Robert Capa
A Palazzo Reale la prima retrospettiva torinese
Patrocinata dal Comune di Torino, organizzata dalla casa editrice d'arte Silvana Editoriale in collaborazione con Magnum Photos -celebre agenzia fotografica di cui l'artista fu uno dei soci fondatori nel 1947-, il Palazzo Reale e la sua città celebrano, con un'importante retrospettiva, uno dei maestri della fotografia del XX secolo: Robert Capa. Nel centenario dalla sua nascita è a Torino dal 15 marzo al 14 luglio 2013.
Tra i primi a capire l'importanza del mezzo fotografico come arma di denuncia e di testimonianza, i reportage di Robert Capa compaiono da subito sulle riviste internazionali più importanti, come Life e Picture Post.
Durante la sua folgorante carriera documenta cinque conflitti -la guerra civile spagnola (1936-39), la resistenza cinese di fronte all'invasione del Giappone (1938), la seconda guerra mondiale (1941-45) con il reportage dello sbarco in Normandia, il primo conflitto Arabo-Israeliano (1948), e quello francese in Indocina (1954), durante il quale muore, ucciso da una mina antiuomo, a soli 40 anni-, senza nessuna retorica e con un trasporto personale così forte da spingersi, a volte, a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, andando fin dentro il cuore dei conflitti.
I suoi scatti narrano storie di esuli, di soldati feriti, della popolazione civile stremata. Egli stesso fu un rifugiato politico ed aveva provato in prima persona la fame, il dolore della perdita, la fuga dall'antisemitismo nazista, esperienze che lo hanno portato a provare una profonda empatia, un'intima fratellanza con i protagonisti delle sue fotografie.
Definito, nel 1938, dalla prestigiosa rivista inglese Picture Post "Il migliore fotoreporter di guerra nel mondo", Capa resta sempre in bilico fra documento e comportamento assertivo, infatti le sue immagini, pur narrando di apocalittici stati di guerra, colpiscono lo spettatore per la loro immediatezza, per l'empatia e l'umanità che riescono a trasmettere. Sono gli sguardi della popolazione civile, dei bambini, e di tutti i sopravvissuti quelli che si fissano sulla pellicola che, nonostante le perdite e la distruzione, riescono, con forza e dignità, a sperare ancora. I suoi scatti sono entrati in maniera indelebile nell'immaginario del Novecento.
Guest Star della presentazione alla stampa è John Morris, primo direttore di Magnum Photos, che ha condiviso con il numeroso pubblico il rapporto d'amicizia che lo ha legato a Robert Capa. Lo aveva conosciuto durante la seconda guerra mondiale, quando era responsabile della redazione londinese della rivista Life, e gli assicurò la copertura dello sbarco in Normandia con le storiche foto che documentarono i momenti cruciali dell'azione bellica.
Da allora i due instaurarono un sodalizio umano e lavorativo che si interruppe solo nel 1954, quando Morris ricevette il telegramma che annunciava la tragica fine del collega e amico, al quale organizzò perfino il funerale. Vecchietto simpaticissimo, ricco di verve con alle spalle tre matrimoni, ha ricordato con bonario affetto l'amico scomparso prematuramente e sottolineato quanto questa retrospettiva sia la migliore che abbiano organizzato sul fotografo. Salvo poi rispondere alla domanda, Qual è la foto che preferisce di Capa?, che l'immagine non è presente all'esposizione. Sorridendo ha fatto riferimento alla cover del suo libro Photo Diary sull'amico fotografo in cui i due vengono ritratti al centro fra una cornice di amici.
L'esposizione racconta, quindi, il percorso umano e artistico di Capa attraverso 97 fotografie in bianco e nero, raggruppate in undici sezioni: Leon Trotsky (1932), France (1936-1939), Spain (1936-1939), China (1938), Britain & Italy (1941-1944), France (1944), Germany (1945), Eastern Europe (1947-1949), Israel (1948-1950), Indochina (1954), Friends. Il suo modo di fotografare, potente e toccante allo stesso tempo, in molti tratti lirico e talvolta anche spiritoso può essere paragonabile a quello di altri fotografi come André Kertész o Henri Cartier-Bresson per forza visiva e incisività delle immagini, oltre, certo, per la quantità eccelsa dei reportage.
In mostra sono inoltre presenti alcune fotografie di personaggi famosi – da Picasso a Hemingway, da Matisse a Ingrid Bergman, con la quale intraprende una relazione – che oltre ad illustrare le grandi qualità ritrattistiche di Capa, dimostrano che non è semplicemente un fotografo di guerra, in quanto molte delle sue immagini riescono a catturare, con grande sensibilità, le gioie della pace. La gioia è figlia del dolore e Capa sembra averlo scoperto a sue spese.
