la ragazza con la pelliccia
tra indifferenza e anoressia
Tratto da una storia vera è il testo interpretato da Federica Bognetti e in scena allo Spazio Tertulliano dal 17 al 20 febbraio.
"Tutto il pane del mondo" è il romanzo biografico di Fabiola De Clercq, una storia di abusi, di abbandoni, di debolezze. Del narcisismo degli adulti che sfocia nell'insicurezza dei piccoli. Da tutto questo, e nel riadattamento che il teatro necessita, nasce “La bambina con la pelliccia”. Un tema forte trattato con una leggerezza intelligente, scegliendo, vincendo, di non puntare sugli effetti del sintomo sicuramente d'impatto, bensì sui sintomi, sul come la malattia plasma in un certo modo la mente della persona.
Sul palco pochi oggetti costituiscono il percorso simbolico essenziale per tracciare una narrazione attraverso gli oggetti di scena. Una sedia a sinistra, un lavandino al centro, una poltrona sulla destra.
Con il lavandino al centro si sottolinea, simbolicamente, il centro del tema. Si rimanda a quel costante rituale giornaliero che conduce a vomitare, e nonostante ci si prepari per una morte lenta si avverte un strano senso di potenza, si sentiva forte la nostra protagonista nel padroneggiare il suo corpo attraverso il peso, godeva nell'auto umiliarsi. In qualche modo il dolore andava placato, sedato almeno, e vomitare sembrava la via più facile per raggiungere quei pochi attimi di liberazione. Ma quando la decadenza di un corpo che non si ama, e quindi egoista, deve fare i conti con una vita che sta nascendo proprio dentro di essa? Delle due l'una, o si sceglie di vivere concedendo a sua volta di vivere o si sceglie per la morte di entrambe le vite..
Dopo BarBlues in cui Federica Bognetti veste i panni di Gilda in uno spettacolo tra musica jazz e canzoni, in La ragazza con la pelliccia, padronanza del ruolo e delle competenze attoriali confermano il suo talento. Tutto, nuances tonali, movimenti del corpo, e il ritmo a volte più spedito altre più pacato, formano un ottimo equilibrio.
Cosi come appare convincente l'intera struttura dello spettacolo e un'ottima scelta la leggerezza con cui il tema è trattato, anche attraverso l'uso di piccoli espedienti quali l'uso di una pupazzo parlante, simbolo dell'alter ego cattivo, e il ricorso al mondo del cinema, per marcare attraverso delle fotografie visuali il dramma di questo corpo che vive in bagno, sul lavandino nel quale vomita, quindi una sequenza di pochi “scatti” che culmina con la Bognetti quasi crocifissa come il San Pietro di Michelangelo proprio per sottolinearne l'aspetto patetico e doloroso.
Quando una creatura inizia a muoversi – la protagonista è al suo terzo mese di gravidanza – qualcosa inevitabilmente cambia dentro il corpo e la mente che ospita il feto.
Non è difficile immaginare questo conflitto interno se si pensa a “Lettera di un bambino mia nato” della Fallaci in cui proprio si esplicita quel mondo di domande, di dubbi, di rabbie represse e gioie frustrate che porta, anche qui ad una scelta. Però qui, differentemente che nella Fallaci, la vita riconosce se stessa e spinge verso di essa. La nostra protagonista sceglie di vivere per far vivere, dunque per istinto di madre. E sarà lei stessa, Fabiola le Clercq una volta sul palco a spettacolo ultimato – un momento intimo e fortemente comunicativo con il pubblico – fra imbarazzo e grande dignità, a raccontarci la sua storia e la sua speranza, nonostante tutto, che le cose e le persone posso migliorarsi. Perché i figli degli adulti pessimi di ieri possono essere gli ottimi, o quasi (Fabiola ama definirsi una buona costruzione anti sismica), adulti di domani.
