Chi ama Brucia
L'intervista ad Alice Conti
Terzo appuntamento per Schegge al CuboTeatro.
Dopo l'Eremita contemporaneo, spettacolo di InstabiliVaganti sulla situazione dell'Ilva, è Chi ama Brucia. Discorsi al limite della frontiera di Alice Conti a indagare un'altra istituzione nostrana, il Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri di Torino – C.I.E.
Come per i due spettacoli precedenti - ricordiamo anche Creaturamia... di TeatRing - anche questo è uno spettacolo in cui parola e corpo, suono e movimento, vanno di pari passo. L'uno non esclude l'altro, anzi il primo sfocia naturalmente nel secondo facendo dei tre spettacoli, una triade contemporaneissima, sintesi, se pur con le dovute differenze, della direzione che l'arte teatrale ha imboccato da un paio di decadi.
Chi ama Brucia è un'indagine prima scientifica, che poi diventa dramma. E' la tesi di laurea specialistica diAlice Conti che, con la complicità di Chiara Zingariello, si trasforma in un monologo forte, lucido e coraggioso nel volere rompere i pregiudizi su una questione spinosa, facile preda di (finti)moralismi, come quella del CIE. Bravura e indagine scientifica che nel 2014 fa vincere alla protagonista ANTEPRIMA di Scenica Frammenti, Direction Under30 di Teatro Sociale Gualtieri e il Premio Giovani Realtà del Teatro - giuria giornalisti di Civica Accademia d'Arte Drammatica Nico Pepe.
Conosciamo meglio adesso protagonista e movente.
D. Balletto Civile, Royal Academy of Dramatic Arts, Emma Dante. Come si sintetizzano queste esperienze nel tuo modo di intendere e fare teatro?
R. Queste esperienze eterogenee costituiscono gran parte della mia formazione che si è svolta in modo un po' atipico per l'Italia e con una forte impronta fisica. Ho avuto la fortuna di lavorare e studiare con due grandi compagnie italiane e di approfondire lo studio della drammaturgia contemporanea in una prestigiosa accademia estera. Mi sono scelta un percorso autonomo di formazione artigianale, a bottega, di pratica teatrale. Il riconoscimento della validità di questo curriculum è venuto nel 2013 quando sono stata selezionata all'Ecole des maitres, scuola europea di alta formazione teatrale riservata agli allievi delle accademie nazionali e diretta dall'argentina Costanza Macras. Il mio modo di intendere e fare teatro è certamente nutrito da queste esperienze di formazione e da una sensibilità antropologica, che cerca di assumere un punto di vista inconsueto. Cerchiamo di portare in scena le storie della contemporaneità, reinterpretandole con uno stile fisico, tragicomico e surreale, compenetrando linguaggi scenici diversi (corpo, luce, parola, canto, costumi, scene) e parlando della ferocia del presente.
D. Antropologia e teatro. Perché una tesi di laurea sul CIE?
R. Il mio interesse per l'antropologia si colloca a lato del teatro, ho sempre lavorato come attrice anche durante i miei studi universitari, e spesso ho sofferto della natura prettamente teorica della disciplina – per lo meno questo è il modo in cui viene trattata dall'università italiana – quando invece la sua utilità come strumento di analisi e di azione in una società complessa come quella contemporanea è lampante. In questo modo il mestiere dell'antropologo rischia di divenire una professione ancora più fantascientifica di quella del teatrante. Detto questo ho scritto la tesi sul CIE di Torino perché si trattava di un luogo reale, vicino eppure sconosciuto, segreto, gestito da regole "altre", "eccezionali" rispetto al territorio su cui sorge, la mia città. La scelta di occuparsene deriva dalla curiosità di approfondire la natura di questa contraddizione che aveva luogo davanti ai miei occhi; la scelta di utilizzarla come materiale di uno spettacolo si è imposta con la forza delle parole che ho raccolto, parole e storie che mi si affidavano insieme con una responsabilità e che non potevano rimanere chiuse in una tesi che pochi avrebbero letto. Ho usato il teatro per aggiustare il tiro dell'antropologia e renderla viva, pubblica, un fatto di agorà.
