Contro la borghesia di ieri e di oggi
i Sei Personaggi secondo Lavia
Dopo Tato Russo e la sua versione del Mattia Pascal tocca a Gabriele Lavia riproporre il più importante testo del drammaturgo agrigentino. Con Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello, al Carignano, il dramma fondamentale del teatro contemporaneo italiano e non solo.
Considerata la prima opera della trilogia del teatro nel teatro, insieme a Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo, i Sei personaggi, commedia "beffarda" scritta in soli tre giorni, è l'opera, che nella storia del teatro, non ha paragoni. Unica nella concezione, nella struttura, nell'argomento. Se con l'Edipo Re di Sofocle nel V secolo a.C. si definiva il teatro occidentale, con Pirandello e i suoi sei personaggi, nel XX secolo, si assiste al suo smontaggio definitivo.
Come spesso accede per i testi capitali della storia del teatro, la prima di Sei personaggi in cerca d'autore, nel 1921, fu un sonoro fiasco. Al grido di "Manicomio! Manicomio!", il pubblico inferocito del Teatro Valle di Roma quasi aggredíva Pirandello. Scioccati, infatti, gli spettatori non riuscivano a concepire una pièce dal palcoscenico disadorno, la totale assenza della "magia della rappresentazione" e un gruppo di attori che, con il capocomico, discutevano con sei ambigue figure sul modo migliore di mettere in scena il loro dramma borghese mancato. Gli spettatori indignati attesero che l'autore uscisse dal cosiddetto ‘vicolo dei gatti morti', per lanciargli insulti e monetine. Era la completa rottura delle convenzioni teatrali, insomma.
Qualche mese dopo, a Milano, i Sei personaggi vengono applauditi senza riserve e iniziano il cammino che li porterà a diventare un successo internazionale anche a Parigi, Londra e New York. Varie le riscritture e le revisioni all'autore che ne definisce la composizione nell'edizione del 1925, completandola con unastorica prefazione e la dirige al suo nuovo debutto. "In capo a qualche decennio – scrive Ferdinando Taviani- entrò a far parte di quel numero ristrettissimo di capolavori teatrali che vincono in fama i loro stessi autori e divengono un simbolo del teatro". Oltre a segnare un vero spartiacque per la scena italiana, raccontando il passaggio dal teatro ottocentesco del "grande attore" al novecentesco "teatro di regia", i Sei personaggi inscena il sempre attuale incontro-scontro fra la mente del poeta e il mondo dei teatranti.
La trama e la narrazione improvvisamente non sono più l'oggetto principale del testo. I colpi di scena, i canonici nodi drammatici sono posti in secondo piano, messi da parte e nell'opera si sa già qual è il destino di ognuno dei sei personaggi fin dalle prime battute. L'intreccio è così ridotto al minimo e si dimenticano quasi tutte le strategie di scrittura che per secoli gli autori hanno impiegato per comporre un dramma.
Pirandello ci dice che ha scritto questa "commedia per liberarsi da un incubo". Commedia nera ma non seria. Bizzarra. Una specie di "incubo" non troppo serio. E la versione di Lavia ricrea bene l'atmosfera onirica da cui i "mostri/personaggi" prendono vita: un'atmosfera rossa e paludosa fatta di nebbia da cui emergono strane figure vestite di nero. E il testo, fedele all'originale ma originale nel cambiare la parola "figliastra" in figlia – vincente perchè rimanda all'incubo personale di Pirandello accusato dalla moglie di interessarsi troppo alla figlia – e nell'esclamazione del pubblico romano del 1921, Manicomio! Manicomio!messa in bocca agli attori. Particolare, poi, le note di regia descritte da una metallica voce fuori campo, così come lo schieramento di ventuno attori - simbolo dello sgomento borghese - orchestrati nella loro stasi in movimento, come dei bellissimi quadri dei primi del Novecento.
