La morale leopardiana
Le sue Operette al Carignano
Chi non ricorda il suo Infinito, chi non ripete mnemonicamente i primi versi di A Silvia, chi non lo ha amato nelle scuole dell'obbligo per sensibilità e chi non ha apprezzato da giovane la sua "reale" pessimistica visione della vita? Topo da biblioteca o contemporaneo nerd, Giacomo Leopardi torna con le sue opere a spazzare via qualsiasi luogo comune imponendo la ratio come unica salvezza al tedio della vita. Al Carignano fino al 13 aprile prendono vita, come in una visione magmatica e indefinita, gli dèi, gli spiriti e gli uomini che abitano la scena "arcana e stupenda" delle Operette morali.
Scritte tra il 1824 ed il 1832 le Operette sono una raccolta di ventiquattro componimenti in prosa, dialoghi e novelle che, oltre a rappresentare l'anima più profonda dell'autore, costituiscono una perfetta orchestrazione di riflessioni sulla vita e sulla morte. Sprezzante verso l'idea di progresso, scientifico e spirituale, il poeta irride le conquiste dell'umanità come pure finzioni, chimere di un progresso senza costrutto. Inoltre, la forma dialogica consente a Leopardi una vertiginosa frammentazione dei punti di vista e, in quasi tutti i personaggi, che si susseguono come in un arsenale delle apparizioni, si riflette il suo versatile e molteplice ingegno, la potenza creativa delle contraddizioni che animano il suo pensiero e danno corpo alla sua folgorante ironia.
Si tratta di un testo che non si può definire teatrale in senso classico, ma che è stato pensato come una commedia, in una lingua e con una struttura così vive e moderne da far saltare i riferimenti drammaturgici del secolo in cui è stato scritto per approdare a una profonda consonanza con esperienze fondamentali del teatro del Novecento. A monte sta l'urgenza, artistica e civile, di riandare alle origini della scrittura teatrale nazionale per interrogarsi sui suoi potenziali e i suoi limiti: da Alfieri a Manzoni, appunto a Leopardi.
L'idea del regista Mario Martone - scrive Ippolita di Majo, dramaturg dello spettacolo - di mettere in scena le Operette morali di Leopardi, un testo fuori dal canone della letteratura teatrale, nasce dal serrato confronto con la cultura e con la storia d'Italia del XIX secolo che lo ha impegnato negli ultimi anni di lavoro in campo cinematografico. Con la messa in scena di Operette morali, Mario Martone riprende il suo spettacolo L'opera segreta (messo in scena al Teatro Mercadante di Napoli, nel dicembre del 2004), in cui l'epilogo era dedicato al soggiorno napoletano di Leopardi. Ora, il progetto è quello di affrontare il testo nel suo insieme, operando dei tagli all'interno, ma preservandone la struttura complessiva: il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la Natura; il raffronto tra i valori del passato e la situazione statica e decaduta del presente; la potenza delle illusioni e della Gloria.
Non è uno spettacolo di facile fruizione tanto la lingua leopardiana è lontana dal tempo e dallo spazio, ma spettacoli così fatti oltre a recuperare un uso aulico della lingua, declinato in tutte le sue sfumature, e cozzando con il linguaggio contemporaneo che fra sms e televisione ha perso la sua bellezza sonora e la sua complessità espressiva, aiutano a far rivivere la potenza originaria del nostro italiano, che proprio il Leopardi stava cercando di svecchiare prendendo a riferimento le opere di Luciano.
Non siamo più abituati ad una articolazione così forbita della nostra lingua e le trovate registiche aiutano in tal senso a tenere viva l'attenzione come i personaggi che prendono vita dalla platea, che emergono dal buio del teatro, che rivaleggiano con l'arma privilegiata del logos, al contrario di oggi in cui tutti sembriamo degli animali in preda agli istinti, anche quelli verbali.
Contemporanee, visionarie ed ironiche le scenografie di Paladino - sublimi nell'allstrimento 2011 al Gobetti - che caratterizzando i personaggi regalando alla pièce quel quid immaginifico e fantastico che forse popolava la mente leopardiana, e sicuramente hanno affascinato le scolaresche che popolavano i palchi del Carignano e non solo.
