Big Action Money
le Illusioni di Vyrypaev
Li abbiamo visti al CuboTeatro per Schegge e ne abbiamo ammirato il testo e la messa in scena. Ora, in vista della replica di Illusioni, venerdì 26 al Teatro al Parco di Parma, pubblichiamo l'intervista a Big Action Money. Di seguito le risposte di Teodoro Bonci Del Bene, che trova strana la terza domanda, salvo poi rispondere esattamente come ci aspettavamo.
D. Fra Russia e Italia. Come e quando nasce Bam?
R. Big Action Money nasce nel 2010 con uno spettacolo che, appunto, si chiamava "Big Action Money – performance party thing". Inizialmente la compagnia era formata da me e Matteo Rubagotti. Poi si sono aggiunte Carolina Cangini e Kristina Likhacheva, con cui avevo studiato alla Moscow theatre art school (MXT, il Teatro d'arte fondato da Stanislavskij). Ma a parte i dati anagrafici la vera "nascita" della compagnia coincide con l'apertura del progetto Cantiere Vyrypaev, ed è quindi legata ad un autore russo che avevo incontrato nei miei anni moscoviti. Big Action Money nasce come un ponte fra due culture teatrali a confronto.
D. Bam, Audiofumetti, Nuovo Teatro Popolare. Da subito BAM porta avanti l'idea di un teatro POPolare vicino al mondo della performance. Un teatro in cui musica dal vivo e sperimentazioni elettroniche sono parte integrante della struttura drammaturgica. Quanto è importate per BAM il coinvolgimento del pubblico?
R. Non mi piace la definizione "coinvolgimento del pubblico". Preferisco usare il termine "contatto". Direi che tutta la nostra produzione si basa sul tentativo di costruire un contatto fra scena e platea, spesso annullando la distanza fisica fra noi e gli spettatori. In effetti non riesco a capire perché uno spettatore dovrebbe andare a vedere qualche cosa che non lo riguarda. Questo non significa cercare il cosidetto "consenso". Al contrario, abbiamo una linea ben precisa nel momento in cui creiamo uno spettacolo. Ma mentre lo realizziamo cerchiamo di non perdere mai di vista il fatto che ad un certo punto qualcuno dovrà fruire della nostra creazione. Quindi ci interessa trovare la chiave che permetta un "contatto", vogliamo "toccare" il pubblico, da un punto di vista emotivo e sensoriale. Vogliamo vederlo reagire, come avviene in Illusioni, dove raramente gli spettatori riescono a rimanere impassibili di fronte a ciò che avviene.
D. CANTIERE VYRYPAEV: Illusioni, UFO e Ossigeno. La trilogia russa. Quali, se esistono, le differenze fra i testi italiani e le drammaturgie russe? Diverso il contesto, diverso il punto di vista?
R. Questa domanda è un poco strana. Chiaramente esistono delle differenze, ma è un argomento molto ampio da esaminare in questa sede. Se vogliamo parlare delle peculiarità della scrittura di Vyrypaev direi che la sua drammaturgia potrebbe facilmente essere scambiata per il frutto di una penna europea. Quello che tradisce l'appartenenza alla cultura russa, nei testi di Vyrypaev, sono i temi più che le forme. Vyrypaev in tutta la sua produzione letteraria si sofferma ad analizzare alcuni temi fondamentali di base: il rapporto con il divino, le sostanze stupefacenti, le questioni sociali e le schizofrenie della società contemporanea (tema che va via via svanendo a partire dal 2010), l'amore, il rapporto fra l'uomo e l'universo in cui galleggia. Quest'ultimo tema subisce le influenze di alcune riflessioni nate dalle scoperte che, a partire dalla prima metà del ‘900, hanno rivoluzionato e scardinato le concezioni del mondo della fisica. È quindi evidente che Vyrypaev si interessa a temi molto profondi ed universali. Nella sua scrittura le storie particolari di alcuni personaggi e l'empatia che sentiamo per le storie che ci vengono proposte, sono da intendersi come "chiavi" che aprono la possibilità ad interessarsi a temi ben più ampi e (forse) filosofici, metafisici. In questo Vyrypaev è assolutamente russo e si inserisce a pieno titolo nella storia della letteratura e del teatro russo. In ultimo aggiungerei che la grande dose di umorismo che riesce a pervadere perfino i testi più duri di Vyrypaev, è proprio una peculiarità del teatro russo sia classico che contemporaneo.
D. Illusioni: l'Amore raccontato attraverso due coppie di 84enni. Quali le riflessioni per voi attori/persone che avete un distacco d'una quarantina d'anni dai protagonisti?