"I Sei personaggi sono una lunga avventura alla quale vado incontro – ha detto Lavia. Abbiamo in mente un teatro diverso, un luogo aperto nel quale ciascuno venga ad assistere alla rappresentazione di sé. Sei personaggi interroga il fondamento stesso del teatro: la contraddizione e la discordanza tra l'attore e il personaggio e l'impossibilità a fare dei due una sola unità." Il problema della identità personale - ci informa Cesare Musatti in La struttura della persona in Pirandello e la psicoanalisi - ha occupato la mente e la fantasia di Pirandello sotto forme molteplici. Proprio la continua trasformazione della persona rende il quesito del riconoscimento della identità sempre problematico.
Pirandello e l'incesto
Nei Sei personaggi al centro si pone il problema dell'incesto. Nel testo, a non essere decifrabili con gli strumenti della scena borghese sono le dinamiche profonde dell'es. E fin dal principio, le dinamiche perturbanti del profondo entrano in contraddizione con le forme in cui queste si sarebbero potute esprimere. Infatti, il modo in cui i sei personaggi si presentano al Capocomico dovrebbe dare il "la" alla creazione di un'opera a tutti gli effetti riconducibile all'arte della borghesia.
In Madri, baldracche, amanti (edito da Costa&Nolan, Milano 1997) R.Alonge scriveva: «Si pensi ai nomi stessi dei personaggi. Si chiamano semplicemente Il Padre, La Madre, Il Figlio, La Figliastra, Il Giovinetto, La Bambina. Sono cioè pure indicazioni di rapporti familiari. È la classica famiglia borghese che abbiamo davanti agli occhi, con i tutti fantasmi che la caratterizzano. Quando il Padre sta per consumare un rapporto erotico con la Figliastra, è la Madre che interviene, impedendolo. Pirandello, in questo modo, ci dice quanto castrante e limitante sia l'istituzione cardine della società borghese.
E ancora, Alonge evince che nei Sei personaggi esiste un altro vincolo incestuoso, ovvero quello fra la madre e il figlio: "Il tema incestuoso è poi raddoppiato dal legame che unisce la Madre al Figlio, sebbene velato, illanguidito, risolto sotto forma di amore-rimorso da parte della Madre per aver abbandonato il Figlio che ora non può in alcun modo ricambiarne l'affetto". E il testo conferma l'intuizione, esattamente quando nell'ambientazione di un giardino, ricostruito in palcoscenico a imitazione del giardino autentico in cui la Madre, tutta presa dalle attenzioni che era solita accordare al Figlio, ha dimenticato di sorvegliare la Bambina, che affoga nell'acqua di una vasca all'aperto. Dopo la rappresentazione di questo episodio il Capocomico, immaginando che anche la successiva scena avrebbe dovuto svolgersi nello stesso spazio, il giardino, afferma:
Il CAPOCOMICO: Benissimo! Rivolgendosi al Figlio: E contemporaneamente… IL FIGLIO (con sdegno) Ma che contemporaneamente! Non è vero, signore! Non c'è stata nessuna scena fra me e lei! Indicherà la Madre. Se lo faccia dire da lei stessa, come è stato. […] LA MADRE Sì, è vero, signore! Io ero entrata nella sua camera. IL FIGLIO Nella mia camera, ha inteso? Non nel giardino!
La critica al teatro borghese
Parole da Yuri Brunello in Nelson Rodrigues, Pirandello e l'incesto
Nel teatro di Pirandello l'opera che, attraverso l'espediente del teatro nel teatro, incorpora il vaudeville, declinandolo in modo tale da privarlo della catarsi liberatoria, è Sei personaggi in cerca d'autore. In più, come in molte delle sue opere, affronta il tema del rapporto tra finzione e realtà. La realtà è quella dell'incontro semi-incestuoso tra il Padre e la Figliastra, ossia la storia che i sei personaggi propongono al Capocomico per la messa in scena; la finzione è costituita dai mezzi con i quali la storia deve essere narrata.
