Il Don Giovanni
Timi e le ''timidezze'' nostrane
Per lo Stabile il controverso Don Giovanni di Filippo Timi.
Dopo l'Amleto, col Don Giovanni, l'attore e in questo caso anche regista, continua il suo percorso di riscrittura e di reinterpretazione dei classici con verve nera e demistificazione. Al Carignano, dal 17 al 22 marzo, desideri in lattex, sessualità ostentata, seduzione sfrenata. Quando "vivere è un abuso, mai un diritto".
«Di questa storia, dice il regist'attore, ho certamente rispettato gli snodi narrativi e riportato accenni all'epoca barocca; ma l'ho completamente riscritta con parole mie, perché fosse contemporanea. Don Giovanni rispecchia l'umanità odierna, godereccia, fuori dalle regole e concentrata sul piacere che non può pero sottrarsi alla morte e, la grandezza di questo mito, non è nell'accettare la fine; ma nell'accogliere tutte le inevitabili conseguenze dell'essere nient'altro che se stesso».
Ingenuamente spregiudicata, irriverentemente infantile, facilona e banalotta è la riscrittura popular barocca del Don Giovanni secondo Filippo Timi. Un testo semplice che riporta alla Commedia dell'arte, insieme di facili risate e applausi rubati. Il teatro del dopo lavoro insomma, dove svagarsi, e dove, rivedendo sé stessi così chiaramente, non resta che ridersi addosso. Il testo, dei luoghi comuni e della demagogia uomo donna, con una larga parte lasciata alla'improvvisazione, pur non volendo, ma decantandolo nelle intenzioni, vuole mettere a fuoco l'umanità contemporanea colma di contraddizioni, assetata di potere e logorata dai medesimi schizofrenici e ossessivi inebriamenti del Don Giovanni. Tutto ruota intorno al sesso direbbe Freud.
Sfavillanti, ironici, eccessivi perché a tratti kitch gli straordinari costumi di Fabio Zambernardi, che fra ricordanze barocche e attualizzazioni contemporanee giocano con le sessualità e il sesso, dando ai personaggi una nuova pelle mettendo in scena la doppia natura, umana e animale. Viscida e tentatrice. Appagata solo dalla possessione dell'oggetto d'amore. E personaggi e costumi si muovo sotto le luci, vere e proprie opere visive, disegnate da Gigi Saccomandi, concedendo all'intero spettacolo un forte slancio verso le artivisive. Punti forti e deboli per una regia che scommettendo sulla spettacolarizzazione, e utilizzando una colonna sonora che spazia dal rock alla musica leggera, pur se di alto livello nella sua messa in scena, pecca in montaggio.
Dopo l'Amleto, col Don Giovanni, l'attore e in questo caso anche regista, continua il suo percorso di riscrittura e di reinterpretazione dei classici con verve nera e demistificazione. Al Carignano, dal 17 al 22 marzo, desideri in lattex, sessualità ostentata, seduzione sfrenata. Quando "vivere è un abuso, mai un diritto".
«Di questa storia, dice il regist'attore, ho certamente rispettato gli snodi narrativi e riportato accenni all'epoca barocca; ma l'ho completamente riscritta con parole mie, perché fosse contemporanea. Don Giovanni rispecchia l'umanità odierna, godereccia, fuori dalle regole e concentrata sul piacere che non può pero sottrarsi alla morte e, la grandezza di questo mito, non è nell'accettare la fine; ma nell'accogliere tutte le inevitabili conseguenze dell'essere nient'altro che se stesso».
Ingenuamente spregiudicata, irriverentemente infantile, facilona e banalotta è la riscrittura popular barocca del Don Giovanni secondo Filippo Timi. Un testo semplice che riporta alla Commedia dell'arte, insieme di facili risate e applausi rubati. Il teatro del dopo lavoro insomma, dove svagarsi, e dove, rivedendo sé stessi così chiaramente, non resta che ridersi addosso. Il testo, dei luoghi comuni e della demagogia uomo donna, con una larga parte lasciata alla'improvvisazione, pur non volendo, ma decantandolo nelle intenzioni, vuole mettere a fuoco l'umanità contemporanea colma di contraddizioni, assetata di potere e logorata dai medesimi schizofrenici e ossessivi inebriamenti del Don Giovanni. Tutto ruota intorno al sesso direbbe Freud.
Sfavillanti, ironici, eccessivi perché a tratti kitch gli straordinari costumi di Fabio Zambernardi, che fra ricordanze barocche e attualizzazioni contemporanee giocano con le sessualità e il sesso, dando ai personaggi una nuova pelle mettendo in scena la doppia natura, umana e animale. Viscida e tentatrice. Appagata solo dalla possessione dell'oggetto d'amore. E personaggi e costumi si muovo sotto le luci, vere e proprie opere visive, disegnate da Gigi Saccomandi, concedendo all'intero spettacolo un forte slancio verso le artivisive. Punti forti e deboli per una regia che scommettendo sulla spettacolarizzazione, e utilizzando una colonna sonora che spazia dal rock alla musica leggera, pur se di alto livello nella sua messa in scena, pecca in montaggio.
gb
TEATRO CARIGNANO
IL DON GIOVANNI
Vivere è un abuso, mai un diritto
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con (in ordine di apparizione) Umberto Petranca, Alexandre Styker, Lucia Mascino, Matteo De Blasio, Elena Lietti, Fulvio Accogli, Marina Rocco, Roberto Laureri
regia e scena Filippo Timi
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
suono Beppe Pellicciari Teatro Franco Parenti/Teatro Stabile Dell'Umbria
www.filippotimi.com
IL DON GIOVANNI
Vivere è un abuso, mai un diritto
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con (in ordine di apparizione) Umberto Petranca, Alexandre Styker, Lucia Mascino, Matteo De Blasio, Elena Lietti, Fulvio Accogli, Marina Rocco, Roberto Laureri
regia e scena Filippo Timi
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
suono Beppe Pellicciari Teatro Franco Parenti/Teatro Stabile Dell'Umbria
www.filippotimi.com