Paolo Troilo
I suoi acrilici sono corpi, il suo. Che si contorce, non si capisce se sta esplodendo o o si sta liquefando. Il viso del corpo urla, si dispera, impreca; si copre gli occhi per non vedersi. È un corpo in perenne movimento, è una fuga. È al contempo statico: un corpo costretto nelle gabbie della mente. Fermo nelle sue paure, nei suoi scarsi tentativi mal riusciti di provare ad essere migliore. Vittima delle sue passioni. È un corpo che si erge a simbolo di tutti i corpi e dunque di tutto il genere umano. Paolo Troilo è uno e al contempo nessuno e, tuttavia, è come se fosse centomila. Nelle sue opere quindi è la categoria Uomo che viene rappresentata.
Homo sum: nihil humano a me alienum puto (sono un uomo: devo conoscere tutto della mia natura umana) ebbe a scrivere Terenzio rivendicando l'uguaglianza tra le persone e allo svolgere una vita attiva tersa alla conoscenza che conduce alla verità e alla consapevolezza di se stessi: luci ed ombre. Dunque il corpo diviene il simbolo e il mezzo attraverso cui la natura rivendica se stessa e lo fa non a caso usando la nostra parte istintiva, primordiale. Il buio della ragione partorisce mostri. Ecco quello che vedremmo se provassimo a guardarci nello specchio che le opere di Troilo rappresentano. Vedremo mostri. Vedremo noi stessi, o meglio, vedremo come è l'uomo contemporaneo e a cosa gli è servita la sua ratio. In realtà le opere mostrano gli effetti di questa consapevolezza: i corpi in perenne tensione, forse tra Io collettivo e Io individuale, rasentano movimenti folli, crisi epilettiche, corse verso il suicidio, grida sorde, teste che sembrano esplodere. Il dolore diventa essenziale ed insopportabile. Diviene insopportabile scoprire che ci rimane poco di veramente umano. Ci scopriamo a scambiare l'amicizia per opportunismo, l'amore per possessione, il rispetto per timore e utilitarismo. Scopriremo di avere un cuore elettrificato. Scopriremo che anche la beneficenza è un istituzione. Scopriremo che la libertà che tanto osanniamo nell'evo contemporaneo in realtà si riduce nello scegliere fra varie alternative già costruite. Appureremo, in fine, che la finzione può essere più vera della realtà stessa.
Quanto segue, lo scambio di opinione fra me e l'artista, non è tanto il frutto di una vera e propria intervista ma, piuttosto, la messa insieme di email scambiateci nel 2009, un confronto più che domende e risposte.
B. Le tue opere esprimono perfettamente la mia idea di ciò che l'arte dovrebbe esprimere: deve comunicare, far prendere coscienza. Isomma esprime il senso tragico che porta alla sublimazione del dolore. Lo stesso dolore che accumana l'Uomo in un era in cui tutto è relativo. Che non è del tutto negativo ma sta diventando uno sguazzare nel fango delle nostre scelte. Ora, tutti subiamo questa mistura di contrasti, di ruoli che dobbiamo intraprendere, alcuni consapevolmente altri meno, ma resta il fatto che per uscire da questo stato di cose dobbiamo ritornare a scoprire la base della nostra umanità per trovare un punto di contatto. Contatto che come uno dei tuoi quadri (quello in cui sei triplo e tenti di toccarti le dita forse citando Michelangelo..) sembra difficile avere, non si sa più come bisogna rapportarsi. Ecco l'arte serve a farmi capire che sono una merda e che se voglio posso migliorare, insomma.
T: Devo dire che il cuore del tuo discorso fila, cioé il muoversi in bilico tra una vita vera con la sua agghiacciante casualita' e una vita impostata, premeditata come un omicidio (piu' che un suicidio noi ci uccidiamo come se non fossimo nemmeno piu' noi stessi le vittime) e da questo la voglia di sbilanciarsi finalmente.
B: Potresti spiegare meglio il "noi ci uccidiamo come se non fossimo nemmeno piu' noi stessi le vittime"...