Nel dramma il contrasto tra vita e forma è giocato entro una cornice storica, ovvero il teatro borghese. È la drammaturgia borghese, e più ampiamente la scena borghese – dato che la polemica di Pirandello non prende di mira solo la testualità, ma attacca lo spettacolo borghese inteso nel suo complesso come insieme di parola, ma anche di recitazione, musiche di scena, scenografie, illuminazione, ecc. – che si rivela incapace di tradurre, attraverso i suoi canoni e le sue convenzioni, le contraddizioni e la dialettica concernenti la vita all'interno della civiltà capitalista.
Ad esempio, quando il Padre e la Figliastra si scontrano davanti al Capocomico per esporre le loro ragioni, ad un certo punto, ad una battuta del Padre che chiede al Capocomico di imporre «un po' d'ordine» per fornirgli «le debite spiegazioni», la Figliastra prorompe gridando: «Qui non si narra! qui non si narra!», ottenendo dal padre la risposta: «Ma io non narro! voglio spiegargli». Infatti la sequenza di fatti, commenti e situazioni psicologiche che costituisce il nucleo della storia non può trovare spazio dentro una struttura scenica borghese: le convenzioni, le configurazioni stilistiche, l'organizzazione formale di quel tipo di drammaturgia, nonché l'ideologia che la percorre. La dimensione narrativa, tuttavia, appare più congrua. Di qui l'utilità delle ricerche che hanno esplorato paralleli possibili tra Pirandello e Brecht.
Non è un caso che di lì a poco lo stesso Capocomico, all'ennesima ripresa dell'esposizione dei fatti, interrompa dicendo: «Ma tutto questo è racconto, signori miei!»; nonostante le battute successive del Padre e del Figlio riportino la discussione sul rapporto tra realtà e finzione, il Capocomico vuol proprio significare che la materia del loro dramma è narrativa e non rientra negli schemi della drammaturgia borghese ed i connotati che la scrittura per il teatro da lui praticata contempla sono quelli della pièce bien faite.
Alle pretese avanzate dalla Figliastra, il Capocomico rimprovera un'eccessiva disarmonia, quando i fatti, a suo dire, devono procedere in maniera equilibrata, per non deformare la curva dell'azione e non turbare l'identificazione dello spettatore: "non può stare che un personaggio venga, così, troppo avanti, e sopraffaccia gli altri, invadendo la scena. Bisogna contener tutti in un quadro armonico e rappresentare quel che è rappresentabile! Lo so bene anch'io che ciascuno ha tutta una sua vita dentro e che vorrebbe metterla fuori. Ma il difficile è appunto questo: farne venir fuori quel tanto che è necessario, in rapporto con gli altri; e pure in quel poco fare intendere tutta l'altra vita che resta dentro! Ah, comodo, se ogni personaggio potesse in un bel monologo, o… senz'altro… in una conferenza venire a scodellare davanti al pubblico tutto quel che gli bolle in pentola! Con tono bonario, conciliativo: Bisogna che lei si contenga, signorina. E creda, nel suo stesso interesse; perché può anche fare una cattiva impressione, glielo avverto, tutta codesta furia dilaniatrice, codesto disgusto esasperato."
In un altro scambio di battute tra la Figliastra e il Capocomico quest'ultimo ribadisce la necessità della linearità dell'azione, altra caratteristica essenziale della pièce bien faite. La Figliastra osserva: Eh, ma mi pare, scusi, che di fatti ne abbia fin troppi, con la nostra entrata in casa di lui! Indicherà il Padre. Diceva che non poteva appendere i cartellini o cangiar di scena ogni cinque minuti! E il Capocomico così chiosa: «Già! Ma appunto! Combinarli, aggrupparli in un'azione simultanea e serrata, e non come pretende lei, che vuol vedere prima il suo fratellino che ritorna dalla scuola e s'aggira come un'ombra per le stanze».
C'è poi un ulteriore particolare. Una delle prime scene di Sei personaggi si svolge su un palcoscenico in cui si sta provando un testo dello stesso Pirandello dal titolo Il giuoco delle parti. Sono molto interessanti le battute iniziali, che Pirandello compone. Il Capocomico così replica al Primo attore, il quale valuta alcune soluzioni de Il giuoco delle parti come incomprensibili e perfino ridicole: IL PRIMO ATTORE Ma è ridicolo, scusi! IL CAPOCOMICO (balzando in piedi sulle furie) «Ridicolo! ridicolo!» Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l'intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico ne restino mai contenti?