R. Queste storie d'amore raccontate da quattro anziani non sono altro che pretesti per colpire l'immaginario di chi le riceve. In realtà c'è molto poco di realistico nella storia di questi vecchietti. Ad un certo punto i nostri anziani iniziano a comportarsi come degli adolescenti, e questo è già un bel paradosso. Proprio per questo nulla, a parte il dato anagrafico, dovrebbe ancorare l'immaginario dello spettatore allo stereotipo dell'anzianità. Quindi la riflessione che siamo portati a compiere riguarda il nostro stare qui, adesso, nella nostra età. Anzi, i vecchietti ci stanno parlando del nostro oggi, sono delle lenti d'ingrandimento sul nostro presente. Chiaramente ciascuno di noi è rimasto molto toccato da Illusioni, ed ognuno ha fatto un percorso umano attraverso questo lavoro. Ma il tipo di riflessione che ne nasce cambia da soggetto a soggetto, e, almeno per quanto riguarda me, si tratta di qualcosa di molto personale.
D. Il potere della voce. Illusioni è una "soap" contemporanea priva di scenografia. Compiacenze da cantastorie o crisi economico culturale? O Forse il teatro è il luogo adatto all'uso dell'immaginazione?
R. Senza immaginazione non c'è teatro. Le scelte di allestimento non sono in alcun modo dettate da ristrettezze economiche. Abbiamo messo in scena tutto quello che ci serviva per fare il nostro teatro: ovvero un pannello nero, che sembra illuminarsi di luce bianca, perduto nel nero immateriale del palcoscenico. Nella mia visione questo pannello è un sinonimo di vuoto. Ad un certo punto dell'allestimento sentivo la necessità di mettere qualche cosa sul palco. Un oggetto, anzi, un totem. Ma la funzione di questo totem non doveva assolutamente essere quella di riempire il vuoto, e nemmeno di sottolinearlo. Sentivo la necessità di disegnare i confini di questo spazio vuoto inserendovi all'interno un altro spazio vuoto, in modo da creare una prospettiva per via negativa. È chiaro che tutto questo non deve necessariamente essere decodificato dallo spettatore con le parole che sto usando ora. Diciamo che l'impostazione della scena serve in quanto suggerimento, spesso inconscio, di uno spazio libero in cui ciascuno può posizionare il personaggio per come se lo immagina.
D. Illusioni arriva in Rai per Memo l'agenda culturale. Ottimo riconoscimento per Bam..
R. Grazie! Abbiamo visto il servizio diversi giorni dopo la sua messa in onda. Per noi questo tipo di riconoscimenti rappresentano l'occasione per far conoscere il progetto a persone ed istituzioni nuove. Si tratta quindi di occasioni per rilanciare, non rappresentano traguardi.
D. Fra Russia e Italia. Come e quando nasce Bam?
R. Big Action Money nasce nel 2010 con uno spettacolo che, appunto, si chiamava "Big Action Money – performance party thing". Inizialmente la compagnia era formata da me e Matteo Rubagotti. Poi si sono aggiunte Carolina Cangini e Kristina Likhacheva, con cui avevo studiato alla Moscow theatre art school (MXT, il Teatro d'arte fondato da Stanislavskij). Ma a parte i dati anagrafici la vera "nascita" della compagnia coincide con l'apertura del progetto Cantiere Vyrypaev, ed è quindi legata ad un autore russo che avevo incontrato nei miei anni moscoviti. Big Action Money nasce come un ponte fra due culture teatrali a confronto.
D. Bam, Audiofumetti, Nuovo Teatro Popolare. Da subito BAM porta avanti l'idea di un teatro POPolare vicino al mondo della performance. Un teatro in cui musica dal vivo e sperimentazioni elettroniche sono parte integrante della struttura drammaturgica. Quanto è importate per BAM il coinvolgimento del pubblico?
R. Non mi piace la definizione "coinvolgimento del pubblico". Preferisco usare il termine "contatto". Direi che tutta la nostra produzione si basa sul tentativo di costruire un contatto fra scena e platea, spesso annullando la distanza fisica fra noi e gli spettatori. In effetti non riesco a capire perché uno spettatore dovrebbe andare a vedere qualche cosa che non lo riguarda. Questo non significa cercare il cosidetto "consenso". Al contrario, abbiamo una linea ben precisa nel momento in cui creiamo uno spettacolo. Ma mentre lo realizziamo cerchiamo di non perdere mai di vista il fatto che ad un certo punto qualcuno dovrà fruire della nostra creazione. Quindi ci interessa trovare la chiave che permetta un "contatto", vogliamo "toccare" il pubblico, da un punto di vista emotivo e sensoriale. Vogliamo vederlo reagire, come avviene in Illusioni, dove raramente gli spettatori riescono a rimanere impassibili di fronte a ciò che avviene.
