Maniaci D'Amore
sempre uguali a sé stessi
LA CREPANZA chiude Il cielo su Torino.
Con debutto in prima assoluta, dopo Il nostro amore schifo, Biografia della peste e Morsi a vuoto, Luciana Maniaci e Francesco D'Amore, presentano, al Gobetti, la loro "nuova" creazione.
In forma di studio, La Crepanza è un cataclisma benefico, un disastro provvidenziale.
Costretti a confrontarsi col loro essere un uomo e una donna e nient'altro, senza la consolazione della civiltà, senza surrogati di senso a cui aggrapparsi, i due protagonisti danno l'avvio ad un uragano di avvenimenti che li porterà ad essere i soli superstiti in un mondo dopo la fine del mondo. Uno spazio selvaggio e ristretto, circondato dall'acqua e ripiombato in uno stato di natura, in cui lui riscoprirà la fede, lei la nostalgia per le cose materiali.
Nata in seguito a una lunga esperienza di isolamento selvatico e creativo in un piccolo lembo di terra siciliana, la commedia, che risente delle suggestioni scenografiche del Jesus pop dei Babilonia Teatri, ripropone, se pur con parole diverse, ambientazioni modificate, purtroppo, sempre la medesima tipologia di personaggi. Lei la "superficiale" donnetta, lui il nevrotico pensatore. Opponendo, così, due punti di vista differenti nel vedere la vita, le relazioni, che sulla scena paga.
Solo che da Il nostro amore schifo - quindi dal 2012 anno in cui li abbiamo visti ed apprezzati al Teatro Verdi di Milano - proseguendo poi a Torino, con Morsi a vuoto all'interno della vetrina del Festival delle Colline - nel 2014 quando già si presagiva odore si stasi e per questo si era deciso di non scrivere ed aspettare la loro nuova produzione - fino a giungere a La Crepanza, la Compagnia non ha avuto nessuna reale evoluzione. I personaggi sono sempre gli stessi pur nella novità delle scenografie, e i testi nascondono sempre i medesimi drammi: urgenza di uccidere l'io, la consapevolezza che niente basti, la contemporanea indecisione perenne mista all'impossibilità di sapere cosa si vuole. Insomma i soliti topoi novecenteschi, ancora a torto, perpetrati nel nuovo millennio. E siamo già nel 2016 e questo significa che umanamente i giovani, nel guardare la realtà, ne sono vittime e, che il teatro funge solo da mero specchio della società.
Invece il teatro deve essere un killer, come lo vuole l'Io, Nessuno e Polifemo della Dante, distruttore e creatore al contempo. Insomma la messa in discussione va benissimo ed è pregevole, così come il prendere coscienza di un'umanità frammentata, ma il teatro, l'arte e la sensibilità degli artisti hanno ancora la possibilità di vagliare soluzioni, di creare nuovi mondi. Insomma se La Crepanza è uno studio, ci auguriamo che il duo si confronti con altre tipologie di personaggi, sviscerando cioè le loro possibilità come attori.
Con debutto in prima assoluta, dopo Il nostro amore schifo, Biografia della peste e Morsi a vuoto, Luciana Maniaci e Francesco D'Amore, presentano, al Gobetti, la loro "nuova" creazione.
In forma di studio, La Crepanza è un cataclisma benefico, un disastro provvidenziale.
Costretti a confrontarsi col loro essere un uomo e una donna e nient'altro, senza la consolazione della civiltà, senza surrogati di senso a cui aggrapparsi, i due protagonisti danno l'avvio ad un uragano di avvenimenti che li porterà ad essere i soli superstiti in un mondo dopo la fine del mondo. Uno spazio selvaggio e ristretto, circondato dall'acqua e ripiombato in uno stato di natura, in cui lui riscoprirà la fede, lei la nostalgia per le cose materiali.
Nata in seguito a una lunga esperienza di isolamento selvatico e creativo in un piccolo lembo di terra siciliana, la commedia, che risente delle suggestioni scenografiche del Jesus pop dei Babilonia Teatri, ripropone, se pur con parole diverse, ambientazioni modificate, purtroppo, sempre la medesima tipologia di personaggi. Lei la "superficiale" donnetta, lui il nevrotico pensatore. Opponendo, così, due punti di vista differenti nel vedere la vita, le relazioni, che sulla scena paga.
Solo che da Il nostro amore schifo - quindi dal 2012 anno in cui li abbiamo visti ed apprezzati al Teatro Verdi di Milano - proseguendo poi a Torino, con Morsi a vuoto all'interno della vetrina del Festival delle Colline - nel 2014 quando già si presagiva odore si stasi e per questo si era deciso di non scrivere ed aspettare la loro nuova produzione - fino a giungere a La Crepanza, la Compagnia non ha avuto nessuna reale evoluzione. I personaggi sono sempre gli stessi pur nella novità delle scenografie, e i testi nascondono sempre i medesimi drammi: urgenza di uccidere l'io, la consapevolezza che niente basti, la contemporanea indecisione perenne mista all'impossibilità di sapere cosa si vuole. Insomma i soliti topoi novecenteschi, ancora a torto, perpetrati nel nuovo millennio. E siamo già nel 2016 e questo significa che umanamente i giovani, nel guardare la realtà, ne sono vittime e, che il teatro funge solo da mero specchio della società.
Invece il teatro deve essere un killer, come lo vuole l'Io, Nessuno e Polifemo della Dante, distruttore e creatore al contempo. Insomma la messa in discussione va benissimo ed è pregevole, così come il prendere coscienza di un'umanità frammentata, ma il teatro, l'arte e la sensibilità degli artisti hanno ancora la possibilità di vagliare soluzioni, di creare nuovi mondi. Insomma se La Crepanza è uno studio, ci auguriamo che il duo si confronti con altre tipologie di personaggi, sviscerando cioè le loro possibilità come attori.
gb
Il cielo su Torino/STT
LA CREPANZA (Uno studio)
di e con Luciana Maniaci e Francesco d'Amore
regia Filippo Renda
scene e costumi Eleonora Rossi
musiche originali Fabio Barovero
Maniaci d'Amore Teatro
www.maniacidamore.wix.com
LA CREPANZA (Uno studio)
di e con Luciana Maniaci e Francesco d'Amore
regia Filippo Renda
scene e costumi Eleonora Rossi
musiche originali Fabio Barovero
Maniaci d'Amore Teatro
www.maniacidamore.wix.com