Il giuoco delle parti è un testo del 1918, l'anno che segna la fine del primo conflitto mondiale, evento drammatico con il quale si conclude la belle époque, cioè l'epoca in cui il vaudeville ha conosciuto i suoi fasti sia sulla scena francese sia su quella italiana. La compagnia teatrale, incaricata di rappresentare Il giuoco delle parti è una di quelle "ditte" che animavano la scena italiana dell'inizio del secolo XX: uno di quei gruppi il cui repertorio era occupato per la maggior parte da testi francesi, alla moda anche in Italia, a firma dei vari Victorien Sardou, Eugene Labiche, Georges Feydeau, Sacha Guitry, Henry Bernstein e così via.
Il tipo di compagnia immaginato da Pirandello per la messa in scena de Il giuoco delle parti era quello effettivamente operante all'epoca nel teatro dell'Italia prefascista: il sistema cosiddetto capocomicale, imperniato sulla figura artistica, organizzativa e imprenditoriale del Capocomico – spesso proprietario della compagnia stessa – e fondato sulla divisione in ruoli: il primo attore e la prima attrice, l'attore giovane e l'attrice giovane, la seconda donna e così via fino ai generici. Non sarà sfuggito come a una compagnia così strutturata appaia funzionale la drammaturgia borghese, fondata sul triangolo marito-moglie-amante – che si rispecchia nella struttura attorica primo attore / prima attrice / seconda donna – cioè come la drammaturgia borghese riesca ad alimentare efficacemente questo tipo di mercato teatrale.
Considerata la prima opera della trilogia del teatro nel teatro, insieme a Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo, i Sei personaggi, commedia "beffarda" scritta in soli tre giorni, è l'opera, che nella storia del teatro, non ha paragoni. Unica nella concezione, nella struttura, nell'argomento. Se con l'Edipo Re di Sofocle nel V secolo a.C. si definiva il teatro occidentale, con Pirandello e i suoi sei personaggi, nel XX secolo, si assiste al suo smontaggio definitivo.
Come spesso accede per i testi capitali della storia del teatro, la prima di Sei personaggi in cerca d'autore, nel 1921, fu un sonoro fiasco. Al grido di "Manicomio! Manicomio!", il pubblico inferocito del Teatro Valle di Roma quasi aggredíva Pirandello. Scioccati, infatti, gli spettatori non riuscivano a concepire una pièce dal palcoscenico disadorno, la totale assenza della "magia della rappresentazione" e un gruppo di attori che, con il capocomico, discutevano con sei ambigue figure sul modo migliore di mettere in scena il loro dramma borghese mancato. Gli spettatori indignati attesero che l'autore uscisse dal cosiddetto ‘vicolo dei gatti morti', per lanciargli insulti e monetine. Era la completa rottura delle convenzioni teatrali, insomma.
Qualche mese dopo, a Milano, i Sei personaggi vengono applauditi senza riserve e iniziano il cammino che li porterà a diventare un successo internazionale anche a Parigi, Londra e New York. Varie le riscritture e le revisioni all'autore che ne definisce la composizione nell'edizione del 1925, completandola con unastorica prefazione e la dirige al suo nuovo debutto. "In capo a qualche decennio – scrive Ferdinando Taviani- entrò a far parte di quel numero ristrettissimo di capolavori teatrali che vincono in fama i loro stessi autori e divengono un simbolo del teatro". Oltre a segnare un vero spartiacque per la scena italiana, raccontando il passaggio dal teatro ottocentesco del "grande attore" al novecentesco "teatro di regia", i Sei personaggi inscena il sempre attuale incontro-scontro fra la mente del poeta e il mondo dei teatranti.
