Vivo, Morto o X?
Sanpapiè allo Spazio Tertulliano
Dopo la tournè in Spagna, lo spettacolo dei Sanpapiè, Prima persona, torna a Milano allo Spazio Tertulliano dal 10 al 13 marzo.
Una luce laterale posta in alto a destra illumina la consolle di Marcello Gori a sinistra del palco. È lui per primo ad entrare in scena e a creare l'atmosfera con quell'insieme di suoni elettronici senza i quali sarebbe improbabile pensare la danza contemporanea. Perchè la musica elettronica è espressione della contemporaneità e i Sanpapiè lo sanno bene. Gori riesce al meglio nel rendere attraverso il suono tutto il marasma di sensazioni che la drammaturgia di Prima Persona vuole suscitare.
Al centro Francesco Pacelli e Laura Guidetti che corrono. Dove vanno? Hanno una meta? Inseguono qualcosa? Parrebbe di si. Tutto sembra un tendere verso, tutto appare come una ricerca che forse non avrà fine, se è il senso ad essere ricercato. Ma il senso della Vita o quello della Morte? O forse, e meglio, è la messa in scena della situazione di stallo in cui galleggia l'uomo contemporaneo? I due continuano a correre, ad accavallarsi, quasi a lottare. I loro corpi hanno muscoli tesi, le loro espressioni esternano dolore. Le loro bocche pongono domande: cosa è vivo e cosa no? Una bici è viva o morta pur se in movimento?
Da qui lo svolgimento del dramma. Una volta tolti gli indumenti che in qualche modo fanno dei ballerini dei personaggi, le persone reali prendono il sopravvento. I corpi – bellissimi ed eleganti - diventano inquieti, saltano, cadono a terra di peso, si rialzano, cercano di aspirare verso l'alto con salti, pirouettes, con le mani che stirandosi cercano di prendere o di attaccarsi a qualcosa, di trovare un appiglio. Ma cedono, inevitabilmente alla forza di gravità. Una volta a terra, le infinite sensazioni che scorrono all'unisono non posso fare altro che far tremare questi corpi che non si conoscono, che non riescono a padroneggiarsi. Ne scaturisce uno stato di inquietudine ansiolitica negli occhi di chi guarda, la sofferenza arriva dritta nello stomaco degli spettatori. Si soffre per empatia. Si rivede se stessi nei tentativi di incontro/scontro che quotidianamente ci riguardano. Sappiamo vivere? Ci hanno insegnato a vivere? L'uomo in quanto animale sociale può essere educato ad una vita comunitaria o deve semplicemente soccombere ad essa, come nei fatti accade?
Non ultimo: sappiamo amare? Sembra chiedersi la compagnia, quando Pacelli, in napoletano, parla di un desiderio di amore, poi scopertosi un sogno. Come a dire che l'era virtuale ci ha tolto anche la capacità di sentire due corpi che si toccano in favore di corpi che si spiano in chat, nelle cam, attraverso i siti appositi. Come a dire che l'amore ormai è un surrogato elettrificato, come le relazioni, gli affetti...
“Prima Persona mette a disposizione un “io” per fotografare dall’interno un tempo di crisi, e vive il disagio di cercare le parole per raccontarlo. L’apparente immutabilità dello stato delle cose, e lo strazio di non riuscire a vedere lo spiraglio in cui insinuare il cambiamento. Prima Persona non dà una soluzione. Perché non ce l’ha. La cerca senza arrendersi. Perché siamo vivi, e non possiamo fare altro che continuare a correre.” così termina ciclicamente la messa in scena. Riflettiamo.
Una luce laterale posta in alto a destra illumina la consolle di Marcello Gori a sinistra del palco. È lui per primo ad entrare in scena e a creare l'atmosfera con quell'insieme di suoni elettronici senza i quali sarebbe improbabile pensare la danza contemporanea. Perchè la musica elettronica è espressione della contemporaneità e i Sanpapiè lo sanno bene. Gori riesce al meglio nel rendere attraverso il suono tutto il marasma di sensazioni che la drammaturgia di Prima Persona vuole suscitare.
Al centro Francesco Pacelli e Laura Guidetti che corrono. Dove vanno? Hanno una meta? Inseguono qualcosa? Parrebbe di si. Tutto sembra un tendere verso, tutto appare come una ricerca che forse non avrà fine, se è il senso ad essere ricercato. Ma il senso della Vita o quello della Morte? O forse, e meglio, è la messa in scena della situazione di stallo in cui galleggia l'uomo contemporaneo? I due continuano a correre, ad accavallarsi, quasi a lottare. I loro corpi hanno muscoli tesi, le loro espressioni esternano dolore. Le loro bocche pongono domande: cosa è vivo e cosa no? Una bici è viva o morta pur se in movimento?
Da qui lo svolgimento del dramma. Una volta tolti gli indumenti che in qualche modo fanno dei ballerini dei personaggi, le persone reali prendono il sopravvento. I corpi – bellissimi ed eleganti - diventano inquieti, saltano, cadono a terra di peso, si rialzano, cercano di aspirare verso l'alto con salti, pirouettes, con le mani che stirandosi cercano di prendere o di attaccarsi a qualcosa, di trovare un appiglio. Ma cedono, inevitabilmente alla forza di gravità. Una volta a terra, le infinite sensazioni che scorrono all'unisono non posso fare altro che far tremare questi corpi che non si conoscono, che non riescono a padroneggiarsi. Ne scaturisce uno stato di inquietudine ansiolitica negli occhi di chi guarda, la sofferenza arriva dritta nello stomaco degli spettatori. Si soffre per empatia. Si rivede se stessi nei tentativi di incontro/scontro che quotidianamente ci riguardano. Sappiamo vivere? Ci hanno insegnato a vivere? L'uomo in quanto animale sociale può essere educato ad una vita comunitaria o deve semplicemente soccombere ad essa, come nei fatti accade?
Non ultimo: sappiamo amare? Sembra chiedersi la compagnia, quando Pacelli, in napoletano, parla di un desiderio di amore, poi scopertosi un sogno. Come a dire che l'era virtuale ci ha tolto anche la capacità di sentire due corpi che si toccano in favore di corpi che si spiano in chat, nelle cam, attraverso i siti appositi. Come a dire che l'amore ormai è un surrogato elettrificato, come le relazioni, gli affetti...
“Prima Persona mette a disposizione un “io” per fotografare dall’interno un tempo di crisi, e vive il disagio di cercare le parole per raccontarlo. L’apparente immutabilità dello stato delle cose, e lo strazio di non riuscire a vedere lo spiraglio in cui insinuare il cambiamento. Prima Persona non dà una soluzione. Perché non ce l’ha. La cerca senza arrendersi. Perché siamo vivi, e non possiamo fare altro che continuare a correre.” così termina ciclicamente la messa in scena. Riflettiamo.
gb
Spazio Tertulliano
Prima persona
drammaturgia e testi di SARAH CHIARCOS
con LARA GUIDETTI, FRANCESCO PACELLI E MARCELLO GORI
regia di LARA GUIDETTI
coreografi a di LARA GUIDETTI E FRANCESCO PACELLI
musiche originali di MARCELLO GORI
www.sanpapie.com
Prima persona
drammaturgia e testi di SARAH CHIARCOS
con LARA GUIDETTI, FRANCESCO PACELLI E MARCELLO GORI
regia di LARA GUIDETTI
coreografi a di LARA GUIDETTI E FRANCESCO PACELLI
musiche originali di MARCELLO GORI
www.sanpapie.com