Il Trionfo del Dio Denaro
Apollo vs Plutone e il match lo vince vergogna
Dopo Il Divorzio di Vittorio Alfieri, secondo episodio di un progetto registico sulla rilettura critica dei grandi classici, con Il Trionfo del Dio Denaro da Marivaux - uno dei più raffinati drammaturghi francesi di tutti i tempi - al Teatro Astra una riflessione civile per un paese troppo affannosamente confuso nella propria contemporaneità.
Marivaux e il Teatro francese del Settecento
Durante il regno di Luigi XV, Parigi - al di fuori delle manifestazioni fieristiche e dei teatri musicali quali l'Opéra e l'Opéra-comique - aveva solo due teatri, la Comédie Française et la Comédie Italienne. Marivaux, in questo periodo, distribuisce la sua produzione tra i due teatri, le cui opere, a seconda del teatro a cui erano destinante, differivano su alcuni punti. Successivamente, sotto il regno di Luigi XIV, le Théâtre Français vietò la danza e la musica, tanto cheMolière e Lully dovettero mettere in scena versioni mutilate delle loro pièce. Al contrario nel Théâtre Italien, sotto l'influenza di Madame de Maintenon, aldilà del divieto di rappresentare opere in lingua italiana, si esibivano spettacoli dallo stile teatrale derivato dalla commedia dell'arte, in cui musica e danza trovavano spazio e la cui importanza, nel 1762, portò alla fusione del Théâtre Italien et de l'Opéra-comique. E' lì, nel Théâtre Italien, che il 22 aprile del 1728 Marivaux mise in scena per la prima voltaLe Triomphe de Plutus, dal quale la versione di Beppe Navello è tratta.
Marivaux, che nella sue opere volle staccarsi dal teatro di Molière, trattò l'amore non come il tema necessario all'intrigo, ma da protagonista assoluto, analizzandolo. Possiamo definire Marivaux come il poeta dell'amore nascente, il cantore dei turbamenti dell'animo. Nel complesso Marivaux è un moralista, una specie di Teofrasto moderno, dietro il grande esempio di La Bruyère e di altri osservatori del cuore umano, ad esempio come Beaumarchais, dal quale si discosta per il suo stile meno diretto, più sottile insomma. Non apprezzatissimo nel suo tempo il "Trionfo di Plutone", come indicato dalle cronache del Théâtre Italien del 1728, fu rappresentato una trentina di volte nei tre anni successivi, per scomparire, poi, completamente dai palinsesti teatrali, fino al recupero nel 2005, da parte della Compagnie de la Pleiade al Théâtre du Nord-Ouest, Parigi.
Navello e il parto durato quindici anni
Un Cammino lungo e complesso, scandito da ricorrenti laboratori sul testo è stato l'approdo a Il Trionfo del Dio Denaro. Da sempre uno dei suoi amori teatrali. "La prima stesura di questa traduzione risale al 1997-98, racconta il regista, al tempo di un mio soggiorno in Francia, per la creazione di Le cercle de craie caucasien di Brecht, quando mi ero portato dietro, tra i vari libri, il Théâtre complet di Marivaux nell'edizione della Pléiade. Nonostante la volontà di proporre, per la messa in scena, altre opere di Marivaux come La seconde surprise de l'amour o La mère confidente, il regista trovava sempre riscontri negativi in quanto l'autore lo si considerava troppo rarefatto per i gusti italiani, troppo intellettuale. E i suoi conflitti amorosi non avrebbero interessato una società come la nostra dove i rapporti personali erano complicati da altre difficoltà di comunicazione.
Non solo porte chiuse, ma Navello scoprì, suo malgrado, che soltanto le opere più note di Marivaux erano tradotte in italiano (La doppia incostanza, Il gioco dell'amore e del caso, Il trionfo dell'amore, La disputa, La falsa serva, poi L'isola degli schiavi in occasione dell'allestimento strehleriano del 1994), e nell'impossibilità di chiedere a studiosi di cultura francese, una traduzione priva della prospettiva certa di un utilizzo sul mercato, tradusse lui stesso Il trionfo.