La trama e la narrazione improvvisamente non sono più l'oggetto principale del testo. I colpi di scena, i canonici nodi drammatici sono posti in secondo piano, messi da parte e nell'opera si sa già qual è il destino di ognuno dei sei personaggi fin dalle prime battute. L'intreccio è così ridotto al minimo e si dimenticano quasi tutte le strategie di scrittura che per secoli gli autori hanno impiegato per comporre un dramma.
Pirandello ci dice che ha scritto questa "commedia per liberarsi da un incubo". Commedia nera ma non seria. Bizzarra. Una specie di "incubo" non troppo serio. E la versione di Lavia ricrea bene l'atmosfera onirica da cui i "mostri/personaggi" prendono vita: un'atmosfera rossa e paludosa fatta di nebbia da cui emergono strane figure vestite di nero. E il testo, fedele all'originale ma originale nel cambiare la parola "figliastra" in figlia – vincente perchè rimanda all'incubo personale di Pirandello accusato dalla moglie di interessarsi troppo alla figlia – e nell'esclamazione del pubblico romano del 1921, Manicomio! Manicomio!messa in bocca agli attori. Particolare, poi, le note di regia descritte da una metallica voce fuori campo, così come lo schieramento di ventuno attori - simbolo dello sgomento borghese - orchestrati nella loro stasi in movimento, come dei bellissimi quadri dei primi del Novecento.
"I Sei personaggi sono una lunga avventura alla quale vado incontro – ha detto Lavia. Abbiamo in mente un teatro diverso, un luogo aperto nel quale ciascuno venga ad assistere alla rappresentazione di sé. Sei personaggi interroga il fondamento stesso del teatro: la contraddizione e la discordanza tra l'attore e il personaggio e l'impossibilità a fare dei due una sola unità." Il problema della identità personale - ci informa Cesare Musatti in La struttura della persona in Pirandello e la psicoanalisi - ha occupato la mente e la fantasia di Pirandello sotto forme molteplici. Proprio la continua trasformazione della persona rende il quesito del riconoscimento della identità sempre problematico.
Pirandello e l'incesto
Nei Sei personaggi al centro si pone il problema dell'incesto. Nel testo, a non essere decifrabili con gli strumenti della scena borghese sono le dinamiche profonde dell'es. E fin dal principio, le dinamiche perturbanti del profondo entrano in contraddizione con le forme in cui queste si sarebbero potute esprimere. Infatti, il modo in cui i sei personaggi si presentano al Capocomico dovrebbe dare il "la" alla creazione di un'opera a tutti gli effetti riconducibile all'arte della borghesia.
In Madri, baldracche, amanti (edito da Costa&Nolan, Milano 1997) R.Alonge scriveva: «Si pensi ai nomi stessi dei personaggi. Si chiamano semplicemente Il Padre, La Madre, Il Figlio, La Figliastra, Il Giovinetto, La Bambina. Sono cioè pure indicazioni di rapporti familiari. È la classica famiglia borghese che abbiamo davanti agli occhi, con i tutti fantasmi che la caratterizzano. Quando il Padre sta per consumare un rapporto erotico con la Figliastra, è la Madre che interviene, impedendolo. Pirandello, in questo modo, ci dice quanto castrante e limitante sia l'istituzione cardine della società borghese.
E ancora, Alonge evince che nei Sei personaggi esiste un altro vincolo incestuoso, ovvero quello fra la madre e il figlio: "Il tema incestuoso è poi raddoppiato dal legame che unisce la Madre al Figlio, sebbene velato, illanguidito, risolto sotto forma di amore-rimorso da parte della Madre per aver abbandonato il Figlio che ora non può in alcun modo ricambiarne l'affetto". E il testo conferma l'intuizione, esattamente quando nell'ambientazione di un giardino, ricostruito in palcoscenico a imitazione del giardino autentico in cui la Madre, tutta presa dalle attenzioni che era solita accordare al Figlio, ha dimenticato di sorvegliare la Bambina, che affoga nell'acqua di una vasca all'aperto. Dopo la rappresentazione di questo episodio il Capocomico, immaginando che anche la successiva scena avrebbe dovuto svolgersi nello stesso spazio, il giardino, afferma:
Il CAPOCOMICO: Benissimo! Rivolgendosi al Figlio: E contemporaneamente… IL FIGLIO (con sdegno) Ma che contemporaneamente! Non è vero, signore! Non c'è stata nessuna scena fra me e lei! Indicherà la Madre. Se lo faccia dire da lei stessa, come è stato. […] LA MADRE Sì, è vero, signore! Io ero entrata nella sua camera. IL FIGLIO Nella mia camera, ha inteso? Non nel giardino!