D. L'Uomo è pur sempre un animale. Chi ama brucia racconta di "bestie"?
R. "Chi ama brucia" parla di un luogo che espropria programmaticamente le persone dei loro diritti di cittadinanza e di conseguenza, giorno per giorno, del loro statuto umano. Si tratta di un processo che investe anche chi vi lavora. Il campo in questo senso è un meccanismo che crea le condizioni stesse del razzismo.
D. La tua indagine è lucida e senza finti moralismi. Sei d'accordo con Davide Cadeddu nel paragonare i "centri" con i campi di internamento storici, compresi i lager nazisti?
R. Cerco di fare un teatro che metta le persone in grado di giudicare da sole quello che le circonda.
D. E della gente che da fuori aiuta queste "povere creature" che ci dici?
R. Intendi i solidali e gli antirazzisti? Sono persone che si oppongono al principio e al fatto che possano esistere luoghi come il CIE che degradano altre persone allo stato di "povere creature" bisognose di "assistenza". La clandestinità non è un fatto o un dato naturale bensì un meccanismo, un processo amministrativo, burocratico e legislativo che tende a rimanere in ombra. Smascherare questi meccanismi e liberarsi di questi falsi alibi è un atto di coraggio.
D. Dal CIE a Amy: il tuo nuovo impegno a teatro.
R. Ortika nasce come gruppo teatrale nomade di affinità umana e artistica tra me, Chiara Zingariello (scrittrice e antropologa), Alice Colla (disegnatrice luce), Eleonora Duse (costumista) nel 2011 con"On Incompleteness of Life" (installazione per 8 corpi e cantante lirica), prosegue nel 2012 con "Amy&Blake. Concerto per le ultime parole d'amore" (tragicomico concerto; uno spettacolo sulla dipendenza dedicato all'eroina contemporanea che – al posto nostro – ha vissuto tutto ed è bruciata in fretta Amy Winehouse). Ora siamo in fase di scrittura di un nuovo spettacolo dove finalmente non sarò più sola in scena. Un lavoro che tiene insieme canto e contemporaneità, livore e commedia e che parla di una possibile vendetta Erinni.
Dopo l'Eremita contemporaneo, spettacolo di InstabiliVaganti sulla situazione dell'Ilva, è Chi ama Brucia. Discorsi al limite della frontiera di Alice Conti a indagare un'altra istituzione nostrana, il Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri di Torino – C.I.E.
Come per i due spettacoli precedenti - ricordiamo anche Creaturamia... di TeatRing - anche questo è uno spettacolo in cui parola e corpo, suono e movimento, vanno di pari passo. L'uno non esclude l'altro, anzi il primo sfocia naturalmente nel secondo facendo dei tre spettacoli, una triade contemporaneissima, sintesi, se pur con le dovute differenze, della direzione che l'arte teatrale ha imboccato da un paio di decadi.
Chi ama Brucia è un'indagine prima scientifica, che poi diventa dramma. E' la tesi di laurea specialistica diAlice Conti che, con la complicità di Chiara Zingariello, si trasforma in un monologo forte, lucido e coraggioso nel volere rompere i pregiudizi su una questione spinosa, facile preda di (finti)moralismi, come quella del CIE. Bravura e indagine scientifica che nel 2014 fa vincere alla protagonista ANTEPRIMA di Scenica Frammenti, Direction Under30 di Teatro Sociale Gualtieri e il Premio Giovani Realtà del Teatro - giuria giornalisti di Civica Accademia d'Arte Drammatica Nico Pepe.
Conosciamo meglio adesso protagonista e movente.
D. Balletto Civile, Royal Academy of Dramatic Arts, Emma Dante. Come si sintetizzano queste esperienze nel tuo modo di intendere e fare teatro?