Leggendolo si accorse che Il Trionfo era una "favola morale di straordinaria, esemplare efficacia nel rappresentare in modo fulmineo la capacità corruttiva del denaro e, come succede spesso ai grandi classici, nel far traspirare dalle parole un'aria di sempiterna contemporaneità". "Forse perché mi ero portato dall'Italia – ci dice Navello - la sensazione scomoda di una società confusa e irrequieta nell'ansia di rivoltare i tradizionali valori condivisi di convivenza nazionale; forse perché mi sembrava che tutto venisse messo in discussione in nome di un nuovo, facile ideale riassumibile nella formula magica "ricchi subito"; forse perché diffidavo dei profeti troppo simpatici, troppo seducenti, troppo fortunati (ed era, ripeto, soltanto il 1997-1998!); forse per tutto questo insomma, mi è sembrata irresistibile e ho deciso che bisognava portarla in scena, soprattutto in Italia.
E nonostante il debutto del 31 gennaio, non sento - continua - questa traduzione come un atto definitivo di conquista filologica, anche se mi sono divertito a metterci tutta la passione che quel genere di attività mi ha sempre richiesto ma piuttosto come un copione per il palcoscenico, costruito con gli attori e con i musicisti. Un documento provvisorio dunque.
Marivaux all'Astra
Vincente il rischio di Navello e dei suoi collaboratori di mettere in scena, per la prima volta in Italia, Il Trionfo, non solo per l'attualità delle tematiche trattate, che oggi più che mai si fanno importanti nel massimo sviluppo di una società mediocre e capitalista, ma per la decisione di veicolare una riflessione umana, sociale e politica, con la "leggerezza" di una fiaba. Un unico atto che porta negli spazi dell'Astra l'aria settecentesca attualizzandola nel linguaggio, ma intrisa della volontà filologia della sua messa in scena. Una scenografia che conserva il potere della sorpresa dei divertissement del XVIII secolo, confermata nella scelta dei costumi. Non solo prova attoriale per i bravissimi interpreti, ma capacità vocali e "danzerecce", quest'ultime a cura di Paolo Mohovich. E se siamo abituati ad assistere alle opere, sempre lunghe ed estenuanti, nella resistenza che richiedono al pubblico, Il Trionfo è una perfetta via di mezzo in cui la cultura alta si sposa perfettamente con quella bassa.
Marivaux e il Teatro francese del Settecento
Durante il regno di Luigi XV, Parigi - al di fuori delle manifestazioni fieristiche e dei teatri musicali quali l'Opéra e l'Opéra-comique - aveva solo due teatri, la Comédie Française et la Comédie Italienne. Marivaux, in questo periodo, distribuisce la sua produzione tra i due teatri, le cui opere, a seconda del teatro a cui erano destinante, differivano su alcuni punti. Successivamente, sotto il regno di Luigi XIV, le Théâtre Français vietò la danza e la musica, tanto cheMolière e Lully dovettero mettere in scena versioni mutilate delle loro pièce. Al contrario nel Théâtre Italien, sotto l'influenza di Madame de Maintenon, aldilà del divieto di rappresentare opere in lingua italiana, si esibivano spettacoli dallo stile teatrale derivato dalla commedia dell'arte, in cui musica e danza trovavano spazio e la cui importanza, nel 1762, portò alla fusione del Théâtre Italien et de l'Opéra-comique. E' lì, nel Théâtre Italien, che il 22 aprile del 1728 Marivaux mise in scena per la prima voltaLe Triomphe de Plutus, dal quale la versione di Beppe Navello è tratta.
Marivaux, che nella sue opere volle staccarsi dal teatro di Molière, trattò l'amore non come il tema necessario all'intrigo, ma da protagonista assoluto, analizzandolo. Possiamo definire Marivaux come il poeta dell'amore nascente, il cantore dei turbamenti dell'animo. Nel complesso Marivaux è un moralista, una specie di Teofrasto moderno, dietro il grande esempio di La Bruyère e di altri osservatori del cuore umano, ad esempio come Beaumarchais, dal quale si discosta per il suo stile meno diretto, più sottile insomma. Non apprezzatissimo nel suo tempo il "Trionfo di Plutone", come indicato dalle cronache del Théâtre Italien del 1728, fu rappresentato una trentina di volte nei tre anni successivi, per scomparire, poi, completamente dai palinsesti teatrali, fino al recupero nel 2005, da parte della Compagnie de la Pleiade al Théâtre du Nord-Ouest, Parigi.
Navello e il parto durato quindici anni
Un Cammino lungo e complesso, scandito da ricorrenti laboratori sul testo è stato l'approdo a Il Trionfo del Dio Denaro. Da sempre uno dei suoi amori teatrali. "La prima stesura di questa traduzione risale al 1997-98, racconta il regista, al tempo di un mio soggiorno in Francia, per la creazione di Le cercle de craie caucasien di Brecht, quando mi ero portato dietro, tra i vari libri, il Théâtre complet di Marivaux nell'edizione della Pléiade. Nonostante la volontà di proporre, per la messa in scena, altre opere di Marivaux come La seconde surprise de l'amour o La mère confidente, il regista trovava sempre riscontri negativi in quanto l'autore lo si considerava troppo rarefatto per i gusti italiani, troppo intellettuale. E i suoi conflitti amorosi non avrebbero interessato una società come la nostra dove i rapporti personali erano complicati da altre difficoltà di comunicazione.