La critica al teatro borghese
Parole da Yuri Brunello in Nelson Rodrigues, Pirandello e l'incesto
Nel teatro di Pirandello l'opera che, attraverso l'espediente del teatro nel teatro, incorpora il vaudeville, declinandolo in modo tale da privarlo della catarsi liberatoria, è Sei personaggi in cerca d'autore. In più, come in molte delle sue opere, affronta il tema del rapporto tra finzione e realtà. La realtà è quella dell'incontro semi-incestuoso tra il Padre e la Figliastra, ossia la storia che i sei personaggi propongono al Capocomico per la messa in scena; la finzione è costituita dai mezzi con i quali la storia deve essere narrata.
Nel dramma il contrasto tra vita e forma è giocato entro una cornice storica, ovvero il teatro borghese. È la drammaturgia borghese, e più ampiamente la scena borghese – dato che la polemica di Pirandello non prende di mira solo la testualità, ma attacca lo spettacolo borghese inteso nel suo complesso come insieme di parola, ma anche di recitazione, musiche di scena, scenografie, illuminazione, ecc. – che si rivela incapace di tradurre, attraverso i suoi canoni e le sue convenzioni, le contraddizioni e la dialettica concernenti la vita all'interno della civiltà capitalista.
Ad esempio, quando il Padre e la Figliastra si scontrano davanti al Capocomico per esporre le loro ragioni, ad un certo punto, ad una battuta del Padre che chiede al Capocomico di imporre «un po' d'ordine» per fornirgli «le debite spiegazioni», la Figliastra prorompe gridando: «Qui non si narra! qui non si narra!», ottenendo dal padre la risposta: «Ma io non narro! voglio spiegargli». Infatti la sequenza di fatti, commenti e situazioni psicologiche che costituisce il nucleo della storia non può trovare spazio dentro una struttura scenica borghese: le convenzioni, le configurazioni stilistiche, l'organizzazione formale di quel tipo di drammaturgia, nonché l'ideologia che la percorre. La dimensione narrativa, tuttavia, appare più congrua. Di qui l'utilità delle ricerche che hanno esplorato paralleli possibili tra Pirandello e Brecht.
Non è un caso che di lì a poco lo stesso Capocomico, all'ennesima ripresa dell'esposizione dei fatti, interrompa dicendo: «Ma tutto questo è racconto, signori miei!»; nonostante le battute successive del Padre e del Figlio riportino la discussione sul rapporto tra realtà e finzione, il Capocomico vuol proprio significare che la materia del loro dramma è narrativa e non rientra negli schemi della drammaturgia borghese ed i connotati che la scrittura per il teatro da lui praticata contempla sono quelli della pièce bien faite.
Alle pretese avanzate dalla Figliastra, il Capocomico rimprovera un'eccessiva disarmonia, quando i fatti, a suo dire, devono procedere in maniera equilibrata, per non deformare la curva dell'azione e non turbare l'identificazione dello spettatore: "non può stare che un personaggio venga, così, troppo avanti, e sopraffaccia gli altri, invadendo la scena. Bisogna contener tutti in un quadro armonico e rappresentare quel che è rappresentabile! Lo so bene anch'io che ciascuno ha tutta una sua vita dentro e che vorrebbe metterla fuori. Ma il difficile è appunto questo: farne venir fuori quel tanto che è necessario, in rapporto con gli altri; e pure in quel poco fare intendere tutta l'altra vita che resta dentro! Ah, comodo, se ogni personaggio potesse in un bel monologo, o… senz'altro… in una conferenza venire a scodellare davanti al pubblico tutto quel che gli bolle in pentola! Con tono bonario, conciliativo: Bisogna che lei si contenga, signorina. E creda, nel suo stesso interesse; perché può anche fare una cattiva impressione, glielo avverto, tutta codesta furia dilaniatrice, codesto disgusto esasperato."
