Amore? Si, ma solo dopo l'Identità
L'Orgoglio di Zingaretti
Talento capace di calarsi nei panni di personaggi sempre diversi, conosciuto al grande pubblico grazie al personaggio del Commissario Montalbano, Luca Zingaretti torna, dopo venticinque anni, al Teatro Stabile. Ricorda il mediatore dell'incontro organizzato da Lo Stabile al Gobetti e intitolati Retroscena (12 novembre), quando per la regia di Luca Ronconi era nel cast di "Gli ultimi giorni dell'umanità" e "La pazza" di Chaillot, sempre al Carignano. Adesso in veste anche di regista, l'attore mette in scena, per la prima volta in Italia, il testo che rese celebre lo scrittore Alexi Kaye Campbell. Con The Pride, non si parla solo di omosessualita', ma con questo pretesto, si parla di amore e lo si eleva al disopra dei generi.
Con debutto al Royal Court Theatre di Londra nel 2008, e aggiudicandosi immediatamente il Critic's Circle Award e l'Olivier Award, The Pride viene messo in scena a New York nel 2010, e di nuovo a Londra nel 2013. Dopo l'incontro, fortunato fra Zingaretti e il testo di Campbell, galeotta Monica Capuani, la traduttrice, arriva in Italia. Dopo Pistoia, e dopo Torino, il grande debutto romano al Teatro Argentina.
Il testo
Volevo trovare un testo forte per tornare alla regia, dirà Zingaretti. Ho impiegato un anno per trovare il testo giusto, e poi grazie a Monica sono riuscito. Non pensavo, però, di portare sulla scena un testo tematico, anche se il testo potrebbe esserlo in parte. Ma non ha la presunzione di essere politico, di voler combattere una battaglia. Ma credo, guardandomi intorno, continua il regista, che l'Italia viva uno sfasamento tra il pensiero istituzionale, political correct e ipocrita, e la vita di tutti i giorni. Zingaretti parla di pancia e testa, quando, portando degli esempi cita il Caso del Vaticano - sedicente mondo etero e per paura omofobo - il bullismo, che è un sistema, escogitato dalla società per mettere al bando il diverso, quello che esce "fuori dal seminato", insomma.
Il testo, mi ha catturato, perché presenta una drammaturgia forte, afferma l'attore, e per la sua natura stratificata, mi ha permesso di parlare di un fatto particolare, la storia omosessuale, ma per arrivare a parlare, oggi più che mai, dell'amore in senso universale. Di Eros che sta al disopra dei generi. Infatti i dialoghi esplorano temi come caso, amore e lealtà, sollevando interrogativi sulla nostra vita contemporanea, sulle scelte sessuali che, oggi più che ieri, tutti siamo chiamati ad abbracciare o a giudicare. Un testo, composto di mezze frasi, di intuizioni abortite, di verità celate, di slang di appartenenza, per il quale il regista avrebbe voluto una situazione più intima, raccolta come quelle off. Perché la gente va emozionata, afferma, mentre il nostro teatro, ci ha abituato a "spettacoli pallosissimi" e in mala fede per giunta.
L'identità
Solo dopo il coraggio della conoscenza di sé, si è pronti e liberi di amare
The pride, oltre la volontà forte di parlare d'amore, ma non in senso cinematografico, bensì come sinonimo di compassione, di empatia, di sensibilità affettiva e comportamento assertivo - tutte qualità che in accordo con Zingaretti, ammettiamo di esserne digiuni, ispira nuove epifanie e nasconde in sé, quella che il regista definisce "una rivoluzione copernicana", e nell'affermarlo citerà le parole che Philip dirà ad Oliver dopo la loro notte insieme: "da quando mi sono innamorato di te, non mi sento più sbagliato come il mondo mi ha fatto credere, ma adesso, sento che è il mondo a sbagliare.." Da qui, la rivoluzione e il cambiamento dei personaggi. Quando intuiscono che possono scegliere, che le cose possono cambiare. Perché è la scelta il motore dell'identità, e tutti e tre i personaggi sono figure che, o hanno scelto, o hanno deciso di non scegliere. E chi non sceglie, nella debolezza o nella paura, vivrà nella frustrazione e nella vergogna, nella paura e nello schifo di sé. E tutto lo spettacolo verte proprio su delle domande, che non sono dette, ma sottintese e fatte emergere dal copro dell'attore, e che Zingaretti ben individua: tu, ci chiede, a che punto sei della tua vita? Hai fatto il punto? Decidi tu della tua vita o stai seguendo la corrente?
Oliver, infatti, si interroga su cosa sia la sua vita, la finzione, e cosa rappresenta il suo matrimonio. Silvia si chiede perché sta insieme ad un uomo che non è la sua, reale, metà. Philip perché non può vivere alla luce del sole. Insomma, forte, fortissimo il tema dell'identità, che in The Pride, invita al dubbio e alla ricerca. Dubitare però con una valenza positiva e provocatoria, distruttrice e creatrice, come il dubbio che animava Gaber in Polli dall'allevamento e il Pasolini de L'omologazione, per riuscire a guardarsi allo specchio e rispondersi sinceramente: sto facendo, realmente, la vita che volevo?
