due sventurate. Al fine di terrorizzare i bambini per non farli deviare dal sentiero che metaforicamente sono le raccomandazioni dei genitori, Perrault nasconde un intento moralizzante soprattutto per le bambine, dal momento che il lupo rappresenta il seduttore che mena alle bellezze della natura, nel periodo più critico: la pubertà.
E nella versione di Perrault, la favola termina con una regressione della bambina che, intrappolata nel ventre materno, non è iniziata al mondo adulto. Cosa che avviene, invece, nella versione dei fratelli Grimm con l'introduzione del cacciatore - a rappresentare la parte buona dell'uomo, il padre, senza il quale, in una visione maschilista, la donna non potrebbe essere salvata - in opposizione al lupo che rappresenta l'uomo visto come un animale crudele e astuto. Infatti la voracità del lupo, la sua brama di carne, è associata al concetto sadico infantile di "coito", caratteristico della fase orale, pregenitale, chiamata anche "cannibalica" dallo stesso Freud. Nella fase orale dello sviluppo si manifesta la pulsione sessuale attraverso la nutrizione, e simbolicamente il "cappuccetto rosso" rappresenta le mestruazioni che condurranno la bambina nella "oscura foresta" della femminilità.
Insomma, pur essendo una delle fiabe più raccontate ai bambini, Cappuccetto Rosso contiene numerosi riferimenti piuttosto espliciti alla sessualità ed alla violenza. Tenendo presenti questi due aspetti, secondo altre chiavi di lettura, che vanno da Propp a Fromm, la fiaba diviene un'allegoria dei riti di passaggio adolescenziali. Questa interpretazione è quella che, probabilmente, interessa maggiormente la regista siciliana. E nella sua riscrittura, come in Perrault, manca la figura del Cacciatore, ma non con lo stesso intento dell'antropologo russo, bensì con la volontà, personale e sociale, di ribaltare la figura femminile.
I riti adolescenziali sono rappresentati dalla partenza di Cappuccetto dalla sua casa (rito di separazione), dalla permanenza nel bosco (rito di passaggio), dalle esperienze con gli altri protagonisti (rito d'iniziazione), l'incontro con il lupo alla casa della nonna - lupo che secondo questa corrente di pensiero simboleggia una potenza malvagia, il cui scopo è deviare la bambina dal suo percorso di crescita facendo in modo che la bambina prolunghi il più possibile il soggiorno nell'infanzia, costringendola ad una condizione di perpetua staticità - rappresenta l'emergere della consapevolezza da parte di Cappuccetto: la bambina comprende che per crescere deve affrontare gli eventi negativi che le si presentano e superare i propri limiti. Cappuccetto, l'enorme bambina affamata, nella versione della Dante, divora, in un sol boccone, il lupo.
Ecco allora che Cappuccetto vs Cappuccetto si fa metafora dell'esistenza, del periodo di crescita in cui ognuno deve fare i conti con sé stesso e con il proprio corpo. Con ciò che la famiglia esige e ciò che noi desideriamo. Con le regole sociali e col sentire personale. Infine col nostro essere donne e uomini in una società dai confini ben delineati. Il disagio, nella crescita, è talmente forte che cibo, sesso e aggressività/violenza, nella migliore delle ipotesi, sembrano attenuare il dolore. Ma come abbiamo visto sono sintomo di altro, di qualcosa che va costruendosi.
E la Cappuccetto della Dante, si fa ragazza attuale, emancipata e combattiva. Talmente forte, da spazzare via "il come dovrebbe essere" (la cappuccetto magra e aggraziata); talmente esuberante e curiosa, con in più un forte istinto di sopravvivenza, da gestire qualsiasi ostacolo (le conoscenze nel bosco). Tanto emancipata da non necessitare di nessun uomo buono (il cacciatore) per essere salvata. Lei è scaltra e fiuta gli impostori. Ma Cappuccetto, come tutte le persone forti, e sotto quella corazza di lardo e muscoli, vuole essere solamente amata, accettata per quello che è. E qui, sperando di mettere fine a questo sproloquio, importanti si fanno i genitori. Quanto seguono i propri figli? Quanto credono che la loro vita, i loro traumi non dipendano da loro?
Infine, quanto amano/accettano la propria prole? La madre di Cappuccetto rosso confonde la figlia vera con la fittizia, come palliativo alla sua stazza le dice indifferentemente di non mangiare, e mette il lucchetto alla cesta, non per evitare che si ingozzi sul serio, ma per essere sicura che il dono della nonna - i convenevoli sociali - siano rispettati. Infatti alla domanda che Cappuccetto rivolge alla madre: mamma ma se io non ci fossi più ti mancherei? la risposta che ottiene è una sonora risata isterica. Ecco spiegata la fine solitaria di Cappuccetto. Con chi condividere le sue esperienze? Genitori di tutto il mondo unitevi e tremate. E nella consapevolezza, il ricordo di essere stati bambini.
Gb
CASA TEATRO RAGAZZI E GIOVANI
CAPPUCCETTO ROSSO VS CAPPUCCETTO ROSSO
Teatro Biondo di Palermo
Testo, regia e costumi Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Luci Cristian Zucaro
Con Marcella Colaianni, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier
www.emmadante.com
CAPPUCCETTO ROSSO VS CAPPUCCETTO ROSSO
Teatro Biondo di Palermo
Testo, regia e costumi Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Luci Cristian Zucaro
Con Marcella Colaianni, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier
www.emmadante.com