'L’emozione non s’impara, si cerca'
La danza di Pompea Santoro
Sicuri che lei avrebbe dato le risposte giuste. Certi del movente che la spinge verso la danza, si è deciso di conoscere meglio il mondo di Pompea Santoro.
Leggendola, abbiamo scoperto un luogo alto, in cui vita e arte sono riuscite a fondersi, partorendo una forte, umile, passionale, umanità.
Galeotto fu Alberto Morino - ballerino dalla carriera internazionale e oggi maestro all'interno di Ekodance - che raccontando di Pompea ha smosso interesse e fascinazione. Pupilla di Mats Ek, scelta a soli 16 anni. Maestra e coreografa, testimone vivente dell'opera coreutica del grande coreografo svedese. Torinese, ma trottola nelle migliori scuole di danza di tutta Europa per insegnarne tecnica e trasporto. Insomma una delle donne della danza che hanno vissuto lo scriversi della storia della disciplina, e che ora, trasmettendola, non perdono di vista le attualizzazioni contemporanee.
Non è solo movimento la sua danza, ma necessaria ricerca dell'aspetto emotivo, quello che comunica, lo stesso che fa parlare all'arte coreutica tutte le lingue. Non esiste arte senza emozione, dirà nella serata conclusiva di Palcoscenico Danza. Ma, scrivendo, andrà ben oltre. L'arte, come nel migliore dei casi - e questo è uno di quelli - si fa mezzo per conoscere il mondo. Disciplinarsi per liberarsi. Nelle sue parole, imparate le regole, imparate a controllare il vostro corpo per poi decidere di essere liberi e trasgredire le regole, si racchiude il percorso individuale e sociale di ogni essere umano.
Pompea Santoro, quando l'arte non è fine a sé stessa.
D. Il progetto Ekodance e l'importanza delle basi classiche.
R. Io ho sempre e solo studiato danza classica, è l'unica tecnica che conosco a fondo e a mio parere è l'unica vera tecnica di studio per la danza. Una tecnica dove la perfezione esiste ma è irraggiungibile, dove tutto ha una logica, dove si ha la possibilità di controllare ogni minima parte del proprio corpo. Il problema più grosso penso sia la rigidità che il cercare porta con sé. E' proprio qui la chiave del mio lavoro, cerco di introdurre una morbidezza o meglio una fluidità nello studio della danza classica, in modo che il passaggio dal classico al contemporaneo sia più immediato e naturale. Avendo io ballato un repertorio contemporaneo mi permette di trasmettere le sensazioni di un movimento e il lavoro complesso di Mats Ek mi aiuta a far capire meglio l'uso delle braccia come una conseguenza della schiena. La domanda: perché di un movimento? mi ha portata ad analizzare ogni singolo passo delle danza così da capirne la logica e trasmetterla ai mie allievi in maniera più semplice. Come dico sempre loro, imparate le regole, imparate a controllare il vostro corpo per poi decidere di essere liberi e trasgredire le regole.
D. Durante la serata del 21 all'Astra sottolineavi come l'arte, e dunque la danza, siano ancelle delle emozioni. Cosa rischia di rimanere dell'arte senza la stimolazione dei meccanismi emotivi?
R. Arte vuol dire creare e trasmettere. Noi ballerini siamo lo strumento e gli esecutori allo stesso tempo, il nostro è sicuramente lo strumento più complesso, il nostro corpo è una macchina perfetta, così come lo è la tecnologia, una cosa però la tecnologia non potrà mai produrre: l'emozione. La danza quindi è l'Arte più completa e complessa in assoluto. L'emozione non s'impara, si cerca; l'amore, la rabbia, la gelosia, la paura, la gioia sono emozioni che fanno parte di tutti gli esseri umani. La danza così come altre Arti hanno il potere di stimolare queste emozioni sia nel creatore che nello spettatore. Il danzatore emoziona con la propria bellezza e con il movimento, il danzatore si racconta o racconta, nella danza classica racconta una favola e in quella contemporanea racconta la vita. La danza è' un' Arte visiva, un'Arte fisica e un'arte musicale altro che sport!! Io penso che l'Arte non potrà mai morire, così come la danza non potrà mai morire, le emozioni sono la chiave della vita, l'essere umano senza di esse non potrebbe vivere. Chi rischia di morire sono la Cultura e il Teatro.