Tra i primi a capire l'importanza del mezzo fotografico come arma di denuncia e di testimonianza, i reportage di Robert Capa compaiono da subito sulle riviste internazionali più importanti, come Life e Picture Post.
Durante la sua folgorante carriera documenta cinque conflitti -la guerra civile spagnola (1936-39), la resistenza cinese di fronte all'invasione del Giappone (1938), la seconda guerra mondiale (1941-45) con il reportage dello sbarco in Normandia, il primo conflitto Arabo-Israeliano (1948), e quello francese in Indocina (1954), durante il quale muore, ucciso da una mina antiuomo, a soli 40 anni-, senza nessuna retorica e con un trasporto personale così forte da spingersi, a volte, a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, andando fin dentro il cuore dei conflitti.
I suoi scatti narrano storie di esuli, di soldati feriti, della popolazione civile stremata. Egli stesso fu un rifugiato politico ed aveva provato in prima persona la fame, il dolore della perdita, la fuga dall'antisemitismo nazista, esperienze che lo hanno portato a provare una profonda empatia, un'intima fratellanza con i protagonisti delle sue fotografie.
Definito, nel 1938, dalla prestigiosa rivista inglese Picture Post "Il migliore fotoreporter di guerra nel mondo", Capa resta sempre in bilico fra documento e comportamento assertivo, infatti le sue immagini, pur narrando di apocalittici stati di guerra, colpiscono lo spettatore per la loro immediatezza, per l'empatia e l'umanità che riescono a trasmettere. Sono gli sguardi della popolazione civile, dei bambini, e di tutti i sopravvissuti quelli che si fissano sulla pellicola che, nonostante le perdite e la distruzione, riescono, con forza e dignità, a sperare ancora. I suoi scatti sono entrati in maniera indelebile nell'immaginario del Novecento.
Guest Star della presentazione alla stampa è John Morris, primo direttore di Magnum Photos, che ha condiviso con il numeroso pubblico il rapporto d'amicizia che lo ha legato a Robert Capa. Lo aveva conosciuto durante la seconda guerra mondiale, quando era responsabile della redazione londinese della rivista Life, e gli assicurò la copertura dello sbarco in Normandia con le storiche foto che documentarono i momenti cruciali dell'azione bellica.
Da allora i due instaurarono un sodalizio umano e lavorativo che si interruppe solo nel 1954, quando Morris ricevette il telegramma che annunciava la tragica fine del collega e amico, al quale organizzò perfino il funerale. Vecchietto simpaticissimo, ricco di verve con alle spalle tre matrimoni, ha ricordato con bonario affetto l'amico scomparso prematuramente e sottolineato quanto questa retrospettiva sia la migliore che abbiano organizzato sul fotografo. Salvo poi rispondere alla domanda, Qual è la foto che preferisce di Capa?, che l'immagine non è presente all'esposizione. Sorridendo ha fatto riferimento alla cover del suo libro Photo Diary sull'amico fotografo in cui i due vengono ritratti al centro fra una cornice di amici.
L'esposizione racconta, quindi, il percorso umano e artistico di Capa attraverso 97 fotografie in bianco e nero, raggruppate in undici sezioni: Leon Trotsky (1932), France (1936-1939), Spain (1936-1939), China (1938), Britain & Italy (1941-1944), France (1944), Germany (1945), Eastern Europe (1947-1949), Israel (1948-1950), Indochina (1954), Friends. Il suo modo di fotografare, potente e toccante allo stesso tempo, in molti tratti lirico e talvolta anche spiritoso può essere paragonabile a quello di altri fotografi come André Kertész o Henri Cartier-Bresson per forza visiva e incisività delle immagini, oltre, certo, per la quantità eccelsa dei reportage.
In mostra sono inoltre presenti alcune fotografie di personaggi famosi – da Picasso a Hemingway, da Matisse a Ingrid Bergman, con la quale intraprende una relazione – che oltre ad illustrare le grandi qualità ritrattistiche di Capa, dimostrano che non è semplicemente un fotografo di guerra, in quanto molte delle sue immagini riescono a catturare, con grande sensibilità, le gioie della pace. La gioia è figlia del dolore e Capa sembra averlo scoperto a sue spese.
GB
Palazzo Reale, Torino
Robert Capa 15 marzo - 14 luglio 2013
www.magnumphoto.com
www.ilpalazzorealeditorino.it
Robert Capa 15 marzo - 14 luglio 2013
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