In un altro scambio di battute tra la Figliastra e il Capocomico quest'ultimo ribadisce la necessità della linearità dell'azione, altra caratteristica essenziale della pièce bien faite. La Figliastra osserva: Eh, ma mi pare, scusi, che di fatti ne abbia fin troppi, con la nostra entrata in casa di lui! Indicherà il Padre. Diceva che non poteva appendere i cartellini o cangiar di scena ogni cinque minuti! E il Capocomico così chiosa: «Già! Ma appunto! Combinarli, aggrupparli in un'azione simultanea e serrata, e non come pretende lei, che vuol vedere prima il suo fratellino che ritorna dalla scuola e s'aggira come un'ombra per le stanze».
C'è poi un ulteriore particolare. Una delle prime scene di Sei personaggi si svolge su un palcoscenico in cui si sta provando un testo dello stesso Pirandello dal titolo Il giuoco delle parti. Sono molto interessanti le battute iniziali, che Pirandello compone. Il Capocomico così replica al Primo attore, il quale valuta alcune soluzioni de Il giuoco delle parti come incomprensibili e perfino ridicole: IL PRIMO ATTORE Ma è ridicolo, scusi! IL CAPOCOMICO (balzando in piedi sulle furie) «Ridicolo! ridicolo!» Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l'intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico ne restino mai contenti?
Il giuoco delle parti è un testo del 1918, l'anno che segna la fine del primo conflitto mondiale, evento drammatico con il quale si conclude la belle époque, cioè l'epoca in cui il vaudeville ha conosciuto i suoi fasti sia sulla scena francese sia su quella italiana. La compagnia teatrale, incaricata di rappresentare Il giuoco delle parti è una di quelle "ditte" che animavano la scena italiana dell'inizio del secolo XX: uno di quei gruppi il cui repertorio era occupato per la maggior parte da testi francesi, alla moda anche in Italia, a firma dei vari Victorien Sardou, Eugene Labiche, Georges Feydeau, Sacha Guitry, Henry Bernstein e così via.
Il tipo di compagnia immaginato da Pirandello per la messa in scena de Il giuoco delle parti era quello effettivamente operante all'epoca nel teatro dell'Italia prefascista: il sistema cosiddetto capocomicale, imperniato sulla figura artistica, organizzativa e imprenditoriale del Capocomico – spesso proprietario della compagnia stessa – e fondato sulla divisione in ruoli: il primo attore e la prima attrice, l'attore giovane e l'attrice giovane, la seconda donna e così via fino ai generici. Non sarà sfuggito come a una compagnia così strutturata appaia funzionale la drammaturgia borghese, fondata sul triangolo marito-moglie-amante – che si rispecchia nella struttura attorica primo attore / prima attrice / seconda donna – cioè come la drammaturgia borghese riesca ad alimentare efficacemente questo tipo di mercato teatrale.
gb
Teatro Stabile
SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE
di Luigi Pirandello
regia Gabriele Lavia
con Massimiliano Aceti, Ludovica Apollonj Ghetti, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Rosy Bonfiglio, Maria Laura Caselli, Michele Demaria, Giulia Gallone, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Luca Mascolo, Mario Pietramala, Marta Pizzigallo, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Alessio Sardelli, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola.
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
www.compagnialavia.it
SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE
di Luigi Pirandello
regia Gabriele Lavia
con Massimiliano Aceti, Ludovica Apollonj Ghetti, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Rosy Bonfiglio, Maria Laura Caselli, Michele Demaria, Giulia Gallone, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Luca Mascolo, Mario Pietramala, Marta Pizzigallo, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Alessio Sardelli, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola.
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
www.compagnialavia.it