teatro stabile
Clitennestra o della Spiritualità
Torna a Lo Stabile Vincenzo Pirrotta.
Se con La ballata delle balate lo avevamo visto sul palco come interprete ed autore, oggi, con Clitennestra, ne ammiriamo la riscrittura e la regia. Nuova versione, con finale pulp alla Tarantino.
"Mi interessava affrontare un discorso sulla spiritualità, o meglio sulla mancanza di spiritualità nel mondo di oggi, dirà Pirrotta. Sono partito dall'assunto che, sempre più spesso, l'uomo tende a sentirsi egli stesso Dio, tende in un certo senso a sostituirsi a Dio".
Per una tragedia in chiave pop che rispetta però la struttura e gli elementi della tragedia greca - prologo, coro, catarsi – il realismo, dei costumi e della recitazione, è messo al bando. I personaggi vengono fuori dal coro, come staccandosi da un magma ed ogni interprete può considerarsi uno strumento dell'orchestra che, attraverso il "cunto" - che avviene nel registro dialettale per differenziarsi dal codice usato da Clitennestra - passa dal blues al rap, fino a sembrare una vera e propria jam session.
In una Micene immaginaria, che ha molto in comune con la nostra epoca, Clitennestra ritorna per tentare di sottrarsi al mito che la vuole madre snaturata e moglie assassina. Un futuro, non molto lontano, dove non esiste più alcuna traccia di civiltà: libri, chiese, altari sono scomparsi. Profondamente turbata, Clitennestra, scopre che i due fratelli di cui raccontano alcune cittadine, che hanno soggiogato il popolo, con l'imposizione di un governo del terrore, proclamandosi dei, sono i suoi figli, Elettra e Oreste. Comincia dunque questo viaggio in un mondo di desolazione, al quale si contrappone quello, superiore e lussuoso degli Dei.
Patinato, accogliente e freddo. Colorato, algido e plastificato è il mondo dove Elettra e Oreste parlano come due esaltati e in cui il culto della personalità ha raggiunto vertici grotteschi. Nel giorno del giubileo, della consacrazione, cioè, dei governanti‐dei, la regina Clitennestra, giunta lì grazie alle Erinni, non riesce a sopportare la vista del sacrificio di un bambino e intervenendo, svelerà la propria identità, rinfacciando ai due fratelli di essere soltanto uomini, miserabili e non dei. Qui Clitennestra si fa Medea e perdendo l'opportunità di sottrarsi al mito che la vuole madre omicida, lo confermerà uccidendo Oreste ed Elettra. E nella morte della prole, la speranza di un futuro migliore, in ricordo di una passato glorioso.
Dobbiamo prendere atto, ci dice il regista, che non possiamo fare a meno dell'altro, di una comunità nella quale tutti sono parimenti importanti. Clitennestra ci insegna che questa comunità ha bisogno di immaginare qualcosa che vada al di là della condizione umana, una guida e allo stesso tempo una speranza. Io questa speranza cerco di trasmetterla nel mio spettacolo, alla fine del quale l'iperbole di malvagità crolla e, come se si spezzasse un incantesimo, l'uomo capisce che può essere l'artefice della propria salvezza e del proprio futuro.
Se con La ballata delle balate lo avevamo visto sul palco come interprete ed autore, oggi, con Clitennestra, ne ammiriamo la riscrittura e la regia. Nuova versione, con finale pulp alla Tarantino.
"Mi interessava affrontare un discorso sulla spiritualità, o meglio sulla mancanza di spiritualità nel mondo di oggi, dirà Pirrotta. Sono partito dall'assunto che, sempre più spesso, l'uomo tende a sentirsi egli stesso Dio, tende in un certo senso a sostituirsi a Dio".
Per una tragedia in chiave pop che rispetta però la struttura e gli elementi della tragedia greca - prologo, coro, catarsi – il realismo, dei costumi e della recitazione, è messo al bando. I personaggi vengono fuori dal coro, come staccandosi da un magma ed ogni interprete può considerarsi uno strumento dell'orchestra che, attraverso il "cunto" - che avviene nel registro dialettale per differenziarsi dal codice usato da Clitennestra - passa dal blues al rap, fino a sembrare una vera e propria jam session.
In una Micene immaginaria, che ha molto in comune con la nostra epoca, Clitennestra ritorna per tentare di sottrarsi al mito che la vuole madre snaturata e moglie assassina. Un futuro, non molto lontano, dove non esiste più alcuna traccia di civiltà: libri, chiese, altari sono scomparsi. Profondamente turbata, Clitennestra, scopre che i due fratelli di cui raccontano alcune cittadine, che hanno soggiogato il popolo, con l'imposizione di un governo del terrore, proclamandosi dei, sono i suoi figli, Elettra e Oreste. Comincia dunque questo viaggio in un mondo di desolazione, al quale si contrappone quello, superiore e lussuoso degli Dei.
Patinato, accogliente e freddo. Colorato, algido e plastificato è il mondo dove Elettra e Oreste parlano come due esaltati e in cui il culto della personalità ha raggiunto vertici grotteschi. Nel giorno del giubileo, della consacrazione, cioè, dei governanti‐dei, la regina Clitennestra, giunta lì grazie alle Erinni, non riesce a sopportare la vista del sacrificio di un bambino e intervenendo, svelerà la propria identità, rinfacciando ai due fratelli di essere soltanto uomini, miserabili e non dei. Qui Clitennestra si fa Medea e perdendo l'opportunità di sottrarsi al mito che la vuole madre omicida, lo confermerà uccidendo Oreste ed Elettra. E nella morte della prole, la speranza di un futuro migliore, in ricordo di una passato glorioso.
Dobbiamo prendere atto, ci dice il regista, che non possiamo fare a meno dell'altro, di una comunità nella quale tutti sono parimenti importanti. Clitennestra ci insegna che questa comunità ha bisogno di immaginare qualcosa che vada al di là della condizione umana, una guida e allo stesso tempo una speranza. Io questa speranza cerco di trasmetterla nel mio spettacolo, alla fine del quale l'iperbole di malvagità crolla e, come se si spezzasse un incantesimo, l'uomo capisce che può essere l'artefice della propria salvezza e del proprio futuro.
gb
TEATRO CARIGNANO
CLITENNESTRA
testo e regia Vincenzo Pirrotta
con Anna Bonaiuto
Teatro Biondo Stabile di Palermo
www.teatrobiondo.it
CLITENNESTRA
testo e regia Vincenzo Pirrotta
con Anna Bonaiuto
Teatro Biondo Stabile di Palermo
www.teatrobiondo.it