Dall'inferno quotidiano al paradiso dei dubbi
DIO SECONDO GLI Odemà
Capita sempre più raramente di andare a teatro e di rimanere dentro la rappresentazione anche a spettacolo ultimato. Esattamente quando ci si porta a casa quel patrimonio di sensazioni contrastanti con le conseguenti domande che ne scaturiscono. Questo è ciò che capita con la compagnia tutta milanese degli Odemà, in scena con A tua immagine al Teatro Libero, fino al 14 febbraio.
L'argomento è serissimo, talmente serio che si ride pure.
I tre, Enrico Ballardini, Giulia D'Imperio, Davide Gorla, fanno delle loro diverse esperienze e delle loro competenze, un mix di generi che sfocia in un amalgama dove come comun denominatore si pongono l'eccellenza, la profondità e la padronanza della tecnica attoriale. Tre come la trinità, o come due parti che stipulano un contratto (Dio e Gesù) e un arbitro supervisore (il Diavolo), o meglio ancora Dio e il diavolo, due poli opposti del bene e del male, che trovano il loro equilibrio in Gesù fatto uomo. Un uomo che diviene il punto di raccordo fra i due regnanti, e porta in sé, inevitabilmente, sia il bene che il male.
In un non luogo che si compone di pochissimi elementi scenografici -un grande lenzuolo bianco che a seconda delle necessita sceniche viene utilizzato come schermo, involucro per dar vita a delle sculture fra cui possono riconoscersi i manichini di De Chirico e la pietà di Michelangelo rivisitata; due sedie e delle lampadine- si ode, da sotto il lenzuolo come in un gioco da bambini, la voce (in principio fu il Verbo..) da cui tutto ebbe origine: Dio che parla bisbigliando a Gesù. Non vedendo i loro corpi, due lampadine fanno da sostituti alle immagini. Perchè hai bisogno di un figlio? chiede Gesù al futuro padre. Da qui, una volta tolto il velo, l'azione scenica ha inizio.
Dio è una donna (come nelle tradizioni orientali), e nella caratterizzazione che la D'Imperio ne fa, diviene un misto fra l'incarnazione della Contessa Miseria cantata da Carmen Consoli e la matrigna di Alice nel paese delle meraviglie (nell'ultima edizione cinematografica), con le movenze di uno dei personaggi nevrotici alla Tim Barton. Qui, come nella tradizione del capovolgere il punto di vista come in Paradise Lost di Milton, Dio fa suoi comportamenti che di solito non gli appartengono. Diventa un utilitarista che vede lontano, avido di seguaci e pronto a sacrificare per i suoi intenti il suo unico figlio, con il quale mercanteggia le condizioni del loro contratto, e a mettere in atto quello che viene chiamato “il male necessario”. Gesu, presentato dal Gorla, appare come un uomo poco pretenzioso, pacato, che non capisce fino in fondo il perchè del suo sacrificio, anche in vista di tutte le stragi, le guerre, la successiva inquisizione, le crociate che il Padre gli narra. Insomma non riesce a capire come mai il Dio della Vita abbia bisogno proprio della Morte per far presa sui credenti.
In ultimo il Diavolo - anzi 'povero diavolo' che deve dimenarsi fra i due - ha la faccia di Ballardini e le sembianze di un boehemien saggio che suona le canzoni di De Andrè, e che tenta in ultima analisi di ricevere il perdono di Dio, il quale meditabondo rimane per una manciata di secondi in silenzio e dopo dice: No. Se tu non esistessi, neanche io esisterei.
In breve queste sono le linee generali di uno spettacolo che si serve di vari registri - come la commedia dell'arte, il cabaret, lo sketch e gli intermezzi musicali, il teatro delle ombre, financo l'uso dell'umorismo tragico di pirandelliana memoria - per riflettere, profondissimamente, sul ruolo della Chiesa di oggi, sulla ricezioni che i fedeli hanno del Dio in cui credono, e dell'importanza o della svalutazione del Diavolo.
