Rubens a Villa Olmo
Il Re del barocco fiammingo
Dopo la presentazione di autori ottocenteschi e novecenteschi, la programmazione espositiva di Villa Olmo rende omaggio al più grande artista fiammingo del periodo barocco. Non solo un artista geniale e capace di assorbire tutti gli stimoli, ma uomo colto, eclettico, costruttore della sua fortuna. Già dal XVI secolo la riflessione sullo status dell'artista andava delineandosi contrapponendo la vita attiva alla vita passiva, il genio di Rubens le esemplifica, sintetizzandole, entrambe attraverso la sua attività di pittore e la sua carriera diplomatica. Dentro la cultura del suo tempo, quasi a formarne un archetipo, Rubens diede vita alla più grande bottega di Anversa, alla quale molti degli artisti del tempo collaboravano, fra cui alcuni esposti in mostra come Anton Van Dyck e Jacob Jordaens.
Gli anni in cui opera Pieter Paul Rubens sono quelli a cavallo fra XVI e XVII secolo, anni in cui insieme alle istanze barocche di bizzarie dinamiche e dissolvenza delle forme, convivevamo i dettami post tridentini di decoro e semplificazione nella rappresentazione. Entrambe le correnti vedevano il loro campo di battaglia nella penisola italica, punto di arrivo o di partenza con cui ogni artista doveva confrontarsi. E Rubens accettò la sfida. Prima, nel 1600, fu la volta di Venezia, con la scoperta del colorismo veneto attraverso le opere di Tiziano, Veronese e Tintoretto. Un anno dopo a Roma, oltre allo studio dell'antico, a fare delle copie/studio da Raffaello e Michelangelo, potè scoprire le opere contemporanee di artisti quali Caracci, Caravaggio (di cui si occupò della compravendita di due opere) e diFederico Barrocci. Durato otto anni il suo soggiorno italiano condizionò il suo fare pittorico creando un linguaggio sintetico fra colore veneto, contrasto luministico controriformato e composizione classicheggianti fra Antico e Rinascimento.
Delle opere di questo periodo un'assoluta rarità fra le opere esposte a Villa Olmo è Il giudizio di Paride (1605-1608), una delle sole quattro opere che l'artista realizza su tavola di rame, uno dei più incantevoli “poemi” pittorici dipinti da Rubens. La Circoncisione di Cristo, del 1605, risponde poi a precise indicazioni iconografiche dettate dalla Controriforma di espressione chiara ed immediata di partecipazione al sentimento religioso. Lotta per lo stendardo (La Battaglia di Anghiari), del 1605 circa, si riferisce alla Battaglia di Anghiari, un'opera di Leonardo divulgata in Europa tramite un'incisione di Lorenzo Zacchia. È forse però la Madonna della Valicella adorata dagli Angeli, del 1608 la commessa di maggior prestigio che l'artista ricevette in Italia. Nell'operaRubens propone una revisione della scena dando maggiore enfasi alla immagine miracolosa della Vergine circondandola con cornici di angeli.
Tornato ad Anversa l'esperienza italiana in un primo tempo condurrà il suo stile verso composizioni caratterizzate da contrasti luministici molto accentuati, di parziale ascendenza caravaggesca, con figure michelangiolesche. Sarà a partire dal 1612 che le sue composizioni diverranno più chiare e vicine a toni cromatici più freddi, con un equilibrio più marcato e una scansione maggiormente simmetrica dei personaggi, distribuiti in modo più armonioso e dotati di un forte risalto plastico sull'esempio delle statue ellenistiche che Rubens aveva copiato a Roma come è il caso di Borea rapisce Orizia (1615), vigoroso capolavoro e immagine guida della mostra rubensiana di Como, in cui il corpo di Orizia, come quello di tutte le figure femminili di Rubens, è reso con un incarnato talmente realistico e vivo da far domandare al pittore italiano Guido Reni: “Ma questo pittore mescola il sangue ai colori?”.
Particolarmente significative sono le due grandi tele che raffigurano Vittoria e Virtù e Il trofeo di armi, appartenenti al ciclo che Rubens dedicò al personaggio romano Publio Decio Mure (1616-1617), un console che prontamente sacrifica se stesso. Di notevole valore storico, oltre che artistico, la serie dei piccoli oli su tavola di soggetto sacro, dipinti da Rubens come modelli preparatori per i 39 dipinti commissionatigli nel 1620 per i soffitti della chiesa dei Gesuiti di Anversa intitolata a Sant'Ignazio, perduti in un incendio. In questi preziosi lavori preparatori sopravvissuti è possibile incontrare più che mai la mano autografa dell'artista, che realizzava personalmente i bozzetti affidandosi poi alla collaborazione della bottega per il perfezionamento dell'opera finale. Le Tre Grazie (1620-1624) sono il vero manifesto dell'ideale bellezza femminile del tempo e che Rubens rappresenta sul modello del gruppo scultoreo ellenistico ritrovato a Roma nel XV secolo con i fiori dipinti da Brueghel.
Attraverso 25 capolavori provenienti dalla Gemäldegalerie dell'Accademia di Belle Arti, dal Liechtenstein Museum e dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, la mostra permette di conoscere da vicino i temi caratteristici della pittura di Rubens, come i soggetti sacri, i riferimenti alla storia e al mito. In un percorso espositivo che parte dalla contestualizzazione storica con autori fiamminghi in cui spiccano le scene di genere e la pedissequa mania peri particolari, fino a sviscerarne la vita e lo stile con il punto massimo nel video dedicato all'artista in cui coerente ed esaustivo appare il lavoro di ricerca dei due curatori Sergio Gaddi e Renate Trnek, direttrice gemaldegalerie dell'Accademia di belle arti di vienna.
