Vergine Madre
all'Astra Dante si fa Donna
Dopo la leggerezza formale della Cie Jérôme Thomas, è la sostanza di Lucilla Giagnoni a continuare il palinsesto Astra. Con Vergine Madre - opera tratta dalla Divina Commedia di Dante Alighieri -, il 6-9 novembre, canti, commenti e racconti di un'anima in cerca di salvezza.
Non sono molte le attrici che leggono la Commedia, scrive la Giagnoni. Forse perché nella Commedia le donne sono poche e si trovano quasi tutte all'Inferno. Escludendo ovviamente Beatrice che, però, non è una donna, ma una "mirabile visione" simbolo delle teologia, le donne che hanno una voce sono soltanto otto, molte delle quali cantano e pregano solamente. Le donne nella Commedia, insomma, non hanno possibilità di parola, non possono raccontare la propria storia, assumersi, infine, la responsabilità delle proprie azioni. E la Giagnoni se le assume, registra per Rai 2 il monologo e ottiene il premio Persefone 2007 come miglior spettacolo teatrale in televisione.
Parte di un progetto più grande, Vergine madre, insieme a Big Bang e Apocalisse formano la "Trilogia della spiritualità" che trova il suo approdo naturale in Ecce Homo, pregevolissimo spettacolo presentato, sempre all'Astra, nella stagione passata (link in alto a destra). Sei canti, i più noti della Commedia, compongono Vergine Madre. Sei tappe di un viaggio nel mezzo del cammin di nostra (sua) vita: Il I canto dell'Inferno che rappresenta il viaggio; il V, Francesca simbolo della Donna; il XXVI, Ulisse sinonimo dell'Uomo; il XXXIIIil Ugolino, immagine del Padre; il III del Paradiso, la Piccarda simbolo dell Bambina; il XXXIII del Paradiso, la Madre si fa Vergine Madre. Ne scaturisce il ritratto di una famiglia e i canti non vengono spiegati, come sovente accade o è accaduto (Bene, Gassman, Benigni), ma i fonemi si fanno parole incantatrici, parole rituali.
Suggestioni diverse, quindi, che dal lato oscuro di Ulisse approdano all'aspetto meraviglioso e terribile del padre; dalla santità dei bambini alla lussuria di tutte le donne, fino alla grandezza della madre.
Da piccola, esordisce l'attrice nel monologo, sognavo di diventare santa. Ma non santa martire, perché il martirio di fatto non mi convinceva del tutto, volevo essere, semplicemente, santa. Non sono diventata santa ma ho fatto l'attrice. Per diventare santi bisogna pregare, e raccontare storie è un po' come pregare.Cercare, come ci insegna Calvino - ne "Le città invisibili" -, in mezzo all'inferno ciò che non è inferno e farlo durare, e dargli spazio. Gente che diventa sempre più ricca. Poveri, tanti poveri. Ignoranza. C'è la guerra, lo scannamento, il terrore e poi l'angoscia sottile e quotidiana. Si uc-ci-do-no i bambini.
E di fronte a tutto questo qualcosa, necessariamente, deve scatenarsi, dentro si intende. Se non avviene a teatro, nel momento in cui si assiste-ascolta, ci si perde e ci si ritrova, avverrà dopo, piano piano quando le suggestioni si faranno senso, le parole significato. E qualcosa, a quel punto, effettivamente capita. Sensazioni fisiche che non si traducono immediatamente ma che si manifestano ad esempio con il camminare avanti e indietro, lo stringere i pugni inconsciamente, mordersi il labbro e infilzarlo con le dita. Scoprire che una lacrima scende libera, senza che nessuno glielo abbia ordinato. Perché come in ogni rito, la catarsi è lenta, così come è pigra la "digestione" di uno spettacolo, soprattutto della Giagnoni.
"Ad un certo punto la vernicetta patinata che ci ricopre, salta. Si scrostano ad una ad una le certezze" ci dice l'attrice. Il treno deve fischiare insomma, e il suono deve, dovrebbe, renderci desti! Vergine Madre è l'inizio di Ecce Homo potremmo dire, nel primo si vedono i semi di una ricerca più ampia, nel secondo il naturale approdo di un cammino che se parte interrogando Dio e Dante (teologia e letteratura), finisce con l'investigare gran parte delle scienze umane e non solo, regalandoci un quadro analitico del nostro orribile presente. Con Vergine Madre, sette anni prima di Ecce Homo, la Giagnoni parte da sé e inizia, per prima il suo viaggio al quale ci invita tutti. Perché la vita può essere arte, e Arte può essere umana condivisione di una speranza futura. "Nati non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".
