Svegliamoci dal sonno
Sanpapiè allo Spazio Mil
Nell’ambito della rassegna Non è un Paese per Vecchi promossa da Progetto Pul, Compagnie in Residenza, la compagnia Sanpapiè presenta Come una piuma sul pelo dell’acqua, la nuova produzione in scena allo Spazio Mil di Sesto San Giovanni, fino al 24 febbraio.
Uno spettacolo che, partendo dalla drammaturgia di Sarah Chiarcos e da uno studio attento del fisico e dei suoi movimenti, indaga la condizione dei corpi di oggi, contenitori pieni di niente, svuotati. “Tabula rasa elettrificata” come direbbe il leader dei Csi.
Sul palco, con Francesco Pacelli, c'è Lara Guidetti. Il suo elegante e affascinante corpo, con quel nevrotico muoversi e cercare, con quelle linee che tendono inevitabilmente verso la ricerca di qualcosa di alto, fa da contraltare alle posture sempre curve e corrucciate del Pacelli che è inevitabilmente dà la sensazione di essere proiettato verso il basso. Si crea così visivamente, divenendone una metafora, quel sistema di forze che, contemporaneamente, spingono verso il basso e verso l'alto. E la mancanza forse di un equilibrio - nella coreografia i due paiono inseguirsi, sovrapporsi, scontrarsi, ma mai dialogare – conduce allo smarrimento. Usciamo anche noi con Dante dalla selva oscura della mediocrità, Svegliamoci! Diveniamo più consistenti di una piuma, che poggiata sul pelo dell'acqua, può essere “gestita” dal vento.
Da dove è partita l'idea, lo spunto?
Il lavoro è nato in parte durante le due settimane di residenza al Dance Base di Edimburgo, in Scozia. Si è poi sviluppato in poco più di venti giorni qui a Milano in quello che poi e' diventato “Come una piuma sul pelo dell'acqua”.
E il messaggio?
“Come una piuma sul pelo dell'acqua” e' stato sin dall'inizio, per tutta la compagnia, un voler andare a fondo nel trovare il modo giusto di raccontare una sensazione, più che un tema, una storia, un personaggio. In quanto la sensazione che ci accomuna tutti, dagli ultimi anni, è proprio questo senso di Impotenza, di indolenza, di svuotamento, di galleggiamento. Nei confronti delle cose che ci sono intorno, in natura. Dai rapporti che sono sempre sfibrati, dagli INCONTRI che non sono mai veri incontri. Questo finire per esserne immancabilmente svuotati...
Come avete sviluppato il tema?
Per quella che e' la linea di lavoro della compagnia, abbiamo lavorato sempre nello stesso modo, influenzandoci a vicenda. Coreografia, musica e drammaturgia. I tre linguaggi insieme, nella stessa sala, pronti a lanciarsi spunti, ipotesi, provocazioni. E il lavoro ha assunto quasi automaticamente la cifra che poi abbiamo assolutamente tenuto, perche' abbiamo poi subito capito che era la sua vera natura. Una cifra ben diversa dai lavori precedenti della stessa compagnia. Abbiamo cercato di trasferire sul corpo, nella musica, nella drammaturgia, e nella scenografia attraverso le luci e i costumi quella sensazione di “smarrimento”, quindi un'ambientazione dal colore noir, oscuro, quasi inquietante.
Quale è stato il lavoro sul corpo?
Il lavoro sul corpo e' un leggero e sottile confine tra il movimento gestuale di personaggi differenti e la danza. Un continuo entrare ed uscire dalle diverse qualità che incarnano se vogliamo differenti personalità di questa città che volutamente abbiamo scelto essere sempre notturna. Sempre in penombra, o comunque molto poco illuminata.
Particolare la scenografia che si smonta in scena...
La città è l'altro pezzo importante di questo progetto. Ci siamo chiesti, che tipo di città può essere? Cosa può incarnare una città del genere? Quali sono i suoi rumori? Cosa succede in essa? La scenografia in questo si e' ispirata ai chiaroscuri di Frank Miller e ai lirismi graffittari di Swann.
Si avverte anche una sottile linea provocatoria, di denuncia quasi...
Avevamo la sensazione che questo arrivare a sopportare impotenti, inermi, questo appiattimento, fosse dovuto assolutamente anche ad un appiattimento (quindi da una “mediocrità”) dell'informazione. Abbiamo evidenziato, con la consulenza di Fabio Ferretti, alcuni tra i servizi e delle notizie più agghiaccianti della storia dell'Italia: dalle bombe scoppiate a Bologna e Milano, alla telefonata delle Brigate Rosse che annunciano dove ritrovare il corpo di Aldo Moro, alla caduta delle torri gemelle in America, alla morte del Papa , e poi Cogne e cosi via, fino ad arrivare ad un ultimo Emilio Fede che parla del Bunga Bunga, dicendo (testuali parole): “Ognuno a casa propria fa quello che c.... gli pare”. Una frase del genere, detta da un giornalista (tralasciando di che tipo e di che partito), racconta nel modo più assoluto l'appiattimento, la mediocrità nella quale viviamo.