Accompagnano i dipinti del maestro di Anversa esposte a Villa Olmo 40 opere di pittori fiamminghi del Seicento tra i quali Anton Van Dyck, Jacob Jordaens, Gaspar de Crayer, Pieter Boel, Cornelis de Vos, Theodor Thulden. Fino al 25 Luglio, con eventi correlati fra musica, poesie e teatro.
Gli anni in cui opera Pieter Paul Rubens sono quelli a cavallo fra XVI e XVII secolo, anni in cui insieme alle istanze barocche di bizzarie dinamiche e dissolvenza delle forme, convivevamo i dettami post tridentini di decoro e semplificazione nella rappresentazione. Entrambe le correnti vedevano il loro campo di battaglia nella penisola italica, punto di arrivo o di partenza con cui ogni artista doveva confrontarsi. E Rubens accettò la sfida. Prima, nel 1600, fu la volta di Venezia, con la scoperta del colorismo veneto attraverso le opere di Tiziano, Veronese e Tintoretto. Un anno dopo a Roma, oltre allo studio dell'antico, a fare delle copie/studio da Raffaello e Michelangelo, potè scoprire le opere contemporanee di artisti quali Caracci, Caravaggio (di cui si occupò della compravendita di due opere) e diFederico Barrocci. Durato otto anni il suo soggiorno italiano condizionò il suo fare pittorico creando un linguaggio sintetico fra colore veneto, contrasto luministico controriformato e composizione classicheggianti fra Antico e Rinascimento.
Delle opere di questo periodo un'assoluta rarità fra le opere esposte a Villa Olmo è Il giudizio di Paride (1605-1608), una delle sole quattro opere che l'artista realizza su tavola di rame, uno dei più incantevoli “poemi” pittorici dipinti da Rubens. La Circoncisione di Cristo, del 1605, risponde poi a precise indicazioni iconografiche dettate dalla Controriforma di espressione chiara ed immediata di partecipazione al sentimento religioso. Lotta per lo stendardo (La Battaglia di Anghiari), del 1605 circa, si riferisce alla Battaglia di Anghiari, un'opera di Leonardo divulgata in Europa tramite un'incisione di Lorenzo Zacchia. È forse però la Madonna della Valicella adorata dagli Angeli, del 1608 la commessa di maggior prestigio che l'artista ricevette in Italia. Nell'operaRubens propone una revisione della scena dando maggiore enfasi alla immagine miracolosa della Vergine circondandola con cornici di angeli.
Tornato ad Anversa l'esperienza italiana in un primo tempo condurrà il suo stile verso composizioni caratterizzate da contrasti luministici molto accentuati, di parziale ascendenza caravaggesca, con figure michelangiolesche. Sarà a partire dal 1612 che le sue composizioni diverranno più chiare e vicine a toni cromatici più freddi, con un equilibrio più marcato e una scansione maggiormente simmetrica dei personaggi, distribuiti in modo più armonioso e dotati di un forte risalto plastico sull'esempio delle statue ellenistiche che Rubens aveva copiato a Roma come è il caso di Borea rapisce Orizia (1615), vigoroso capolavoro e immagine guida della mostra rubensiana di Como, in cui il corpo di Orizia, come quello di tutte le figure femminili di Rubens, è reso con un incarnato talmente realistico e vivo da far domandare al pittore italiano Guido Reni: “Ma questo pittore mescola il sangue ai colori?”.
Particolarmente significative sono le due grandi tele che raffigurano Vittoria e Virtù e Il trofeo di armi, appartenenti al ciclo che Rubens dedicò al personaggio romano Publio Decio Mure (1616-1617), un console che prontamente sacrifica se stesso. Di notevole valore storico, oltre che artistico, la serie dei piccoli oli su tavola di soggetto sacro, dipinti da Rubens come modelli preparatori per i 39 dipinti commissionatigli nel 1620 per i soffitti della chiesa dei Gesuiti di Anversa intitolata a Sant'Ignazio, perduti in un incendio. In questi preziosi lavori preparatori sopravvissuti è possibile incontrare più che mai la mano autografa dell'artista, che realizzava personalmente i bozzetti affidandosi poi alla collaborazione della bottega per il perfezionamento dell'opera finale. Le Tre Grazie (1620-1624) sono il vero manifesto dell'ideale bellezza femminile del tempo e che Rubens rappresenta sul modello del gruppo scultoreo ellenistico ritrovato a Roma nel XV secolo con i fiori dipinti da Brueghel.
Attraverso 25 capolavori provenienti dalla Gemäldegalerie dell'Accademia di Belle Arti, dal Liechtenstein Museum e dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, la mostra permette di conoscere da vicino i temi caratteristici della pittura di Rubens, come i soggetti sacri, i riferimenti alla storia e al mito. In un percorso espositivo che parte dalla contestualizzazione storica con autori fiamminghi in cui spiccano le scene di genere e la pedissequa mania peri particolari, fino a sviscerarne la vita e lo stile con il punto massimo nel video dedicato all'artista in cui coerente ed esaustivo appare il lavoro di ricerca dei due curatori Sergio Gaddi e Renate Trnek, direttrice gemaldegalerie dell'Accademia di belle arti di vienna.
Accompagnano i dipinti del maestro di Anversa esposte a Villa Olmo 40 opere di pittori fiamminghi del Seicento tra i quali Anton Van Dyck, Jacob Jordaens, Gaspar de Crayer, Pieter Boel, Cornelis de Vos, Theodor Thulden. Fino al 25 Luglio, con eventi correlati fra musica, poesie e teatro.
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VILLA OLMO - COMO
Rubens e i fiamminghi
www.grandimostrecomo.it
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