D. IL contesto internazionale e il contesto italiano.
R. Noi Italiani siamo dei grandi Artisti ma trascuriamo la nostra cultura e soprattutto la cultura della danza. Purtroppo abbiamo un pubblico piuttosto ignorante se confrontato con quello di altri Paesi come l' Olanda o la Germania, dove esistono progetti mirati proprio per educare il pubblico alla danza. Noi abbiamo un'infinità di scuole di danza che producono ragazzi appassionati ma che rincorrono una medaglia, un attestato, una vittoria. Li si educa alla competizione e non ad andare a Teatro, ad esibirsi e non a studiare. Spesso i genitori di questi ragazzi non hanno mai visto un vero spettacolo di danza ma solo i saggi dei propri figli o le trasmissioni televisive. Sono abituati a cambiare canale oppure ad alzarsi e andarsene una volta finita l'esibizione della propria figlia. Noi che abbiamo la fortuna di conoscere e di avere avuto una carriera ricca di esperienze dobbiamo lavorare per educare e non per intrattenere. I soldi secondo me ci sarebbero, li vedo che ci sono! Purtroppo spesso spesi male e con poca intelligenza.
D. Cosa ti fa decidere di rimontare un pezzo piuttosto che un altro.
R. Il mio progetto è prevalentemente un corso di formazione per aiutare i ragazzi a scoprirsi e a capire cos'è un vero professionista, quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere, quali i sacrifici e quali le responsabilità. Il gruppo può cambiare di anno in anno, alcuni trovano lavoro altri si aggiungono, altri ancora scoprono di non essere in grado di affrontare la grande disciplina e dedizione che la danza richiede. In base all'insieme decido i programmi. Inoltre mi piace lanciare sempre un messaggio sociale con i mie spettacoli e grazie al vasto repertorio di Mats Ek la cui danza fa parte del mio essere, ho un ampio bacino da cui far nascere le idee. Mi piace far riflettere e far capire al pubblico che la danza è un Arte muta, un linguaggio universale con il quale si racconta la vita oltre che alla bellezza. Ho anche scoperto in me un certo talento per la regia, molto importante per collegare i vari estratti.
D. Cosa comporta per un danzatore avere a disposizione il repertorio Mets Ek e quali idiosincrasie devi vedere nei loro corpi, per sceglierli?
R. I mie ragazzi sono consapevoli della fortuna che hanno nell'avere la possibilità di studiare ed esibirsi nei lavori di Mats Ek, che è sicuramente uno dei coreografi più richiesti in tutti i Teatri del Mondo. Le sue coreografie fanno parte del repertorio dei più prestigiosi Teatri e credo sia il coreografo più ambito tra i grandi ballerini. Per affrontare lo stile di Mats ci vuole innanzi tutto un'ottima tecnica classica, forte e pulita. Il corpo diventa una penna che scrive e racconta una situazione o una storia, nessun movimento è mai senza un significato. Questo risulta molto difficile per un ragazzo che non è stato abituato fino dai primi anni di formazione a farsi delle domande su come e perché muove il proprio corpo. Mats insegna ad esprimere attraverso il movimento, la tecnica viene messa al servizio del movimento e la musica è la locomotrice quindi estremamente importante. Quindi quello che cerco sono: Fisicità, espressività, tecnica e musicalità, cose che d'altronde tutti vorrebbero in un ballerino. Quando non ci sono, faccio in modo di tirarli fuori… e, la maggior parte delle volte, ci riesco, perché il mio Maestro mi ha insegnato come fare.
D. Fra Petipa e Mets Ek, al Teatro Astra, chiudi Palcoscenico Danza con un nuovo Lago dei cigni. Il perché del collage.
R. L'idea del Lago dei cigni tra sogno e realtà, è nato perché ho pensato di mostrare come uno stesso balletto conosciuto da tutti (amanti e non della danza) possa essere coreografato, espresso e interpretato in modo diverso. Ho deciso quindi di fare questo percorso da Petipa a Mats Ek e ho pensato di raccontare la storia di un ragazzo diverso che come tanti rincorre un sogno, ma spesso i sogni ci distolgono da quello che è invece la nostra realtà, togliendoci la gioia di vivere la vita di tutti i giorni. Ho scelto l'incontro tra Odette, il Principe e Rotbart di Petipa (la versione classica) perché volevo che Odette rappresentasse la sofferenza e Rotbart il punto oscuro che risiede in ognuno di noi e che facciamo fatica a riconoscere. Si ripete la stessa musica nell'incontro degli stessi personaggi nella versione di Mats Ek, dove Odette sarà la soluzione alla sofferenza e Rotbart colui che guiderà il Principe verso la vita reale. Alla fine il Principe si accorgerà di non essere poi così diverso dagli altri e si accettarà per quello che è, ritrovandosi nel suo sogno.