Se può essere, lo spettacolo, preso a modello o divenire banalmente la bandiera degli atei, cosa diversa rappresenterà per i credenti (non per tutti), i quali riceveranno un bel pugno nello stomaco. Probabilmente vacillerà la loro fede e, non padroneggiando le loro emozioni, che inevitabilmente cozzeranno con tutto ciò che passivamente hanno appreso negli anni, questi potrebbero tacciare gli Odemà di blasfemia. Quando in realtà la messa in scena rappresenta, non solo un lavoro di pregio che si è aggiudicato il premio Scenario 2009, ma anche un pensare a Dio, e non alla religione che plasma l'essenza di Dio per ragioni storiche e contingenti, di umanissima sensibilità. Non a caso le fonti che la compagnia cita come dirette sono Goethe, Saramago e Pessoa, ma possono rientrare interi trattati di filosofia e teologia financo i vangeli apocrifi con la narrazione delle tentazioni di Cristo.
Cosi gli Odemà rileggono, in chiave contemporanea, il messaggio di Dio. L'Uomo e non il Divino, che in bocca agli uomini di qualunque credo, è stato falsato e distorto. Non ci resta che concordare, quindi, con la brillante compagnia e gridare, dietro l'eco di Nietzsche, provocatoriamente allora come adesso, Dio è morto. O meglio lo abbiamo ucciso, non solo crocifiggendolo sulla croce, ma dimenticando, sopraffatti dal caos contemporaneo - misto di dogmatismo e folklore - il suo umanissimo messaggio. Quello che ci lega prepotentemente alla terra, non alla speranza di una vita eterna conquistata attraverso il ricatto del peccato. Ecco perché Gesù è l'elemento di equilibrio, perché fatto uomo sperimentò quanto, il bene e il male, siano due facce della stessa medaglia. Non soggetti a due entità diverse ma coinquilini all'interno dell'uomo.
L'argomento è serissimo, talmente serio che si ride pure.
I tre, Enrico Ballardini, Giulia D'Imperio, Davide Gorla, fanno delle loro diverse esperienze e delle loro competenze, un mix di generi che sfocia in un amalgama dove come comun denominatore si pongono l'eccellenza, la profondità e la padronanza della tecnica attoriale. Tre come la trinità, o come due parti che stipulano un contratto (Dio e Gesù) e un arbitro supervisore (il Diavolo), o meglio ancora Dio e il diavolo, due poli opposti del bene e del male, che trovano il loro equilibrio in Gesù fatto uomo. Un uomo che diviene il punto di raccordo fra i due regnanti, e porta in sé, inevitabilmente, sia il bene che il male.
In un non luogo che si compone di pochissimi elementi scenografici -un grande lenzuolo bianco che a seconda delle necessita sceniche viene utilizzato come schermo, involucro per dar vita a delle sculture fra cui possono riconoscersi i manichini di De Chirico e la pietà di Michelangelo rivisitata; due sedie e delle lampadine- si ode, da sotto il lenzuolo come in un gioco da bambini, la voce (in principio fu il Verbo..) da cui tutto ebbe origine: Dio che parla bisbigliando a Gesù. Non vedendo i loro corpi, due lampadine fanno da sostituti alle immagini. Perchè hai bisogno di un figlio? chiede Gesù al futuro padre. Da qui, una volta tolto il velo, l'azione scenica ha inizio.
