Torino vs Bologna
i Match di TeatroSequenza
Se nella stagione passata la loro casa era il Teatro Le Serre di Grugliasco, in questa Teatrosequenza, per i suoi Match d'improvvisazione, sceglie il ring del Teatro Baretti. A colpi di battute e a suon di gag il 10 ottobre Torino combatte contro Bologna.
L'atmosfera dei Match è combattiva e lo si sente ancor prima che la sfida inizi. La tensione è alle stelle e sul ring si respira competizione. Aggressive le squadre entrano nel ring incitate dai fans senza sapere quale parte ancora recitare. Tutto è nelle mani del pubblico, che al momento decide Categoria e Trama dell'improvvisazione. Povero l'arbitro che, come in ogni partita, riesce ad attirare l'odio simpatico dei tifosi di ambedue le squadre.
Non è la solita andata a teatro assistere ai match. Se nel teatro "ordinario" il pubblico è "passivo", durante le improvvisazioni il pubblico è parte integrante dall'inizio alla fine. Ride partecipando, sorride nel mettere in difficoltà gli attori, gode e non ha paura di mostrarlo, quando la squadra vince. Conosce, ed è sorprendente, l'"inno" dei Match e, cantando insieme, la sala si fa camerata e il teatro torna alle origini. Quando era del popolo e le sue "maschere" servivano a ridere della pesante quotidianità. Sono un'esperienza condivisa, insomma, gli spettacoli di Teatrosequenza e per questo vale la pena saperne di più. A questo proposito utili possono essere le parole - fresche e spontanee come un'improvvisazione - di Monica Gualtieri, una delle attrici della Compagnia. Poche domande per conoscere meglio Teatrosequenza e cosa propone.
D. L'improvvisazione, almeno in Italia, è sempre stato un genere considerato basso, al contrario di tutta una tradizione teatrale impegnata e colta. Forse pesante. E pure i match che proponete sono sempre sold out e il pubblico partecipa, coinvolto e divertito come mai in nessuna scatola nera. Perché secondo te? E quale per te lo scopo del teatro?
R. Credo che sia proprio il coinvolgimento del pubblico a dare all'improvvisazione un così importante riscontro da parte del pubblico. Se da una parte infatti viene considerata di basso profilo perché non mette in scena i grandi testi teatrali e non segue un testo scritto, dall'altra è proprio l'assenza di una grammatica rigida a far entrare il pubblico all'interno della scena.
Il pubblico partecipa attivamente all'improvvisazione perché deve immaginare la scenografia, l'ambiente in cui si trovano i personaggi, gli abiti che indossano, gli oggetti che utilizzano. E tutto diventa così reale che se una porta immaginaria non viene chiusa, o se un tavolo viene per errore attraversato, il pubblico se ne accorge. Non esiste un testo scritto, ma i titoli e le categorie (Shakespeare, horror, soap opera…) vengono scelti dal pubblico prima dell'inizio dello spettacolo. E' così che si crea la magia, l'attesa. I personaggi e le storie prendono vita davanti agli occhi del pubblico. Senza dimenticare le risate, perché l'improvvisazione è erede della commedia dell'arte e da questa prende soprattutto il desiderio di divertire il pubblico. Credo che il teatro sia proprio questo: coinvolgimento. Esiste sul palco la quarta parete, che è quella che divide gli attori dal pubblico. A volte questa parete viene abbattuta o si dissolve per permettere allo spettatore di emozionarsi con l'attore.
D. L'improvvisazione in scena lascia un grande margine alla personalità dell'attore. Non solo tecniche e presenza scenica ma soprattutto lavoro su di sé; nel senso, imparare una parte è una cosa, inventarla al momento un'altra..
R. L'improvvisatore mette in gioco sé stessi e le proprie emozioni. E' fondamentale l'ascolto e la collaborazione tra gli attori. E' necessaria la voglia di divertirsi, di ammettere l'errore, e di proseguire nonostante tutto, anche se l'improvvisazione non riesce. Perché può capitare, a volte che la storia non prosegua, che a volte non funzioni, ma nei match non c'è il tempo per disperarsi: le storie possono durare 40 secondi o 9 minuti, ma poi si ricomincia, con un nuovo titolo e una nuova categoria. L'improvvisazione richiede concentrazione, mente libera e, soprattutto, voglia di mettersi in gioco.