Uno spettacolo che, partendo dalla drammaturgia di Sarah Chiarcos e da uno studio attento del fisico e dei suoi movimenti, indaga la condizione dei corpi di oggi, contenitori pieni di niente, svuotati. “Tabula rasa elettrificata” come direbbe il leader dei Csi.
Sul palco, con Francesco Pacelli, c'è Lara Guidetti. Il suo elegante e affascinante corpo, con quel nevrotico muoversi e cercare, con quelle linee che tendono inevitabilmente verso la ricerca di qualcosa di alto, fa da contraltare alle posture sempre curve e corrucciate del Pacelli che è inevitabilmente dà la sensazione di essere proiettato verso il basso. Si crea così visivamente, divenendone una metafora, quel sistema di forze che, contemporaneamente, spingono verso il basso e verso l'alto. E la mancanza forse di un equilibrio - nella coreografia i due paiono inseguirsi, sovrapporsi, scontrarsi, ma mai dialogare – conduce allo smarrimento. Usciamo anche noi con Dante dalla selva oscura della mediocrità, Svegliamoci! Diveniamo più consistenti di una piuma, che poggiata sul pelo dell'acqua, può essere “gestita” dal vento.
Da dove è partita l'idea, lo spunto?
Il lavoro è nato in parte durante le due settimane di residenza al Dance Base di Edimburgo, in Scozia. Si è poi sviluppato in poco più di venti giorni qui a Milano in quello che poi e' diventato “Come una piuma sul pelo dell'acqua”.
E il messaggio?
“Come una piuma sul pelo dell'acqua” e' stato sin dall'inizio, per tutta la compagnia, un voler andare a fondo nel trovare il modo giusto di raccontare una sensazione, più che un tema, una storia, un personaggio. In quanto la sensazione che ci accomuna tutti, dagli ultimi anni, è proprio questo senso di Impotenza, di indolenza, di svuotamento, di galleggiamento. Nei confronti delle cose che ci sono intorno, in natura. Dai rapporti che sono sempre sfibrati, dagli INCONTRI che non sono mai veri incontri. Questo finire per esserne immancabilmente svuotati...
Come avete sviluppato il tema?
Per quella che e' la linea di lavoro della compagnia, abbiamo lavorato sempre nello stesso modo, influenzandoci a vicenda. Coreografia, musica e drammaturgia. I tre linguaggi insieme, nella stessa sala, pronti a lanciarsi spunti, ipotesi, provocazioni. E il lavoro ha assunto quasi automaticamente la cifra che poi abbiamo assolutamente tenuto, perche' abbiamo poi subito capito che era la sua vera natura. Una cifra ben diversa dai lavori precedenti della stessa compagnia. Abbiamo cercato di trasferire sul corpo, nella musica, nella drammaturgia, e nella scenografia attraverso le luci e i costumi quella sensazione di “smarrimento”, quindi un'ambientazione dal colore noir, oscuro, quasi inquietante.
Quale è stato il lavoro sul corpo?
Il lavoro sul corpo e' un leggero e sottile confine tra il movimento gestuale di personaggi differenti e la danza. Un continuo entrare ed uscire dalle diverse qualità che incarnano se vogliamo differenti personalità di questa città che volutamente abbiamo scelto essere sempre notturna. Sempre in penombra, o comunque molto poco illuminata.
Particolare la scenografia che si smonta in scena...
La città è l'altro pezzo importante di questo progetto. Ci siamo chiesti, che tipo di città può essere? Cosa può incarnare una città del genere? Quali sono i suoi rumori? Cosa succede in essa? La scenografia in questo si e' ispirata ai chiaroscuri di Frank Miller e ai lirismi graffittari di Swann.
Si avverte anche una sottile linea provocatoria, di denuncia quasi...
Avevamo la sensazione che questo arrivare a sopportare impotenti, inermi, questo appiattimento, fosse dovuto assolutamente anche ad un appiattimento (quindi da una “mediocrità”) dell'informazione. Abbiamo evidenziato, con la consulenza di Fabio Ferretti, alcuni tra i servizi e delle notizie più agghiaccianti della storia dell'Italia: dalle bombe scoppiate a Bologna e Milano, alla telefonata delle Brigate Rosse che annunciano dove ritrovare il corpo di Aldo Moro, alla caduta delle torri gemelle in America, alla morte del Papa , e poi Cogne e cosi via, fino ad arrivare ad un ultimo Emilio Fede che parla del Bunga Bunga, dicendo (testuali parole): “Ognuno a casa propria fa quello che c.... gli pare”. Una frase del genere, detta da un giornalista (tralasciando di che tipo e di che partito), racconta nel modo più assoluto l'appiattimento, la mediocrità nella quale viviamo.
gb
www.sanpapie.com