Quando la giustizia esula dal giusto
Il processo di Kafka allo SpazioMiL
Una produzione collettiva del progetto PUL - Compagnie in Residenza, il Processo di Franz Kafka torna alloSpazioMil.
Presentato al pubblico nei mesi scorsi sotto forma di studio/ricerca, adesso nella versione strutturata e definitiva chiude la convivenza artistica durata tre anni e apre, al contempo, la nuova stagione dello spazio milanese. Cambiano i costumi, si modificano le scenografie ma il mix di scuole, competenze e poetiche ne risulta ugualmente e decisamente vincente.
Babygang, Band à Part e Sanpapié sono le tre compagnie che si sono misurate con un testo fortissimo. Un ever green della letteratura, quale può essere il capolavoro incompiuto di Franz Kafka torna a far riflettere. E lo riscopriremo amaramente attualissimo.
Guardando l'assurdo paradosso giudiziario che è "Il Processo" abbiamo sentito la necessità di riscoprire il senso di parole di cui l'uso - e l'abuso - hanno fatto forse confondere il vero significato. Un incontro fatto di contributi tecnici di giuristi che spieghino cosa significa cosa, di chiacchierate informali a lato palco e giochi per riderci un po' su e soprattutto per riscoprire dove stanno i pesi e le misure della bilancia della dea bendata. (Pul-Compagnie in residenza)
La domanda che muove il percorso creativo è: cos'è, oggi, in Italia, la Giustizia?
Con questo interrogativo i giovani attori hanno guardato l'Italia, si è letto il testo e si sono scoperte analogie con il bel paese: l'Italia delle procedure legali infinite, aggrovigliate, iper-reali. Ormai tutti i maggiori filosofi politici riconoscono la legge, essere solo mera procedura, e quindi non ha nulla a che fare con concetti quali giusto o ingiusto. Essendo una procedura afferisce piuttosto a concetti quali bene eseguito o mal fatto. La questione è serissima, quindi, e i giovani attori diretti dal regista Paolo Giorgio con i movimenti coreografici di Laura Guidetti lo sanno benissimo:
Lo stimolo a lavorare sul romanzo incompiuto, angoscioso e onirico di Kafka nasce da un semplice sguardo all'Italia contemporanea per interrogarsi sul rapporto che lega il singolo al contesto sociale e allo Stato e sul significato oggi della parola "giustizia", vocabolo ormai dai margini fatti di fumo, forme inafferrabili, significati difformi. Nasce proprio dalla consapevolezza che è stato seminato il dubbio su cosa sia realmente il delitto e su cosa sia veramente la colpa: comportamenti gravissimi sono minimizzati mentre questioni che apparivano "ordinarie" assumono lo stato di calamità sociale. (Pul-Compagnie in residenza)
Codici espressivi differenti: dalla danza alla musica, dalla prosa al tetro sperimentale, compongono il viaggio che le tre compagnie hanno intrapreso all'interno dell'opera onirica kafkiana. Solo apparentemente non uniforme, lo spettacolo si compone di micro-pièces che a mosaico danno vita all'intera messa in scena. Infatti il testo e la regia rispondono all'intenzione del testo letterario nel creare alienazione, smarrimento, e sentimento dell'assurdo. è come se i personaggi sanno di avere un ruolo e quindi di recitare una parte, cosi come i dialoghi e taluni personaggi vengono presentati cosi carichi della componente grottesca da risultarne una recita nella recita. Gli attori, come nella migliore tradizione attuale, si muovo per l'intera area del teatro, davanti e dietro al pubblico. Circondandolo, molestandolo, insomma vogliono svegliarlo dallo smarrimento che l'opera stessa provoca nello spettatore. Il dubbio non conduce all'illuminazione?
Serio e faceto, sentimento della colpa e ripercussioni sull'individuo, sono quindi indagati con seriosa ironia, vuole prendersi sì sul serio ma non troppo. Una ricerca interessante quindi, una messa in scena tutta contemporanea - cosi come le musiche del geniale Marcello Gori - che fa di questa opera d'insieme la raccolta dei frutti nati dai semi del primi progetto collettivo in tema di residenze in Italia.