Dio è una donna (come nelle tradizioni orientali), e nella caratterizzazione che la D'Imperio ne fa, diviene un misto fra l'incarnazione della Contessa Miseria cantata da Carmen Consoli e la matrigna di Alice nel paese delle meraviglie (nell'ultima edizione cinematografica), con le movenze di uno dei personaggi nevrotici alla Tim Barton. Qui, come nella tradizione del capovolgere il punto di vista come in Paradise Lost di Milton, Dio fa suoi comportamenti che di solito non gli appartengono. Diventa un utilitarista che vede lontano, avido di seguaci e pronto a sacrificare per i suoi intenti il suo unico figlio, con il quale mercanteggia le condizioni del loro contratto, e a mettere in atto quello che viene chiamato “il male necessario”. Gesu, presentato dal Gorla, appare come un uomo poco pretenzioso, pacato, che non capisce fino in fondo il perchè del suo sacrificio, anche in vista di tutte le stragi, le guerre, la successiva inquisizione, le crociate che il Padre gli narra. Insomma non riesce a capire come mai il Dio della Vita abbia bisogno proprio della Morte per far presa sui credenti.
In ultimo il Diavolo - anzi 'povero diavolo' che deve dimenarsi fra i due - ha la faccia di Ballardini e le sembianze di un boehemien saggio che suona le canzoni di De Andrè, e che tenta in ultima analisi di ricevere il perdono di Dio, il quale meditabondo rimane per una manciata di secondi in silenzio e dopo dice: No. Se tu non esistessi, neanche io esisterei.
In breve queste sono le linee generali di uno spettacolo che si serve di vari registri - come la commedia dell'arte, il cabaret, lo sketch e gli intermezzi musicali, il teatro delle ombre, financo l'uso dell'umorismo tragico di pirandelliana memoria - per riflettere, profondissimamente, sul ruolo della Chiesa di oggi, sulla ricezioni che i fedeli hanno del Dio in cui credono, e dell'importanza o della svalutazione del Diavolo.
Se può essere, lo spettacolo, preso a modello o divenire banalmente la bandiera degli atei, cosa diversa rappresenterà per i credenti (non per tutti), i quali riceveranno un bel pugno nello stomaco. Probabilmente vacillerà la loro fede e, non padroneggiando le loro emozioni, che inevitabilmente cozzeranno con tutto ciò che passivamente hanno appreso negli anni, questi potrebbero tacciare gli Odemà di blasfemia. Quando in realtà la messa in scena rappresenta, non solo un lavoro di pregio che si è aggiudicato il premio Scenario 2009, ma anche un pensare a Dio, e non alla religione che plasma l'essenza di Dio per ragioni storiche e contingenti, di umanissima sensibilità. Non a caso le fonti che la compagnia cita come dirette sono Goethe, Saramago e Pessoa, ma possono rientrare interi trattati di filosofia e teologia financo i vangeli apocrifi con la narrazione delle tentazioni di Cristo.
Cosi gli Odemà rileggono, in chiave contemporanea, il messaggio di Dio. L'Uomo e non il Divino, che in bocca agli uomini di qualunque credo, è stato falsato e distorto. Non ci resta che concordare, quindi, con la brillante compagnia e gridare, dietro l'eco di Nietzsche, provocatoriamente allora come adesso, Dio è morto. O meglio lo abbiamo ucciso, non solo crocifiggendolo sulla croce, ma dimenticando, sopraffatti dal caos contemporaneo - misto di dogmatismo e folklore - il suo umanissimo messaggio. Quello che ci lega prepotentemente alla terra, non alla speranza di una vita eterna conquistata attraverso il ricatto del peccato. Ecco perché Gesù è l'elemento di equilibrio, perché fatto uomo sperimentò quanto, il bene e il male, siano due facce della stessa medaglia. Non soggetti a due entità diverse ma coinquilini all'interno dell'uomo.
gb
Teatro Libero
A tua immagine
progetto drammaturgico Davide Gorla
diretto e interpretato da Enrico Ballardini, Giulia D'Imperio, Davide Gorla
musiche originali Enrico Ballardini
luci Monica Gorla - Francesco Collinelli
www.odema.it
A tua immagine
progetto drammaturgico Davide Gorla
diretto e interpretato da Enrico Ballardini, Giulia D'Imperio, Davide Gorla
musiche originali Enrico Ballardini
luci Monica Gorla - Francesco Collinelli
www.odema.it