Non solo porte chiuse, ma Navello scoprì, suo malgrado, che soltanto le opere più note di Marivaux erano tradotte in italiano (La doppia incostanza, Il gioco dell'amore e del caso, Il trionfo dell'amore, La disputa, La falsa serva, poi L'isola degli schiavi in occasione dell'allestimento strehleriano del 1994), e nell'impossibilità di chiedere a studiosi di cultura francese, una traduzione priva della prospettiva certa di un utilizzo sul mercato, tradusse lui stesso Il trionfo.
Leggendolo si accorse che Il Trionfo era una "favola morale di straordinaria, esemplare efficacia nel rappresentare in modo fulmineo la capacità corruttiva del denaro e, come succede spesso ai grandi classici, nel far traspirare dalle parole un'aria di sempiterna contemporaneità". "Forse perché mi ero portato dall'Italia – ci dice Navello - la sensazione scomoda di una società confusa e irrequieta nell'ansia di rivoltare i tradizionali valori condivisi di convivenza nazionale; forse perché mi sembrava che tutto venisse messo in discussione in nome di un nuovo, facile ideale riassumibile nella formula magica "ricchi subito"; forse perché diffidavo dei profeti troppo simpatici, troppo seducenti, troppo fortunati (ed era, ripeto, soltanto il 1997-1998!); forse per tutto questo insomma, mi è sembrata irresistibile e ho deciso che bisognava portarla in scena, soprattutto in Italia.
E nonostante il debutto del 31 gennaio, non sento - continua - questa traduzione come un atto definitivo di conquista filologica, anche se mi sono divertito a metterci tutta la passione che quel genere di attività mi ha sempre richiesto ma piuttosto come un copione per il palcoscenico, costruito con gli attori e con i musicisti. Un documento provvisorio dunque.
Marivaux all'Astra
Vincente il rischio di Navello e dei suoi collaboratori di mettere in scena, per la prima volta in Italia, Il Trionfo, non solo per l'attualità delle tematiche trattate, che oggi più che mai si fanno importanti nel massimo sviluppo di una società mediocre e capitalista, ma per la decisione di veicolare una riflessione umana, sociale e politica, con la "leggerezza" di una fiaba. Un unico atto che porta negli spazi dell'Astra l'aria settecentesca attualizzandola nel linguaggio, ma intrisa della volontà filologia della sua messa in scena. Una scenografia che conserva il potere della sorpresa dei divertissement del XVIII secolo, confermata nella scelta dei costumi. Non solo prova attoriale per i bravissimi interpreti, ma capacità vocali e "danzerecce", quest'ultime a cura di Paolo Mohovich. E se siamo abituati ad assistere alle opere, sempre lunghe ed estenuanti, nella resistenza che richiedono al pubblico, Il Trionfo è una perfetta via di mezzo in cui la cultura alta si sposa perfettamente con quella bassa.
gb
Teatro Astra
Il Trionfo del Dio Denaro
di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux
regia di Beppe Navello
con Daria Pascal Attolini, Diego Casalis, Riccardo De Leo, Eleni Molos, Stefano Moretti, Alberto Onofrietti, Camillo Rossi Barattini
musiche eseguite dal vivo da Cristiana Arcari (soprano), Andrea Bianchi (piano), Diego Losero (clarinetto), Andrea Maffolini (violino)
musiche Germano Mazzocchetti
scene Francesco Fassone
costumi Augusta Tibaldeschi
coreografie Paolo Mohovich
luci Marco Burgher
Il Trionfo del Dio Denaro
di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux
regia di Beppe Navello
con Daria Pascal Attolini, Diego Casalis, Riccardo De Leo, Eleni Molos, Stefano Moretti, Alberto Onofrietti, Camillo Rossi Barattini
musiche eseguite dal vivo da Cristiana Arcari (soprano), Andrea Bianchi (piano), Diego Losero (clarinetto), Andrea Maffolini (violino)
musiche Germano Mazzocchetti
scene Francesco Fassone
costumi Augusta Tibaldeschi
coreografie Paolo Mohovich
luci Marco Burgher