D. Qual è, se c'è la sfida a squadre in cui ti sei sentita messa in difficoltà dalle scelte del pubblico?
R. Le categorie sono gli aspetti che più possono spaventare un improvvisatore. Può venire richiesta un'improvvisazione alla maniera di Quentin Tarantino, dei film western o di Luigi Pirandello, o magari una poesia. Ecco, in questi casi bisogna conoscere bene gli elementi caratteristici del genere. L'improvvisatore può decidere di non entrare in scena, ma a volte la sua presenza è necessaria. La cosa più difficile è capire quando entrare e cosa fare, per l'improvvisazione senza penalizzare i compagni, ricordandosi che si può essere tutto, anche un passante o un oggetto. Soprattutto perché a volte proprio non si sa cosa dire.
Ecco, io posso dire che due sono le scelte del pubblico che più mi spaventano. Le Tarantino e le fantascienza: le prime perché proprio non sono capace a sparare e a dire parolacce in scena, le seconde perché… faccio già molta fatica a capire i film, figuriamoci mettere in scena una storia alla Alien o peggio alla Matrix!!!
D. Esiste un prima e dopo, personale, dall'entrata in compagnia?
R. Il prima può essere un percorso teatrale in un genere diverso dall'improvvisazione, che può sicuramente aiutare sulla costruzione del personaggio e sullo stare in scena. Ma può anche non esserci un trascorso da attori. Difficilmente però chi inizia la carriera di improvvisatore può smettere di esserlo. L'improvvisazione può entrare a far parte della vita quotidiana o del proprio lavoro.
D. Perché venire a vedere i match?
R. Perché ogni match è diverso dall'altro, perché ogni improvvisazione è diversa dall'altra. Perché si ride e ci si emoziona, perché chi gioca sul palco crea un mondo nel quale lo spettatore entra e fa da suggeritore.
E nell'attesa che i Match riprendano con i professionisti alle Serre (7 e 21 febbraio e 7 e 21 marzo 2015), non perdete l'ultimo incontro/scontro il 31 ottobre al Baretti. E con Torino che sfida sé stessa, la vittoria è assicurata. Furbetti!!
L'atmosfera dei Match è combattiva e lo si sente ancor prima che la sfida inizi. La tensione è alle stelle e sul ring si respira competizione. Aggressive le squadre entrano nel ring incitate dai fans senza sapere quale parte ancora recitare. Tutto è nelle mani del pubblico, che al momento decide Categoria e Trama dell'improvvisazione. Povero l'arbitro che, come in ogni partita, riesce ad attirare l'odio simpatico dei tifosi di ambedue le squadre.
Non è la solita andata a teatro assistere ai match. Se nel teatro "ordinario" il pubblico è "passivo", durante le improvvisazioni il pubblico è parte integrante dall'inizio alla fine. Ride partecipando, sorride nel mettere in difficoltà gli attori, gode e non ha paura di mostrarlo, quando la squadra vince. Conosce, ed è sorprendente, l'"inno" dei Match e, cantando insieme, la sala si fa camerata e il teatro torna alle origini. Quando era del popolo e le sue "maschere" servivano a ridere della pesante quotidianità. Sono un'esperienza condivisa, insomma, gli spettacoli di Teatrosequenza e per questo vale la pena saperne di più. A questo proposito utili possono essere le parole - fresche e spontanee come un'improvvisazione - di Monica Gualtieri, una delle attrici della Compagnia. Poche domande per conoscere meglio Teatrosequenza e cosa propone.
D. L'improvvisazione, almeno in Italia, è sempre stato un genere considerato basso, al contrario di tutta una tradizione teatrale impegnata e colta. Forse pesante. E pure i match che proponete sono sempre sold out e il pubblico partecipa, coinvolto e divertito come mai in nessuna scatola nera. Perché secondo te? E quale per te lo scopo del teatro?
R. Credo che sia proprio il coinvolgimento del pubblico a dare all'improvvisazione un così importante riscontro da parte del pubblico. Se da una parte infatti viene considerata di basso profilo perché non mette in scena i grandi testi teatrali e non segue un testo scritto, dall'altra è proprio l'assenza di una grammatica rigida a far entrare il pubblico all'interno della scena.
