Werner Bischof
L'anima negli occhi
Dopo Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, a Palazzo Reale un altro grande maestro della fotografia. Organizzata dalla casa editrice d'arte Silvana Editoriale in collaborazione con l'agenzia fotografica Magnum Photos e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, la mostra è l'occasione per far conoscere a un vasto pubblico un artista dalla carriera fulminea: Werner Bischof. Una carriera breve, sì, ma non tanto da non lasciare il segno. A parlare di lui è il figlio Marco: racconta le sue assenze, gli amici, i pochi ricordi. La vita di un padre che dal professionale giunge al personale, tracciando così le direttrici di un uomo sensibile al suo tempo, di un artista dai tratti empaticamente universali.
Detesta gli scoop, non gli interessa fare del sensazionalismo. Si è sempre sentito stretto nei panni del fotoreporter. È interessato, piuttosto, a quanto sta alle spalle dell'ufficialità proposta. Gli piace fotografare le persone nel loro habitat, coglierle in tutta la loro multiforme umanità.
Werner Bischof è un uomo complesso, fotografo, intellettuale, artista, sempre alla ricerca del senso profondo delle cose. Nel 1949 entra a fare parte di Magnum, l'agenzia fondata due anni prima da Capa, Cartier Bresson, Chim e Rodger proprio per reclamare l'indipendenza intellettuale ed economica dei fotografi rispetto al potere invasivo dell'informazione. Indipendenza che sta particolarmente a cuore a Bischof rispetto a un sistema che lui stesso definisce "tritasassi" , teso cioè a macinare immagini su immagini, giorno dopo giorno.
"Davvero io non sono un fotogiornalista. Purtroppo non ho alcun potere contro questi grandi giornali, non posso nulla, è come se prostituissi il mio lavoro e ne ho davvero abbastanza. Nel profondo del mio cuore io sono sempre – e sempre sarò – un artista".
In pochi anni visita il Giappone, Hong Kong, la Cina e la Corea e nonostante sia profondamente colpito dalla povertà della popolazione e dalle condizioni estreme di vita in quelle regioni, Bischof riesce a mantenere intatta la sua sensibilità per la perfezione tecnica, utilizzando la luce come elemento creativo e realizzando delle immagini potenti e di grande impatto visivo.
Fondamnetali le regole dell'amico Henri Cartier Bresson: "Un fotografo deve sempre lavorare avendo il massimo rispetto per il soggetto che ha di fronte, senza mai smarrire il proprio punto di vista". Bischof, da questo punto di vista è uomo coerente, integro, carico di valori etici ed infatti i suoi scatti colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza, per l'empatia e l'umanità che riescono a comunicare.
Il percorso espositivo si compone di 105 fotografie in bianco e nero, divise in 7 sezioni (Zurich 1945, Europe after the war 1945-1950, Japan 1951-1952, Korea 1951-1952, Hong Kong/Indochina 1951-1952, India 1951-1952, North/South America 1953-1954) che illustrano l'intensa e fulminea carriera del fotografo svizzero.
Biografia
Werner Bischof nasce a Zurigo nel 1916; all'età di 16 anni inizia a frequentare la scuola d'arte della città dove entra in contatto con il fotografo Hans Finsler, legato alla corrente della Nuova Oggettività.
Dopo solo quattro anni apre il proprio studio, dedicandosi inizialmente alla fotografia realistica e di moda con collaborazioni eccellenti per riviste come "Life"e "Vogue", dimostrando da subito una grande capacità tecnica e un'accurata ricerca della perfezione formale.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nell'autunno del '45, intraprende un viaggio nell'Europa devastata dal conflitto: attraversa la Germania, la Francia e l'Olanda rimanendone profondamente segnato, tanto da abbandonare la fotografia patinata per dedicarsi interamente al fotogiornalismo e all'osservazione documentaristica della realtà. Nel 1949 entra a far parte a far parte dell'appena nata agenzia Magnum Photos, per la quale lavora in qualità di fotoreporter in giro per il mondo. Nel 1951 arriva finalmente a riscuotere il suo primo successo internazionale con il reportage sulla carestia nella regione indiana del Bihar, per conto della rivista americana "Vogue". A soli 38 anni, nel 1954, perde la vita in un incidente automobilistico sulle Ande peruviane.