Con debutto al Royal Court Theatre di Londra nel 2008, e aggiudicandosi immediatamente il Critic's Circle Award e l'Olivier Award, The Pride viene messo in scena a New York nel 2010, e di nuovo a Londra nel 2013. Dopo l'incontro, fortunato fra Zingaretti e il testo di Campbell, galeotta Monica Capuani, la traduttrice, arriva in Italia. Dopo Pistoia, e dopo Torino, il grande debutto romano al Teatro Argentina.
Il testo
Volevo trovare un testo forte per tornare alla regia, dirà Zingaretti. Ho impiegato un anno per trovare il testo giusto, e poi grazie a Monica sono riuscito. Non pensavo, però, di portare sulla scena un testo tematico, anche se il testo potrebbe esserlo in parte. Ma non ha la presunzione di essere politico, di voler combattere una battaglia. Ma credo, guardandomi intorno, continua il regista, che l'Italia viva uno sfasamento tra il pensiero istituzionale, political correct e ipocrita, e la vita di tutti i giorni. Zingaretti parla di pancia e testa, quando, portando degli esempi cita il Caso del Vaticano - sedicente mondo etero e per paura omofobo - il bullismo, che è un sistema, escogitato dalla società per mettere al bando il diverso, quello che esce "fuori dal seminato", insomma.
Il testo, mi ha catturato, perché presenta una drammaturgia forte, afferma l'attore, e per la sua natura stratificata, mi ha permesso di parlare di un fatto particolare, la storia omosessuale, ma per arrivare a parlare, oggi più che mai, dell'amore in senso universale. Di Eros che sta al disopra dei generi. Infatti i dialoghi esplorano temi come caso, amore e lealtà, sollevando interrogativi sulla nostra vita contemporanea, sulle scelte sessuali che, oggi più che ieri, tutti siamo chiamati ad abbracciare o a giudicare. Un testo, composto di mezze frasi, di intuizioni abortite, di verità celate, di slang di appartenenza, per il quale il regista avrebbe voluto una situazione più intima, raccolta come quelle off. Perché la gente va emozionata, afferma, mentre il nostro teatro, ci ha abituato a "spettacoli pallosissimi" e in mala fede per giunta.
L'identità
Solo dopo il coraggio della conoscenza di sé, si è pronti e liberi di amare
The pride, oltre la volontà forte di parlare d'amore, ma non in senso cinematografico, bensì come sinonimo di compassione, di empatia, di sensibilità affettiva e comportamento assertivo - tutte qualità che in accordo con Zingaretti, ammettiamo di esserne digiuni, ispira nuove epifanie e nasconde in sé, quella che il regista definisce "una rivoluzione copernicana", e nell'affermarlo citerà le parole che Philip dirà ad Oliver dopo la loro notte insieme: "da quando mi sono innamorato di te, non mi sento più sbagliato come il mondo mi ha fatto credere, ma adesso, sento che è il mondo a sbagliare.." Da qui, la rivoluzione e il cambiamento dei personaggi. Quando intuiscono che possono scegliere, che le cose possono cambiare. Perché è la scelta il motore dell'identità, e tutti e tre i personaggi sono figure che, o hanno scelto, o hanno deciso di non scegliere. E chi non sceglie, nella debolezza o nella paura, vivrà nella frustrazione e nella vergogna, nella paura e nello schifo di sé. E tutto lo spettacolo verte proprio su delle domande, che non sono dette, ma sottintese e fatte emergere dal copro dell'attore, e che Zingaretti ben individua: tu, ci chiede, a che punto sei della tua vita? Hai fatto il punto? Decidi tu della tua vita o stai seguendo la corrente?
Oliver, infatti, si interroga su cosa sia la sua vita, la finzione, e cosa rappresenta il suo matrimonio. Silvia si chiede perché sta insieme ad un uomo che non è la sua, reale, metà. Philip perché non può vivere alla luce del sole. Insomma, forte, fortissimo il tema dell'identità, che in The Pride, invita al dubbio e alla ricerca. Dubitare però con una valenza positiva e provocatoria, distruttrice e creatrice, come il dubbio che animava Gaber in Polli dall'allevamento e il Pasolini de L'omologazione, per riuscire a guardarsi allo specchio e rispondersi sinceramente: sto facendo, realmente, la vita che volevo?
gb
TEATRO CARIGNANO
THE PRIDE
di Alexi Kaye Campbell
regia Luca Zingaretti
www.teatrostabiletorino.it
THE PRIDE
di Alexi Kaye Campbell
regia Luca Zingaretti
www.teatrostabiletorino.it