Serra e Renzetti
Santissimi
Estremamente seri come dei filosofi dell'arte, attenti a qualsiasi sfumatura che costituisce gli esseri viventi, Santissimi indaga la vita e il senso che i viventi hanno di essa. Animali o persone non fa differenza per loro, l'importante è la conoscenza, dalla quale si parte per poi procedere verso la via che dal finito conduce all'indefinito: mostri, incubi, paura, il mistero della vita stessa. Loro sono Antonello Serra e Sara Renzetti, in arte Santissimi, collettivo interessantissimo in cui l'arte non è solo merce, ma un processo di conoscenza.
Fin dalle loro prime sculture/installazioni è chiaro di come il logos filosofico muove il loro processo creativo. Era il 2009 quando presentavano al pubblico la scultura VII Cielo. Costruita in resina, l'opera contempla uno stato di grazia in cui l'uomo e l'ambiente si uniscono al respiro di una realtà più grande. Metafora utile a riflettere sul rapporto tra interno ed esterno, tra vita e il vivere, tra la terra e il cielo, per ri-scoprire come tutto sia in relazione. La vita si pone in divenire e tutto si trasforma, ma a partire dal corpo. Perché è nella materia corpo che si accorda il respiro e si manifesta una realtà complice ed unitaria.
Appare chiaro, dunque, come la corrente filosofica di riferimento sia l'empirismo, inteso come la messa in pratica di ciò che si è appreso. E nel caso specifico dell'Arte, l'artista traduce il pensiero scientifico-filosofico in materia, in un manufatto artistico. Il processo creativo dei Santissimi si avvicina, così, ai canoni della rivelazione, in modo che l'agire corrisponda all'essere agiti, e l'atteso sconfitto dall'inatteso.
E dalle citazioni filosofiche si passa alle citazioni dei grandi del teatro, pensiamo a quanto sia stato fondamentale il pensiero di Antonin Artaud nell'opera Anima Mundi del 2010, in cui si mostravano entro gabbie cilindriche embrioni di vari esseri vertebrati, con l'intento di denunciare la perdita dell'identità. Si esibiva quello che Artaud definiva un "corpo senza organi", un corpo che esula da sé stesso, disorganizzato, in perenne atto di mutamento.
E a questa si lega idealmente l'installazione Natural History del 2011, in cui una certa passione da laboratorio conferma la loro poetica, così come nell'opera dell'anno successivo Je suis mon fils, mon pèere, ma mèere et moi si cerca di dire - insieme a FranKo B e tutti quegli artisti che ne condividono la poetica - siamo tutti fatti di tessuti, sangue, vene, melma, organi, di vita. E così si arriva alla loro ultima fatica, Requiem, in cui non sono più i corpi ad interessare il collettivo ma, piuttosto, il viso. Coacervo di emozioni ed espressioni ed in cui si espleta tanto la vita esteriore quanto quella interiore se poniamo la nostra attenzione agli occhi e alla loro vita fuori dal nostro controllo.
Come in un nuovo impressionismo i Santissimi indagano forma e sostanza di esseri che hanno dimenticato la loro vera natura, vivendo uno sfasamento continuo fra identità soggettiva e collettiva.
Fin dalle loro prime sculture/installazioni è chiaro di come il logos filosofico muove il loro processo creativo. Era il 2009 quando presentavano al pubblico la scultura VII Cielo. Costruita in resina, l'opera contempla uno stato di grazia in cui l'uomo e l'ambiente si uniscono al respiro di una realtà più grande. Metafora utile a riflettere sul rapporto tra interno ed esterno, tra vita e il vivere, tra la terra e il cielo, per ri-scoprire come tutto sia in relazione. La vita si pone in divenire e tutto si trasforma, ma a partire dal corpo. Perché è nella materia corpo che si accorda il respiro e si manifesta una realtà complice ed unitaria.
Appare chiaro, dunque, come la corrente filosofica di riferimento sia l'empirismo, inteso come la messa in pratica di ciò che si è appreso. E nel caso specifico dell'Arte, l'artista traduce il pensiero scientifico-filosofico in materia, in un manufatto artistico. Il processo creativo dei Santissimi si avvicina, così, ai canoni della rivelazione, in modo che l'agire corrisponda all'essere agiti, e l'atteso sconfitto dall'inatteso.
E dalle citazioni filosofiche si passa alle citazioni dei grandi del teatro, pensiamo a quanto sia stato fondamentale il pensiero di Antonin Artaud nell'opera Anima Mundi del 2010, in cui si mostravano entro gabbie cilindriche embrioni di vari esseri vertebrati, con l'intento di denunciare la perdita dell'identità. Si esibiva quello che Artaud definiva un "corpo senza organi", un corpo che esula da sé stesso, disorganizzato, in perenne atto di mutamento.
E a questa si lega idealmente l'installazione Natural History del 2011, in cui una certa passione da laboratorio conferma la loro poetica, così come nell'opera dell'anno successivo Je suis mon fils, mon pèere, ma mèere et moi si cerca di dire - insieme a FranKo B e tutti quegli artisti che ne condividono la poetica - siamo tutti fatti di tessuti, sangue, vene, melma, organi, di vita. E così si arriva alla loro ultima fatica, Requiem, in cui non sono più i corpi ad interessare il collettivo ma, piuttosto, il viso. Coacervo di emozioni ed espressioni ed in cui si espleta tanto la vita esteriore quanto quella interiore se poniamo la nostra attenzione agli occhi e alla loro vita fuori dal nostro controllo.
Come in un nuovo impressionismo i Santissimi indagano forma e sostanza di esseri che hanno dimenticato la loro vera natura, vivendo uno sfasamento continuo fra identità soggettiva e collettiva.
GB
www.santissimi.com