Detesta gli scoop, non gli interessa fare del sensazionalismo. Si è sempre sentito stretto nei panni del fotoreporter. È interessato, piuttosto, a quanto sta alle spalle dell'ufficialità proposta. Gli piace fotografare le persone nel loro habitat, coglierle in tutta la loro multiforme umanità.
Werner Bischof è un uomo complesso, fotografo, intellettuale, artista, sempre alla ricerca del senso profondo delle cose. Nel 1949 entra a fare parte di Magnum, l'agenzia fondata due anni prima da Capa, Cartier Bresson, Chim e Rodger proprio per reclamare l'indipendenza intellettuale ed economica dei fotografi rispetto al potere invasivo dell'informazione. Indipendenza che sta particolarmente a cuore a Bischof rispetto a un sistema che lui stesso definisce "tritasassi" , teso cioè a macinare immagini su immagini, giorno dopo giorno.
"Davvero io non sono un fotogiornalista. Purtroppo non ho alcun potere contro questi grandi giornali, non posso nulla, è come se prostituissi il mio lavoro e ne ho davvero abbastanza. Nel profondo del mio cuore io sono sempre – e sempre sarò – un artista".
In pochi anni visita il Giappone, Hong Kong, la Cina e la Corea e nonostante sia profondamente colpito dalla povertà della popolazione e dalle condizioni estreme di vita in quelle regioni, Bischof riesce a mantenere intatta la sua sensibilità per la perfezione tecnica, utilizzando la luce come elemento creativo e realizzando delle immagini potenti e di grande impatto visivo.
Fondamnetali le regole dell'amico Henri Cartier Bresson: "Un fotografo deve sempre lavorare avendo il massimo rispetto per il soggetto che ha di fronte, senza mai smarrire il proprio punto di vista". Bischof, da questo punto di vista è uomo coerente, integro, carico di valori etici ed infatti i suoi scatti colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza, per l'empatia e l'umanità che riescono a comunicare.
Il percorso espositivo si compone di 105 fotografie in bianco e nero, divise in 7 sezioni (Zurich 1945, Europe after the war 1945-1950, Japan 1951-1952, Korea 1951-1952, Hong Kong/Indochina 1951-1952, India 1951-1952, North/South America 1953-1954) che illustrano l'intensa e fulminea carriera del fotografo svizzero.
Biografia
Werner Bischof nasce a Zurigo nel 1916; all'età di 16 anni inizia a frequentare la scuola d'arte della città dove entra in contatto con il fotografo Hans Finsler, legato alla corrente della Nuova Oggettività.
Dopo solo quattro anni apre il proprio studio, dedicandosi inizialmente alla fotografia realistica e di moda con collaborazioni eccellenti per riviste come "Life"e "Vogue", dimostrando da subito una grande capacità tecnica e un'accurata ricerca della perfezione formale.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nell'autunno del '45, intraprende un viaggio nell'Europa devastata dal conflitto: attraversa la Germania, la Francia e l'Olanda rimanendone profondamente segnato, tanto da abbandonare la fotografia patinata per dedicarsi interamente al fotogiornalismo e all'osservazione documentaristica della realtà. Nel 1949 entra a far parte a far parte dell'appena nata agenzia Magnum Photos, per la quale lavora in qualità di fotoreporter in giro per il mondo. Nel 1951 arriva finalmente a riscuotere il suo primo successo internazionale con il reportage sulla carestia nella regione indiana del Bihar, per conto della rivista americana "Vogue". A soli 38 anni, nel 1954, perde la vita in un incidente automobilistico sulle Ande peruviane.
GB
Palazzo Reale
WERNER BISCHOF - RETROSPETTIVA
Fino al 16 febbraio 2014
www.wernerbischof.com
www.magnumphoto.com
www.ilpalazzorealeditorino.it
WERNER BISCHOF - RETROSPETTIVA
Fino al 16 febbraio 2014
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