Il pubblico partecipa attivamente all'improvvisazione perché deve immaginare la scenografia, l'ambiente in cui si trovano i personaggi, gli abiti che indossano, gli oggetti che utilizzano. E tutto diventa così reale che se una porta immaginaria non viene chiusa, o se un tavolo viene per errore attraversato, il pubblico se ne accorge. Non esiste un testo scritto, ma i titoli e le categorie (Shakespeare, horror, soap opera…) vengono scelti dal pubblico prima dell'inizio dello spettacolo. E' così che si crea la magia, l'attesa. I personaggi e le storie prendono vita davanti agli occhi del pubblico. Senza dimenticare le risate, perché l'improvvisazione è erede della commedia dell'arte e da questa prende soprattutto il desiderio di divertire il pubblico. Credo che il teatro sia proprio questo: coinvolgimento. Esiste sul palco la quarta parete, che è quella che divide gli attori dal pubblico. A volte questa parete viene abbattuta o si dissolve per permettere allo spettatore di emozionarsi con l'attore.
D. L'improvvisazione in scena lascia un grande margine alla personalità dell'attore. Non solo tecniche e presenza scenica ma soprattutto lavoro su di sé; nel senso, imparare una parte è una cosa, inventarla al momento un'altra..
R. L'improvvisatore mette in gioco sé stessi e le proprie emozioni. E' fondamentale l'ascolto e la collaborazione tra gli attori. E' necessaria la voglia di divertirsi, di ammettere l'errore, e di proseguire nonostante tutto, anche se l'improvvisazione non riesce. Perché può capitare, a volte che la storia non prosegua, che a volte non funzioni, ma nei match non c'è il tempo per disperarsi: le storie possono durare 40 secondi o 9 minuti, ma poi si ricomincia, con un nuovo titolo e una nuova categoria. L'improvvisazione richiede concentrazione, mente libera e, soprattutto, voglia di mettersi in gioco.
D. Qual è, se c'è la sfida a squadre in cui ti sei sentita messa in difficoltà dalle scelte del pubblico?
R. Le categorie sono gli aspetti che più possono spaventare un improvvisatore. Può venire richiesta un'improvvisazione alla maniera di Quentin Tarantino, dei film western o di Luigi Pirandello, o magari una poesia. Ecco, in questi casi bisogna conoscere bene gli elementi caratteristici del genere. L'improvvisatore può decidere di non entrare in scena, ma a volte la sua presenza è necessaria. La cosa più difficile è capire quando entrare e cosa fare, per l'improvvisazione senza penalizzare i compagni, ricordandosi che si può essere tutto, anche un passante o un oggetto. Soprattutto perché a volte proprio non si sa cosa dire.
Ecco, io posso dire che due sono le scelte del pubblico che più mi spaventano. Le Tarantino e le fantascienza: le prime perché proprio non sono capace a sparare e a dire parolacce in scena, le seconde perché… faccio già molta fatica a capire i film, figuriamoci mettere in scena una storia alla Alien o peggio alla Matrix!!!
D. Esiste un prima e dopo, personale, dall'entrata in compagnia?
R. Il prima può essere un percorso teatrale in un genere diverso dall'improvvisazione, che può sicuramente aiutare sulla costruzione del personaggio e sullo stare in scena. Ma può anche non esserci un trascorso da attori. Difficilmente però chi inizia la carriera di improvvisatore può smettere di esserlo. L'improvvisazione può entrare a far parte della vita quotidiana o del proprio lavoro.
D. Perché venire a vedere i match?
R. Perché ogni match è diverso dall'altro, perché ogni improvvisazione è diversa dall'altra. Perché si ride e ci si emoziona, perché chi gioca sul palco crea un mondo nel quale lo spettatore entra e fa da suggeritore.
E nell'attesa che i Match riprendano con i professionisti alle Serre (7 e 21 febbraio e 7 e 21 marzo 2015), non perdete l'ultimo incontro/scontro il 31 ottobre al Baretti. E con Torino che sfida sé stessa, la vittoria è assicurata. Furbetti!!
gb
Teatro Baretti
Match d'improvvisazione teatrale
Teatrosequenza
www.teatrosequenza.it
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