Scritte tra il 1824 ed il 1832 le Operette sono una raccolta di ventiquattro componimenti in prosa, dialoghi e novelle che, oltre a rappresentare l'anima più profonda dell'autore, costituiscono una perfetta orchestrazione di riflessioni sulla vita e sulla morte. Sprezzante verso l'idea di progresso, scientifico e spirituale, il poeta irride le conquiste dell'umanità come pure finzioni, chimere di un progresso senza costrutto. Inoltre, la forma dialogica consente a Leopardi una vertiginosa frammentazione dei punti di vista e, in quasi tutti i personaggi, che si susseguono come in un arsenale delle apparizioni, si riflette il suo versatile e molteplice ingegno, la potenza creativa delle contraddizioni che animano il suo pensiero e danno corpo alla sua folgorante ironia.
Si tratta di un testo che non si può definire teatrale in senso classico, ma che è stato pensato come una commedia, in una lingua e con una struttura così vive e moderne da far saltare i riferimenti drammaturgici del secolo in cui è stato scritto per approdare a una profonda consonanza con esperienze fondamentali del teatro del Novecento. A monte sta l'urgenza, artistica e civile, di riandare alle origini della scrittura teatrale nazionale per interrogarsi sui suoi potenziali e i suoi limiti: da Alfieri a Manzoni, appunto a Leopardi.
L'idea del regista Mario Martone - scrive Ippolita di Majo, dramaturg dello spettacolo - di mettere in scena le Operette morali di Leopardi, un testo fuori dal canone della letteratura teatrale, nasce dal serrato confronto con la cultura e con la storia d'Italia del XIX secolo che lo ha impegnato negli ultimi anni di lavoro in campo cinematografico. Con la messa in scena di Operette morali, Mario Martone riprende il suo spettacolo L'opera segreta (messo in scena al Teatro Mercadante di Napoli, nel dicembre del 2004), in cui l'epilogo era dedicato al soggiorno napoletano di Leopardi. Ora, il progetto è quello di affrontare il testo nel suo insieme, operando dei tagli all'interno, ma preservandone la struttura complessiva: il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la Natura; il raffronto tra i valori del passato e la situazione statica e decaduta del presente; la potenza delle illusioni e della Gloria.
Non è uno spettacolo di facile fruizione tanto la lingua leopardiana è lontana dal tempo e dallo spazio, ma spettacoli così fatti oltre a recuperare un uso aulico della lingua, declinato in tutte le sue sfumature, e cozzando con il linguaggio contemporaneo che fra sms e televisione ha perso la sua bellezza sonora e la sua complessità espressiva, aiutano a far rivivere la potenza originaria del nostro italiano, che proprio il Leopardi stava cercando di svecchiare prendendo a riferimento le opere di Luciano.
Non siamo più abituati ad una articolazione così forbita della nostra lingua e le trovate registiche aiutano in tal senso a tenere viva l'attenzione come i personaggi che prendono vita dalla platea, che emergono dal buio del teatro, che rivaleggiano con l'arma privilegiata del logos, al contrario di oggi in cui tutti sembriamo degli animali in preda agli istinti, anche quelli verbali.
Contemporanee, visionarie ed ironiche le scenografie di Paladino - sublimi nell'allstrimento 2011 al Gobetti - che caratterizzando i personaggi regalando alla pièce quel quid immaginifico e fantastico che forse popolava la mente leopardiana, e sicuramente hanno affascinato le scolaresche che popolavano i palchi del Carignano e non solo.
gb
Teatro Carignano
OPERETTE MORALI
di Giacomo Leopardi
regia Mario Martone
con Renato Carpentieri, Roberto De Francesco, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Giovanni Ludeno, Paolo Musio, Totò Onnis, Barbara Valmorin, Victor Capello
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suoni Hubert Westkemper
dramaturg Ippolita di Majo
aiuto regia Paola Rota
scenografo collaboratore Nicolas Bovey
la musica per il Coro di morti nello studio di Federico Ruysch è di Giorgio Battistelli (Casa Ricordi - Milano)esecuzione Coro del Teatro di San Carlo diretto da Salvatore Caputo
Fondazione del Teatro Stabile di Torino
www.teatrostabiletorino.it
OPERETTE MORALI
di Giacomo Leopardi
regia Mario Martone
con Renato Carpentieri, Roberto De Francesco, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Giovanni Ludeno, Paolo Musio, Totò Onnis, Barbara Valmorin, Victor Capello
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suoni Hubert Westkemper
dramaturg Ippolita di Majo
aiuto regia Paola Rota
scenografo collaboratore Nicolas Bovey
la musica per il Coro di morti nello studio di Federico Ruysch è di Giorgio Battistelli (Casa Ricordi - Milano)esecuzione Coro del Teatro di San Carlo diretto da Salvatore Caputo
Fondazione del Teatro Stabile di Torino
www.teatrostabiletorino.it