Leggendola, abbiamo scoperto un luogo alto, in cui vita e arte sono riuscite a fondersi, partorendo una forte, umile, passionale, umanità.
Galeotto fu Alberto Morino - ballerino dalla carriera internazionale e oggi maestro all'interno di Ekodance - che raccontando di Pompea ha smosso interesse e fascinazione. Pupilla di Mats Ek, scelta a soli 16 anni. Maestra e coreografa, testimone vivente dell'opera coreutica del grande coreografo svedese. Torinese, ma trottola nelle migliori scuole di danza di tutta Europa per insegnarne tecnica e trasporto. Insomma una delle donne della danza che hanno vissuto lo scriversi della storia della disciplina, e che ora, trasmettendola, non perdono di vista le attualizzazioni contemporanee.
Non è solo movimento la sua danza, ma necessaria ricerca dell'aspetto emotivo, quello che comunica, lo stesso che fa parlare all'arte coreutica tutte le lingue. Non esiste arte senza emozione, dirà nella serata conclusiva di Palcoscenico Danza. Ma, scrivendo, andrà ben oltre. L'arte, come nel migliore dei casi - e questo è uno di quelli - si fa mezzo per conoscere il mondo. Disciplinarsi per liberarsi. Nelle sue parole, imparate le regole, imparate a controllare il vostro corpo per poi decidere di essere liberi e trasgredire le regole, si racchiude il percorso individuale e sociale di ogni essere umano.
Pompea Santoro, quando l'arte non è fine a sé stessa.
D. Il progetto Ekodance e l'importanza delle basi classiche.
R. Io ho sempre e solo studiato danza classica, è l'unica tecnica che conosco a fondo e a mio parere è l'unica vera tecnica di studio per la danza. Una tecnica dove la perfezione esiste ma è irraggiungibile, dove tutto ha una logica, dove si ha la possibilità di controllare ogni minima parte del proprio corpo. Il problema più grosso penso sia la rigidità che il cercare porta con sé. E' proprio qui la chiave del mio lavoro, cerco di introdurre una morbidezza o meglio una fluidità nello studio della danza classica, in modo che il passaggio dal classico al contemporaneo sia più immediato e naturale. Avendo io ballato un repertorio contemporaneo mi permette di trasmettere le sensazioni di un movimento e il lavoro complesso di Mats Ek mi aiuta a far capire meglio l'uso delle braccia come una conseguenza della schiena. La domanda: perché di un movimento? mi ha portata ad analizzare ogni singolo passo delle danza così da capirne la logica e trasmetterla ai mie allievi in maniera più semplice. Come dico sempre loro, imparate le regole, imparate a controllare il vostro corpo per poi decidere di essere liberi e trasgredire le regole.
D. Durante la serata del 21 all'Astra sottolineavi come l'arte, e dunque la danza, siano ancelle delle emozioni. Cosa rischia di rimanere dell'arte senza la stimolazione dei meccanismi emotivi?
R. Arte vuol dire creare e trasmettere. Noi ballerini siamo lo strumento e gli esecutori allo stesso tempo, il nostro è sicuramente lo strumento più complesso, il nostro corpo è una macchina perfetta, così come lo è la tecnologia, una cosa però la tecnologia non potrà mai produrre: l'emozione. La danza quindi è l'Arte più completa e complessa in assoluto. L'emozione non s'impara, si cerca; l'amore, la rabbia, la gelosia, la paura, la gioia sono emozioni che fanno parte di tutti gli esseri umani. La danza così come altre Arti hanno il potere di stimolare queste emozioni sia nel creatore che nello spettatore. Il danzatore emoziona con la propria bellezza e con il movimento, il danzatore si racconta o racconta, nella danza classica racconta una favola e in quella contemporanea racconta la vita. La danza è' un' Arte visiva, un'Arte fisica e un'arte musicale altro che sport!! Io penso che l'Arte non potrà mai morire, così come la danza non potrà mai morire, le emozioni sono la chiave della vita, l'essere umano senza di esse non potrebbe vivere. Chi rischia di morire sono la Cultura e il Teatro.