Presentato al pubblico nei mesi scorsi sotto forma di studio/ricerca, adesso nella versione strutturata e definitiva chiude la convivenza artistica durata tre anni e apre, al contempo, la nuova stagione dello spazio milanese. Cambiano i costumi, si modificano le scenografie ma il mix di scuole, competenze e poetiche ne risulta ugualmente e decisamente vincente.
Babygang, Band à Part e Sanpapié sono le tre compagnie che si sono misurate con un testo fortissimo. Un ever green della letteratura, quale può essere il capolavoro incompiuto di Franz Kafka torna a far riflettere. E lo riscopriremo amaramente attualissimo.
Guardando l'assurdo paradosso giudiziario che è "Il Processo" abbiamo sentito la necessità di riscoprire il senso di parole di cui l'uso - e l'abuso - hanno fatto forse confondere il vero significato. Un incontro fatto di contributi tecnici di giuristi che spieghino cosa significa cosa, di chiacchierate informali a lato palco e giochi per riderci un po' su e soprattutto per riscoprire dove stanno i pesi e le misure della bilancia della dea bendata. (Pul-Compagnie in residenza)
La domanda che muove il percorso creativo è: cos'è, oggi, in Italia, la Giustizia?
Con questo interrogativo i giovani attori hanno guardato l'Italia, si è letto il testo e si sono scoperte analogie con il bel paese: l'Italia delle procedure legali infinite, aggrovigliate, iper-reali. Ormai tutti i maggiori filosofi politici riconoscono la legge, essere solo mera procedura, e quindi non ha nulla a che fare con concetti quali giusto o ingiusto. Essendo una procedura afferisce piuttosto a concetti quali bene eseguito o mal fatto. La questione è serissima, quindi, e i giovani attori diretti dal regista Paolo Giorgio con i movimenti coreografici di Laura Guidetti lo sanno benissimo:
Lo stimolo a lavorare sul romanzo incompiuto, angoscioso e onirico di Kafka nasce da un semplice sguardo all'Italia contemporanea per interrogarsi sul rapporto che lega il singolo al contesto sociale e allo Stato e sul significato oggi della parola "giustizia", vocabolo ormai dai margini fatti di fumo, forme inafferrabili, significati difformi. Nasce proprio dalla consapevolezza che è stato seminato il dubbio su cosa sia realmente il delitto e su cosa sia veramente la colpa: comportamenti gravissimi sono minimizzati mentre questioni che apparivano "ordinarie" assumono lo stato di calamità sociale. (Pul-Compagnie in residenza)
Codici espressivi differenti: dalla danza alla musica, dalla prosa al tetro sperimentale, compongono il viaggio che le tre compagnie hanno intrapreso all'interno dell'opera onirica kafkiana. Solo apparentemente non uniforme, lo spettacolo si compone di micro-pièces che a mosaico danno vita all'intera messa in scena. Infatti il testo e la regia rispondono all'intenzione del testo letterario nel creare alienazione, smarrimento, e sentimento dell'assurdo. è come se i personaggi sanno di avere un ruolo e quindi di recitare una parte, cosi come i dialoghi e taluni personaggi vengono presentati cosi carichi della componente grottesca da risultarne una recita nella recita. Gli attori, come nella migliore tradizione attuale, si muovo per l'intera area del teatro, davanti e dietro al pubblico. Circondandolo, molestandolo, insomma vogliono svegliarlo dallo smarrimento che l'opera stessa provoca nello spettatore. Il dubbio non conduce all'illuminazione?
Serio e faceto, sentimento della colpa e ripercussioni sull'individuo, sono quindi indagati con seriosa ironia, vuole prendersi sì sul serio ma non troppo. Una ricerca interessante quindi, una messa in scena tutta contemporanea - cosi come le musiche del geniale Marcello Gori - che fa di questa opera d'insieme la raccolta dei frutti nati dai semi del primi progetto collettivo in tema di residenze in Italia.