Lei da sola, con le sue conquiste fra poesia, cristianesimo e letteratura, giocando con le ambientazioni di luci di Diana e Violato, parte della drammaturgia. Lei da sola nelle Selva a guerreggiare con i suoi demoni, le fiere dantesche attraverso un serissimo gioco rotondo in cui si mescola teatro di parola dal tono colloquiale, a vere e proprie prove di stile e competenza attoriale, quando si da voce ai personaggi della Commedia. Qui sorprende ed emoziona regalando momenti altissimi di interpretazione delle più forti passioni umane, concedendo al testo dantesco una nuovissima vita.
E dopo tanta serietà profonda, nella convinzione che ogni anima sensibile sia, anche in realtà, simpaticamente e seriamente bimba, ci piace concludere, con le parole, sue, che descrivono sé stessa alla fine del suo sterminato curriculum:
"Ho grosse capacità atletiche, per alcuni spettacoli sono stata costretta a fare del training massacrante che mi portava a correre per 15 chilometri ininterrotti. Sono poi un'ottima nuotatrice. Parlo toscano-veneto, italiano, naturalmente, ed inglese.Viaggi: ho viaggiato per mari e per monti, visitando numerosi paesi nei cinque continenti. Statura: circa 159 cm. Misure: molto variabili, specie dopo la bambina, comunque mi aggiro ancora sulla 42. Occhi: grigio verdi. Capelli: biondo cenere con molti fili bianchi".
Lucilla Giagnoni: quanto può essere auto-ironica l'intelligenza!
Votatela quindi, e scegliete di vedere i suoi umanissimi spettacoli.
Non sono molte le attrici che leggono la Commedia, scrive la Giagnoni. Forse perché nella Commedia le donne sono poche e si trovano quasi tutte all'Inferno. Escludendo ovviamente Beatrice che, però, non è una donna, ma una "mirabile visione" simbolo delle teologia, le donne che hanno una voce sono soltanto otto, molte delle quali cantano e pregano solamente. Le donne nella Commedia, insomma, non hanno possibilità di parola, non possono raccontare la propria storia, assumersi, infine, la responsabilità delle proprie azioni. E la Giagnoni se le assume, registra per Rai 2 il monologo e ottiene il premio Persefone 2007 come miglior spettacolo teatrale in televisione.
Parte di un progetto più grande, Vergine madre, insieme a Big Bang e Apocalisse formano la "Trilogia della spiritualità" che trova il suo approdo naturale in Ecce Homo, pregevolissimo spettacolo presentato, sempre all'Astra, nella stagione passata (link in alto a destra). Sei canti, i più noti della Commedia, compongono Vergine Madre. Sei tappe di un viaggio nel mezzo del cammin di nostra (sua) vita: Il I canto dell'Inferno che rappresenta il viaggio; il V, Francesca simbolo della Donna; il XXVI, Ulisse sinonimo dell'Uomo; il XXXIIIil Ugolino, immagine del Padre; il III del Paradiso, la Piccarda simbolo dell Bambina; il XXXIII del Paradiso, la Madre si fa Vergine Madre. Ne scaturisce il ritratto di una famiglia e i canti non vengono spiegati, come sovente accade o è accaduto (Bene, Gassman, Benigni), ma i fonemi si fanno parole incantatrici, parole rituali.
Suggestioni diverse, quindi, che dal lato oscuro di Ulisse approdano all'aspetto meraviglioso e terribile del padre; dalla santità dei bambini alla lussuria di tutte le donne, fino alla grandezza della madre.