D. IL contesto internazionale e il contesto italiano.
R. Noi Italiani siamo dei grandi Artisti ma trascuriamo la nostra cultura e soprattutto la cultura della danza. Purtroppo abbiamo un pubblico piuttosto ignorante se confrontato con quello di altri Paesi come l' Olanda o la Germania, dove esistono progetti mirati proprio per educare il pubblico alla danza. Noi abbiamo un'infinità di scuole di danza che producono ragazzi appassionati ma che rincorrono una medaglia, un attestato, una vittoria. Li si educa alla competizione e non ad andare a Teatro, ad esibirsi e non a studiare. Spesso i genitori di questi ragazzi non hanno mai visto un vero spettacolo di danza ma solo i saggi dei propri figli o le trasmissioni televisive. Sono abituati a cambiare canale oppure ad alzarsi e andarsene una volta finita l'esibizione della propria figlia. Noi che abbiamo la fortuna di conoscere e di avere avuto una carriera ricca di esperienze dobbiamo lavorare per educare e non per intrattenere. I soldi secondo me ci sarebbero, li vedo che ci sono! Purtroppo spesso spesi male e con poca intelligenza.
D. Cosa ti fa decidere di rimontare un pezzo piuttosto che un altro.
R. Il mio progetto è prevalentemente un corso di formazione per aiutare i ragazzi a scoprirsi e a capire cos'è un vero professionista, quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere, quali i sacrifici e quali le responsabilità. Il gruppo può cambiare di anno in anno, alcuni trovano lavoro altri si aggiungono, altri ancora scoprono di non essere in grado di affrontare la grande disciplina e dedizione che la danza richiede. In base all'insieme decido i programmi. Inoltre mi piace lanciare sempre un messaggio sociale con i mie spettacoli e grazie al vasto repertorio di Mats Ek la cui danza fa parte del mio essere, ho un ampio bacino da cui far nascere le idee. Mi piace far riflettere e far capire al pubblico che la danza è un Arte muta, un linguaggio universale con il quale si racconta la vita oltre che alla bellezza. Ho anche scoperto in me un certo talento per la regia, molto importante per collegare i vari estratti.
D. Cosa comporta per un danzatore avere a disposizione il repertorio Mets Ek e quali idiosincrasie devi vedere nei loro corpi, per sceglierli?
R. I mie ragazzi sono consapevoli della fortuna che hanno nell'avere la possibilità di studiare ed esibirsi nei lavori di Mats Ek, che è sicuramente uno dei coreografi più richiesti in tutti i Teatri del Mondo. Le sue coreografie fanno parte del repertorio dei più prestigiosi Teatri e credo sia il coreografo più ambito tra i grandi ballerini. Per affrontare lo stile di Mats ci vuole innanzi tutto un'ottima tecnica classica, forte e pulita. Il corpo diventa una penna che scrive e racconta una situazione o una storia, nessun movimento è mai senza un significato. Questo risulta molto difficile per un ragazzo che non è stato abituato fino dai primi anni di formazione a farsi delle domande su come e perché muove il proprio corpo. Mats insegna ad esprimere attraverso il movimento, la tecnica viene messa al servizio del movimento e la musica è la locomotrice quindi estremamente importante. Quindi quello che cerco sono: Fisicità, espressività, tecnica e musicalità, cose che d'altronde tutti vorrebbero in un ballerino. Quando non ci sono, faccio in modo di tirarli fuori… e, la maggior parte delle volte, ci riesco, perché il mio Maestro mi ha insegnato come fare.
D. Fra Petipa e Mets Ek, al Teatro Astra, chiudi Palcoscenico Danza con un nuovo Lago dei cigni. Il perché del collage.
R. L'idea del Lago dei cigni tra sogno e realtà, è nato perché ho pensato di mostrare come uno stesso balletto conosciuto da tutti (amanti e non della danza) possa essere coreografato, espresso e interpretato in modo diverso. Ho deciso quindi di fare questo percorso da Petipa a Mats Ek e ho pensato di raccontare la storia di un ragazzo diverso che come tanti rincorre un sogno, ma spesso i sogni ci distolgono da quello che è invece la nostra realtà, togliendoci la gioia di vivere la vita di tutti i giorni. Ho scelto l'incontro tra Odette, il Principe e Rotbart di Petipa (la versione classica) perché volevo che Odette rappresentasse la sofferenza e Rotbart il punto oscuro che risiede in ognuno di noi e che facciamo fatica a riconoscere. Si ripete la stessa musica nell'incontro degli stessi personaggi nella versione di Mats Ek, dove Odette sarà la soluzione alla sofferenza e Rotbart colui che guiderà il Principe verso la vita reale. Alla fine il Principe si accorgerà di non essere poi così diverso dagli altri e si accettarà per quello che è, ritrovandosi nel suo sogno.
www.pompeasantoro.com
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