La Pazzia
unica forma di normalità?
Il fonema "pazzia" ha un'origine incerta, ma probabilmente deriva dal greco "pathos", che significa sofferenza e dal latino "patiens" (paziente, malato), concentrando dunque il significato sull'esperienza dolorosa anziché sulle bizzarrie e le stravaganze del folle. Ancora: nelle antiche società umane, la follia possedeva una forte connotazione mistica, ritenendola derivante dall'influsso di qualche divinità (l'epilessia, ad esempio, per questo motivo, veniva chiamata da Ippocrate "morbo sacro").
Il trattamento della follia era dunque di tipo mistico-religioso, praticato dai sacerdoti del tempio, che tentavano di alleviare i sintomi con riti e preghiere. Tentando anche di interpretare i sintomi del folle come se fossero dei messaggi provenienti da entità sovrannaturali. In sostanza il "pazzo" è colui che soffre. E' colui che può essere, addirittura, concepito come un mezzo fra una realtà ed un'altra. Una "pazzia" così intesa trova, naturalmente, il suo campo d'azione nel mondo dell'arte.
L'arte ha a che fare con le passioni, quelle intense e dolorose. Apre, al contempo, le porte per realtà altre. L'arte vede ciò che un'intera generazione non riesce a vedere. L'arte ha il potere di sublimare il dolore! Ed è proprio il dolore che accomuna gli autori che tratteremo. Il disagio di una condizione esistenziale che vola al di sopra del tempo e delle generazioni, che denuncia la perdita di valori basici proprio quando tutti quanti ne stanno affermando degli altri nuovi.
E' quel sentirsi cosi legati alla terra e al suo equilibrio con tutte quante le cose da odiare se stessi quando si vedono i propri simili perdere la loro natura umana in cambio di surrogati elettrificati. Questo li strugge, li annienta lentamente, li fa ammalare. Li rende umani, troppo umani, in un mondo di ciborg ciechi, sordi e non vedenti.
Per gli artisti questo stato di sensazioni, questo dolore impotente ma creativo, traspare, a volte non volendo, dalle loro opere, Michelangelo, ad esempio nel dipingere il volto di San Bartolomeo mentre mostra al Giudice il coltello nella sistina, riportò nelle pieghe della pelle del martirio un dolorante autoritratto, frutto probabilmente, il suo malessere, di turbamenti religiosi. Francisco Goya, nel Saturno (1820-23 Madrid Museo del Prado) tela dipinta quando ormai completamente sordo, solo e in preda all'angoscia, volle esprimere con estrema crudezza probabilmente un significato politico: Saturno che divora uno dei suoi figli sembra simboleggiare il tiranno che divora i suoi sudditi, un´allusione dell'artista, fortemente avvilito dalle vicende politiche europee e spagnole, a Ferdinando VII.
Munch nel suo conosciutissimo urlo (Il Grido,1893, Oslo, Nasjonalgalleriet) raffigura un uomo che si rifiuta di sentire il suo stesso urlo di dolore: il particolare clima culturale e politico favorisce il rifiuto di essere messi di fronte alle proprie angosce esistenziali. L'alterazione ai fini espressivi della realtà, della forma e del colore: contorni dissolti, forme indefinite, colori irreali, contrastanti, sono il mezzo attraverso il quale l'artista perviene ad una personalissima interpretazione dell'angoscia esistenziale dell'uomo. "Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando".(E.Munch)
Uno degli ultimi dipinti realizzati da Van Gogh è il campo di grano (Campo di grano con corvi, 1890, Amsterdam, Rijksmuseum Vincent van Gogh) dalla pennellata vorticosa e tormentata. A proposito di questo quadro scrisse: "... ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la tristezza, l´estrema solitudine".
Ma non andando molto lontano e guardando alla contemporaneità potremmo benissimo citare Bill Viola con i suoi poetici video d'artista, Paolo Troilo in cui l'autoritratto diventa solo un momento di riflessioni su noi persona e noi società, gli Goed che con la loro perfomance Internal, all'interno dell'ultima edizione di Uovo festival 2010 hanno ricordato agli spettatori l'importanza della comunicazione, del contatto, del nostro riscoprirci disarmati.