Da piccola, esordisce l'attrice nel monologo, sognavo di diventare santa. Ma non santa martire, perché il martirio di fatto non mi convinceva del tutto, volevo essere, semplicemente, santa. Non sono diventata santa ma ho fatto l'attrice. Per diventare santi bisogna pregare, e raccontare storie è un po' come pregare.Cercare, come ci insegna Calvino - ne "Le città invisibili" -, in mezzo all'inferno ciò che non è inferno e farlo durare, e dargli spazio. Gente che diventa sempre più ricca. Poveri, tanti poveri. Ignoranza. C'è la guerra, lo scannamento, il terrore e poi l'angoscia sottile e quotidiana. Si uc-ci-do-no i bambini.
E di fronte a tutto questo qualcosa, necessariamente, deve scatenarsi, dentro si intende. Se non avviene a teatro, nel momento in cui si assiste-ascolta, ci si perde e ci si ritrova, avverrà dopo, piano piano quando le suggestioni si faranno senso, le parole significato. E qualcosa, a quel punto, effettivamente capita. Sensazioni fisiche che non si traducono immediatamente ma che si manifestano ad esempio con il camminare avanti e indietro, lo stringere i pugni inconsciamente, mordersi il labbro e infilzarlo con le dita. Scoprire che una lacrima scende libera, senza che nessuno glielo abbia ordinato. Perché come in ogni rito, la catarsi è lenta, così come è pigra la "digestione" di uno spettacolo, soprattutto della Giagnoni.
"Ad un certo punto la vernicetta patinata che ci ricopre, salta. Si scrostano ad una ad una le certezze" ci dice l'attrice. Il treno deve fischiare insomma, e il suono deve, dovrebbe, renderci desti! Vergine Madre è l'inizio di Ecce Homo potremmo dire, nel primo si vedono i semi di una ricerca più ampia, nel secondo il naturale approdo di un cammino che se parte interrogando Dio e Dante (teologia e letteratura), finisce con l'investigare gran parte delle scienze umane e non solo, regalandoci un quadro analitico del nostro orribile presente. Con Vergine Madre, sette anni prima di Ecce Homo, la Giagnoni parte da sé e inizia, per prima il suo viaggio al quale ci invita tutti. Perché la vita può essere arte, e Arte può essere umana condivisione di una speranza futura. "Nati non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".
Lei da sola, con le sue conquiste fra poesia, cristianesimo e letteratura, giocando con le ambientazioni di luci di Diana e Violato, parte della drammaturgia. Lei da sola nelle Selva a guerreggiare con i suoi demoni, le fiere dantesche attraverso un serissimo gioco rotondo in cui si mescola teatro di parola dal tono colloquiale, a vere e proprie prove di stile e competenza attoriale, quando si da voce ai personaggi della Commedia. Qui sorprende ed emoziona regalando momenti altissimi di interpretazione delle più forti passioni umane, concedendo al testo dantesco una nuovissima vita.
E dopo tanta serietà profonda, nella convinzione che ogni anima sensibile sia, anche in realtà, simpaticamente e seriamente bimba, ci piace concludere, con le parole, sue, che descrivono sé stessa alla fine del suo sterminato curriculum:
"Ho grosse capacità atletiche, per alcuni spettacoli sono stata costretta a fare del training massacrante che mi portava a correre per 15 chilometri ininterrotti. Sono poi un'ottima nuotatrice. Parlo toscano-veneto, italiano, naturalmente, ed inglese.Viaggi: ho viaggiato per mari e per monti, visitando numerosi paesi nei cinque continenti. Statura: circa 159 cm. Misure: molto variabili, specie dopo la bambina, comunque mi aggiro ancora sulla 42. Occhi: grigio verdi. Capelli: biondo cenere con molti fili bianchi".
Lucilla Giagnoni: quanto può essere auto-ironica l'intelligenza!
Votatela quindi, e scegliete di vedere i suoi umanissimi spettacoli.
gb
Teatro Astra
Vergine Madre
un progetto di Lucilla Giagnoni
con Lucilla Giagnoni
collaborazione ai testi Marta Pastorino
musiche originali Paolo Pizzimenti
scene e luci Lucio Diana e Massimo Violato
www.lucillagiagnoni.it
Vergine Madre
un progetto di Lucilla Giagnoni
con Lucilla Giagnoni
collaborazione ai testi Marta Pastorino
musiche originali Paolo Pizzimenti
scene e luci Lucio Diana e Massimo Violato
www.lucillagiagnoni.it