D. CANTIERE VYRYPAEV: Illusioni, UFO e Ossigeno. La trilogia russa. Quali, se esistono, le differenze fra i testi italiani e le drammaturgie russe? Diverso il contesto, diverso il punto di vista?
R. Questa domanda è un poco strana. Chiaramente esistono delle differenze, ma è un argomento molto ampio da esaminare in questa sede. Se vogliamo parlare delle peculiarità della scrittura di Vyrypaev direi che la sua drammaturgia potrebbe facilmente essere scambiata per il frutto di una penna europea. Quello che tradisce l'appartenenza alla cultura russa, nei testi di Vyrypaev, sono i temi più che le forme. Vyrypaev in tutta la sua produzione letteraria si sofferma ad analizzare alcuni temi fondamentali di base: il rapporto con il divino, le sostanze stupefacenti, le questioni sociali e le schizofrenie della società contemporanea (tema che va via via svanendo a partire dal 2010), l'amore, il rapporto fra l'uomo e l'universo in cui galleggia. Quest'ultimo tema subisce le influenze di alcune riflessioni nate dalle scoperte che, a partire dalla prima metà del ‘900, hanno rivoluzionato e scardinato le concezioni del mondo della fisica. È quindi evidente che Vyrypaev si interessa a temi molto profondi ed universali. Nella sua scrittura le storie particolari di alcuni personaggi e l'empatia che sentiamo per le storie che ci vengono proposte, sono da intendersi come "chiavi" che aprono la possibilità ad interessarsi a temi ben più ampi e (forse) filosofici, metafisici. In questo Vyrypaev è assolutamente russo e si inserisce a pieno titolo nella storia della letteratura e del teatro russo. In ultimo aggiungerei che la grande dose di umorismo che riesce a pervadere perfino i testi più duri di Vyrypaev, è proprio una peculiarità del teatro russo sia classico che contemporaneo.
D. Illusioni: l'Amore raccontato attraverso due coppie di 84enni. Quali le riflessioni per voi attori/persone che avete un distacco d'una quarantina d'anni dai protagonisti?
R. Queste storie d'amore raccontate da quattro anziani non sono altro che pretesti per colpire l'immaginario di chi le riceve. In realtà c'è molto poco di realistico nella storia di questi vecchietti. Ad un certo punto i nostri anziani iniziano a comportarsi come degli adolescenti, e questo è già un bel paradosso. Proprio per questo nulla, a parte il dato anagrafico, dovrebbe ancorare l'immaginario dello spettatore allo stereotipo dell'anzianità. Quindi la riflessione che siamo portati a compiere riguarda il nostro stare qui, adesso, nella nostra età. Anzi, i vecchietti ci stanno parlando del nostro oggi, sono delle lenti d'ingrandimento sul nostro presente. Chiaramente ciascuno di noi è rimasto molto toccato da Illusioni, ed ognuno ha fatto un percorso umano attraverso questo lavoro. Ma il tipo di riflessione che ne nasce cambia da soggetto a soggetto, e, almeno per quanto riguarda me, si tratta di qualcosa di molto personale.
D. Il potere della voce. Illusioni è una "soap" contemporanea priva di scenografia. Compiacenze da cantastorie o crisi economico culturale? O Forse il teatro è il luogo adatto all'uso dell'immaginazione?
R. Senza immaginazione non c'è teatro. Le scelte di allestimento non sono in alcun modo dettate da ristrettezze economiche. Abbiamo messo in scena tutto quello che ci serviva per fare il nostro teatro: ovvero un pannello nero, che sembra illuminarsi di luce bianca, perduto nel nero immateriale del palcoscenico. Nella mia visione questo pannello è un sinonimo di vuoto. Ad un certo punto dell'allestimento sentivo la necessità di mettere qualche cosa sul palco. Un oggetto, anzi, un totem. Ma la funzione di questo totem non doveva assolutamente essere quella di riempire il vuoto, e nemmeno di sottolinearlo. Sentivo la necessità di disegnare i confini di questo spazio vuoto inserendovi all'interno un altro spazio vuoto, in modo da creare una prospettiva per via negativa. È chiaro che tutto questo non deve necessariamente essere decodificato dallo spettatore con le parole che sto usando ora. Diciamo che l'impostazione della scena serve in quanto suggerimento, spesso inconscio, di uno spazio libero in cui ciascuno può posizionare il personaggio per come se lo immagina.
D. Illusioni arriva in Rai per Memo l'agenda culturale. Ottimo riconoscimento per Bam..
R. Grazie! Abbiamo visto il servizio diversi giorni dopo la sua messa in onda. Per noi questo tipo di riconoscimenti rappresentano l'occasione per far conoscere il progetto a persone ed istituzioni nuove. Si tratta quindi di occasioni per rilanciare, non rappresentano traguardi.
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