Questa è pazzia, questo è dolore profetico. Questo è Dionisio che si incontra, scontrandosi con Apollo. Questa è la vita. E' quella sensazione che ti impone di rimanere bambino, quella piacevole sofferenza che ti dona la saggezza. E per essere saggi bisogna inevitabilmente essere folli.
Il trattamento della follia era dunque di tipo mistico-religioso, praticato dai sacerdoti del tempio, che tentavano di alleviare i sintomi con riti e preghiere. Tentando anche di interpretare i sintomi del folle come se fossero dei messaggi provenienti da entità sovrannaturali. In sostanza il "pazzo" è colui che soffre. E' colui che può essere, addirittura, concepito come un mezzo fra una realtà ed un'altra. Una "pazzia" così intesa trova, naturalmente, il suo campo d'azione nel mondo dell'arte.
L'arte ha a che fare con le passioni, quelle intense e dolorose. Apre, al contempo, le porte per realtà altre. L'arte vede ciò che un'intera generazione non riesce a vedere. L'arte ha il potere di sublimare il dolore! Ed è proprio il dolore che accomuna gli autori che tratteremo. Il disagio di una condizione esistenziale che vola al di sopra del tempo e delle generazioni, che denuncia la perdita di valori basici proprio quando tutti quanti ne stanno affermando degli altri nuovi.
E' quel sentirsi cosi legati alla terra e al suo equilibrio con tutte quante le cose da odiare se stessi quando si vedono i propri simili perdere la loro natura umana in cambio di surrogati elettrificati. Questo li strugge, li annienta lentamente, li fa ammalare. Li rende umani, troppo umani, in un mondo di ciborg ciechi, sordi e non vedenti.
Per gli artisti questo stato di sensazioni, questo dolore impotente ma creativo, traspare, a volte non volendo, dalle loro opere, Michelangelo, ad esempio nel dipingere il volto di San Bartolomeo mentre mostra al Giudice il coltello nella sistina, riportò nelle pieghe della pelle del martirio un dolorante autoritratto, frutto probabilmente, il suo malessere, di turbamenti religiosi. Francisco Goya, nel Saturno (1820-23 Madrid Museo del Prado) tela dipinta quando ormai completamente sordo, solo e in preda all'angoscia, volle esprimere con estrema crudezza probabilmente un significato politico: Saturno che divora uno dei suoi figli sembra simboleggiare il tiranno che divora i suoi sudditi, un´allusione dell'artista, fortemente avvilito dalle vicende politiche europee e spagnole, a Ferdinando VII.
Munch nel suo conosciutissimo urlo (Il Grido,1893, Oslo, Nasjonalgalleriet) raffigura un uomo che si rifiuta di sentire il suo stesso urlo di dolore: il particolare clima culturale e politico favorisce il rifiuto di essere messi di fronte alle proprie angosce esistenziali. L'alterazione ai fini espressivi della realtà, della forma e del colore: contorni dissolti, forme indefinite, colori irreali, contrastanti, sono il mezzo attraverso il quale l'artista perviene ad una personalissima interpretazione dell'angoscia esistenziale dell'uomo. "Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando".(E.Munch)
Uno degli ultimi dipinti realizzati da Van Gogh è il campo di grano (Campo di grano con corvi, 1890, Amsterdam, Rijksmuseum Vincent van Gogh) dalla pennellata vorticosa e tormentata. A proposito di questo quadro scrisse: "... ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la tristezza, l´estrema solitudine".
Ma non andando molto lontano e guardando alla contemporaneità potremmo benissimo citare Bill Viola con i suoi poetici video d'artista, Paolo Troilo in cui l'autoritratto diventa solo un momento di riflessioni su noi persona e noi società, gli Goed che con la loro perfomance Internal, all'interno dell'ultima edizione di Uovo festival 2010 hanno ricordato agli spettatori l'importanza della comunicazione, del contatto, del nostro riscoprirci disarmati.
Questa è pazzia, questo è dolore profetico. Questo è Dionisio che si incontra, scontrandosi con Apollo. Questa è la vita. E' quella sensazione che ti impone di rimanere bambino, quella piacevole sofferenza che ti dona la saggezza. E per essere saggi bisogna inevitabilmente essere folli.