T. "noi ci uccidiamo come se non fossimo nemmeno più noi stessi le vittime". Voglio dire che se ci allontaniamo dalla nostra natura per vivere una vita virtuale, per credere a una promessa di successo infranta in partenza dalla incongruenza con la nostra natura, se lo facciamo in maniera totale (io non sono un fottuto scientology ne un prete del cazzo) se non riusciamo a mantenere il contatto con noi stessi, ci avviamo a un suicidio distaccato, saremo talmente lontani dalla nostra natura che quando la faremo fuori psichicamente o fisicamente non sentiremo il dolore, ci avvicineremo alle nostre spalle come se fossimo altri, e quando accadrà ne rimarremo sorpresi come inconsapevoli vittime di una autodistruzione. Attenzione però non parlo da profeta ubriaco a times square, l'omicidio/suicidio non e' per forza cruento. Pensa alla situazione politica mondiale, nn ci sono soldi e quindi se ne stampano altri creando ricchezza virtuale, siamo vacche affettate vive da macellai mentre nel nostro visore vediamo pascoli verdi che ci fanno sentire tranquilli come nel videoclip I'm I wrong degli etienne de crecy. Siamo personalita' multiple skizo come tyler durden in fight club. Siamo la frase "se lo dice il telegiornale è vero". Metti insieme tutto questo e sarai sempre piu' lontano dai tuoi occhi e sempre piu' vicino alle tue spalle.
B. Ottima metafora.. Ma dimmi come hai imparato a vivere con questo stato di cose, con questa consapevolezza dico. Cosa hai deciso come soluzione per te, ammesso che ce ne sia stata una. Perchè scoprire le cose come stanno oltre al senso di impotenza - e ad impormi di capire le cose come stanno realmente - mi ha portato ad accettare e padroneggiare la mia parte inquinata, il dionisiaco che c'è in me per farlo meglio dialogare, o trasformare nella migliore delle ipotesi, in apollineo. E con il sistema dell'arte come convive questa presa coscienza? Cosa rende Troilo Paolo e cosa Paolo Troilo?
T. Io ho vissuto 15 anni nella falsità della pubblicità. Un gruppo di artisti tedeschi ha pubblicato un libro nel quale confronta le foto sui packaging alimentari e il contenuto effettivo delle scatole. Nella vita come per i cannelloni di findus una cosa è vedere la foto e un'altra è trovarsi di fronte al vomitevole pasticcio della piccola teglia di plastica. Quindi la consapevolezza nasce dall'esperienza diretta e a mio parere non da elucubrazioni. La cura per me è l'arte, libera e sfacciata.
Homo sum: nihil humano a me alienum puto (sono un uomo: devo conoscere tutto della mia natura umana) ebbe a scrivere Terenzio rivendicando l'uguaglianza tra le persone e allo svolgere una vita attiva tersa alla conoscenza che conduce alla verità e alla consapevolezza di se stessi: luci ed ombre. Dunque il corpo diviene il simbolo e il mezzo attraverso cui la natura rivendica se stessa e lo fa non a caso usando la nostra parte istintiva, primordiale. Il buio della ragione partorisce mostri. Ecco quello che vedremmo se provassimo a guardarci nello specchio che le opere di Troilo rappresentano. Vedremo mostri. Vedremo noi stessi, o meglio, vedremo come è l'uomo contemporaneo e a cosa gli è servita la sua ratio. In realtà le opere mostrano gli effetti di questa consapevolezza: i corpi in perenne tensione, forse tra Io collettivo e Io individuale, rasentano movimenti folli, crisi epilettiche, corse verso il suicidio, grida sorde, teste che sembrano esplodere. Il dolore diventa essenziale ed insopportabile. Diviene insopportabile scoprire che ci rimane poco di veramente umano. Ci scopriamo a scambiare l'amicizia per opportunismo, l'amore per possessione, il rispetto per timore e utilitarismo. Scopriremo di avere un cuore elettrificato. Scopriremo che anche la beneficenza è un istituzione. Scopriremo che la libertà che tanto osanniamo nell'evo contemporaneo in realtà si riduce nello scegliere fra varie alternative già costruite. Appureremo, in fine, che la finzione può essere più vera della realtà stessa.
Quanto segue, lo scambio di opinione fra me e l'artista, non è tanto il frutto di una vera e propria intervista ma, piuttosto, la messa insieme di email scambiateci nel 2009, un confronto più che domende e risposte.