"Tutto il pane del mondo" è il romanzo biografico di Fabiola De Clercq, una storia di abusi, di abbandoni, di debolezze. Del narcisismo degli adulti che sfocia nell'insicurezza dei piccoli. Da tutto questo, e nel riadattamento che il teatro necessita, nasce “La bambina con la pelliccia”. Un tema forte trattato con una leggerezza intelligente, scegliendo, vincendo, di non puntare sugli effetti del sintomo sicuramente d'impatto, bensì sui sintomi, sul come la malattia plasma in un certo modo la mente della persona.
Sul palco pochi oggetti costituiscono il percorso simbolico essenziale per tracciare una narrazione attraverso gli oggetti di scena. Una sedia a sinistra, un lavandino al centro, una poltrona sulla destra.
Con il lavandino al centro si sottolinea, simbolicamente, il centro del tema. Si rimanda a quel costante rituale giornaliero che conduce a vomitare, e nonostante ci si prepari per una morte lenta si avverte un strano senso di potenza, si sentiva forte la nostra protagonista nel padroneggiare il suo corpo attraverso il peso, godeva nell'auto umiliarsi. In qualche modo il dolore andava placato, sedato almeno, e vomitare sembrava la via più facile per raggiungere quei pochi attimi di liberazione. Ma quando la decadenza di un corpo che non si ama, e quindi egoista, deve fare i conti con una vita che sta nascendo proprio dentro di essa? Delle due l'una, o si sceglie di vivere concedendo a sua volta di vivere o si sceglie per la morte di entrambe le vite..
Dopo BarBlues in cui Federica Bognetti veste i panni di Gilda in uno spettacolo tra musica jazz e canzoni, in La ragazza con la pelliccia, padronanza del ruolo e delle competenze attoriali confermano il suo talento. Tutto, nuances tonali, movimenti del corpo, e il ritmo a volte più spedito altre più pacato, formano un ottimo equilibrio.
Cosi come appare convincente l'intera struttura dello spettacolo e un'ottima scelta la leggerezza con cui il tema è trattato, anche attraverso l'uso di piccoli espedienti quali l'uso di una pupazzo parlante, simbolo dell'alter ego cattivo, e il ricorso al mondo del cinema, per marcare attraverso delle fotografie visuali il dramma di questo corpo che vive in bagno, sul lavandino nel quale vomita, quindi una sequenza di pochi “scatti” che culmina con la Bognetti quasi crocifissa come il San Pietro di Michelangelo proprio per sottolinearne l'aspetto patetico e doloroso.
Quando una creatura inizia a muoversi – la protagonista è al suo terzo mese di gravidanza – qualcosa inevitabilmente cambia dentro il corpo e la mente che ospita il feto.
Non è difficile immaginare questo conflitto interno se si pensa a “Lettera di un bambino mia nato” della Fallaci in cui proprio si esplicita quel mondo di domande, di dubbi, di rabbie represse e gioie frustrate che porta, anche qui ad una scelta. Però qui, differentemente che nella Fallaci, la vita riconosce se stessa e spinge verso di essa. La nostra protagonista sceglie di vivere per far vivere, dunque per istinto di madre. E sarà lei stessa, Fabiola le Clercq una volta sul palco a spettacolo ultimato – un momento intimo e fortemente comunicativo con il pubblico – fra imbarazzo e grande dignità, a raccontarci la sua storia e la sua speranza, nonostante tutto, che le cose e le persone posso migliorarsi. Perché i figli degli adulti pessimi di ieri possono essere gli ottimi, o quasi (Fabiola ama definirsi una buona costruzione anti sismica), adulti di domani.
gb
Spazio Tertulliano
La ragazza con la pelliccia
Federica Bognetti
tratto da "Tutto il pane del mondo", romanzo biografico di Fabiola De Clercq
La ragazza con la pelliccia
Federica Bognetti
tratto da "Tutto il pane del mondo", romanzo biografico di Fabiola De Clercq