R. Queste esperienze eterogenee costituiscono gran parte della mia formazione che si è svolta in modo un po' atipico per l'Italia e con una forte impronta fisica. Ho avuto la fortuna di lavorare e studiare con due grandi compagnie italiane e di approfondire lo studio della drammaturgia contemporanea in una prestigiosa accademia estera. Mi sono scelta un percorso autonomo di formazione artigianale, a bottega, di pratica teatrale. Il riconoscimento della validità di questo curriculum è venuto nel 2013 quando sono stata selezionata all'Ecole des maitres, scuola europea di alta formazione teatrale riservata agli allievi delle accademie nazionali e diretta dall'argentina Costanza Macras. Il mio modo di intendere e fare teatro è certamente nutrito da queste esperienze di formazione e da una sensibilità antropologica, che cerca di assumere un punto di vista inconsueto. Cerchiamo di portare in scena le storie della contemporaneità, reinterpretandole con uno stile fisico, tragicomico e surreale, compenetrando linguaggi scenici diversi (corpo, luce, parola, canto, costumi, scene) e parlando della ferocia del presente.
D. Antropologia e teatro. Perché una tesi di laurea sul CIE?
R. Il mio interesse per l'antropologia si colloca a lato del teatro, ho sempre lavorato come attrice anche durante i miei studi universitari, e spesso ho sofferto della natura prettamente teorica della disciplina – per lo meno questo è il modo in cui viene trattata dall'università italiana – quando invece la sua utilità come strumento di analisi e di azione in una società complessa come quella contemporanea è lampante. In questo modo il mestiere dell'antropologo rischia di divenire una professione ancora più fantascientifica di quella del teatrante. Detto questo ho scritto la tesi sul CIE di Torino perché si trattava di un luogo reale, vicino eppure sconosciuto, segreto, gestito da regole "altre", "eccezionali" rispetto al territorio su cui sorge, la mia città. La scelta di occuparsene deriva dalla curiosità di approfondire la natura di questa contraddizione che aveva luogo davanti ai miei occhi; la scelta di utilizzarla come materiale di uno spettacolo si è imposta con la forza delle parole che ho raccolto, parole e storie che mi si affidavano insieme con una responsabilità e che non potevano rimanere chiuse in una tesi che pochi avrebbero letto. Ho usato il teatro per aggiustare il tiro dell'antropologia e renderla viva, pubblica, un fatto di agorà.
D. L'Uomo è pur sempre un animale. Chi ama brucia racconta di "bestie"?
R. "Chi ama brucia" parla di un luogo che espropria programmaticamente le persone dei loro diritti di cittadinanza e di conseguenza, giorno per giorno, del loro statuto umano. Si tratta di un processo che investe anche chi vi lavora. Il campo in questo senso è un meccanismo che crea le condizioni stesse del razzismo.
D. La tua indagine è lucida e senza finti moralismi. Sei d'accordo con Davide Cadeddu nel paragonare i "centri" con i campi di internamento storici, compresi i lager nazisti?
R. Cerco di fare un teatro che metta le persone in grado di giudicare da sole quello che le circonda.
D. E della gente che da fuori aiuta queste "povere creature" che ci dici?
R. Intendi i solidali e gli antirazzisti? Sono persone che si oppongono al principio e al fatto che possano esistere luoghi come il CIE che degradano altre persone allo stato di "povere creature" bisognose di "assistenza". La clandestinità non è un fatto o un dato naturale bensì un meccanismo, un processo amministrativo, burocratico e legislativo che tende a rimanere in ombra. Smascherare questi meccanismi e liberarsi di questi falsi alibi è un atto di coraggio.
D. Dal CIE a Amy: il tuo nuovo impegno a teatro.
R. Ortika nasce come gruppo teatrale nomade di affinità umana e artistica tra me, Chiara Zingariello (scrittrice e antropologa), Alice Colla (disegnatrice luce), Eleonora Duse (costumista) nel 2011 con"On Incompleteness of Life" (installazione per 8 corpi e cantante lirica), prosegue nel 2012 con "Amy&Blake. Concerto per le ultime parole d'amore" (tragicomico concerto; uno spettacolo sulla dipendenza dedicato all'eroina contemporanea che – al posto nostro – ha vissuto tutto ed è bruciata in fretta Amy Winehouse). Ora siamo in fase di scrittura di un nuovo spettacolo dove finalmente non sarò più sola in scena. Un lavoro che tiene insieme canto e contemporaneità, livore e commedia e che parla di una possibile vendetta Erinni.
gb
www.ortika.info