B. Le tue opere esprimono perfettamente la mia idea di ciò che l'arte dovrebbe esprimere: deve comunicare, far prendere coscienza. Isomma esprime il senso tragico che porta alla sublimazione del dolore. Lo stesso dolore che accumana l'Uomo in un era in cui tutto è relativo. Che non è del tutto negativo ma sta diventando uno sguazzare nel fango delle nostre scelte. Ora, tutti subiamo questa mistura di contrasti, di ruoli che dobbiamo intraprendere, alcuni consapevolmente altri meno, ma resta il fatto che per uscire da questo stato di cose dobbiamo ritornare a scoprire la base della nostra umanità per trovare un punto di contatto. Contatto che come uno dei tuoi quadri (quello in cui sei triplo e tenti di toccarti le dita forse citando Michelangelo..) sembra difficile avere, non si sa più come bisogna rapportarsi. Ecco l'arte serve a farmi capire che sono una merda e che se voglio posso migliorare, insomma.
T: Devo dire che il cuore del tuo discorso fila, cioé il muoversi in bilico tra una vita vera con la sua agghiacciante casualita' e una vita impostata, premeditata come un omicidio (piu' che un suicidio noi ci uccidiamo come se non fossimo nemmeno piu' noi stessi le vittime) e da questo la voglia di sbilanciarsi finalmente.
B: Potresti spiegare meglio il "noi ci uccidiamo come se non fossimo nemmeno piu' noi stessi le vittime"...
T. "noi ci uccidiamo come se non fossimo nemmeno più noi stessi le vittime". Voglio dire che se ci allontaniamo dalla nostra natura per vivere una vita virtuale, per credere a una promessa di successo infranta in partenza dalla incongruenza con la nostra natura, se lo facciamo in maniera totale (io non sono un fottuto scientology ne un prete del cazzo) se non riusciamo a mantenere il contatto con noi stessi, ci avviamo a un suicidio distaccato, saremo talmente lontani dalla nostra natura che quando la faremo fuori psichicamente o fisicamente non sentiremo il dolore, ci avvicineremo alle nostre spalle come se fossimo altri, e quando accadrà ne rimarremo sorpresi come inconsapevoli vittime di una autodistruzione. Attenzione però non parlo da profeta ubriaco a times square, l'omicidio/suicidio non e' per forza cruento. Pensa alla situazione politica mondiale, nn ci sono soldi e quindi se ne stampano altri creando ricchezza virtuale, siamo vacche affettate vive da macellai mentre nel nostro visore vediamo pascoli verdi che ci fanno sentire tranquilli come nel videoclip I'm I wrong degli etienne de crecy. Siamo personalita' multiple skizo come tyler durden in fight club. Siamo la frase "se lo dice il telegiornale è vero". Metti insieme tutto questo e sarai sempre piu' lontano dai tuoi occhi e sempre piu' vicino alle tue spalle.
B. Ottima metafora.. Ma dimmi come hai imparato a vivere con questo stato di cose, con questa consapevolezza dico. Cosa hai deciso come soluzione per te, ammesso che ce ne sia stata una. Perchè scoprire le cose come stanno oltre al senso di impotenza - e ad impormi di capire le cose come stanno realmente - mi ha portato ad accettare e padroneggiare la mia parte inquinata, il dionisiaco che c'è in me per farlo meglio dialogare, o trasformare nella migliore delle ipotesi, in apollineo. E con il sistema dell'arte come convive questa presa coscienza? Cosa rende Troilo Paolo e cosa Paolo Troilo?
T. Io ho vissuto 15 anni nella falsità della pubblicità. Un gruppo di artisti tedeschi ha pubblicato un libro nel quale confronta le foto sui packaging alimentari e il contenuto effettivo delle scatole. Nella vita come per i cannelloni di findus una cosa è vedere la foto e un'altra è trovarsi di fronte al vomitevole pasticcio della piccola teglia di plastica. Quindi la consapevolezza nasce dall'esperienza diretta e a mio parere non da elucubrazioni. La cura per me è l'arte, libera e sfacciata.
gb
www.troilo54.com