Ricci/Forte
Darling e la proprietà commutativa
Alla loro quinta presenza al Festival delle Colline, i Ricci/Forte presentano Darling.
Con debutto al Romaeuropa Festival 2014, la nuova co-produzione arriva a Torino. Al Teatro Astra, container come le case di Eschilo per un'indagine dopo la catastrofe.
"Immagina che uno tsunami spazzi via un'intera civiltà, scrivono Ricci/Forte. Immagina che si debba ricostruire una dignità umana tra le macerie. Immagina che il sangue, privato delle regole sociali, restituisca - oltre alla barbarie animalesca - anche quel senso primordiale etico che avevamo dimenticato. Tutto è smembrato, perduto, devastato dalle acque del qualunquismo. Ma forse, sotto le macerie, l'uomo può rintracciare una fibra più autentica."
Un anno è passato da quando al Carignano, sempre nella cornice del festival, il duo ha presentato Still life 2013. Difficile non paragonarli, difficile non rimanere sorpresi. Struttura e significato dei testi sono pressoché identici. Simili i giochi verbali, adiacenti le metafore. Congruenti nell'impegno politico, affini nella missione sociale. Compatibili nella speranza che la Madre - Terra, Mondo, Coscienza universale - partorisca uomini nuovi. Certo, camuffati sotto un nuovo involucro - almeno per la primissima parte - ma impariamo dalla matematica che anche cambiando gli addendi il risultato non cambia.
In Still life si partiva dal fatto di cronaca, che datandolo lo si ferma nella memoria, in Darling si parte dall'Orestea di Eschilo, ben radicata nella memoria storico letteraria, per parlare dello Stato di oggi, della sua decadenza alimentata da umanoidi dalla coscienza resettata. In Still life si innaffiava con l'augurio, fra simbologie e segni, che fioriscano "cuori bianchi", puri come quelli dei bambini, in Darling una bambola, come un seme umano, viene inserito in un porta pianta, e ripetuto decine di volte, in modo che il messaggio non sia frainteso. Un testo forte certo, se sentito per la prima volta, ma per chi li segue, debole nella sua carica originale.
La regia, puntualissima e lineare in Still Life, in Darling, pur con la stessa sensibilità non sembra armoniosa. Tornano i topoi del duo: immagine patinate, nudo, suggestione bimbe, simbologie cristologiche, omoerotismo. Più vicino, però, alle arti visive, Darling, almeno nell'esordio presenta un divenire in slow motion, in cui Anna Gualdo, una volta annunciato, come nella tragedia originale, da sopra il tetto la tragedia imminente, aleggia sul perimetro della facciata del container, frame che in video avrebbe avuto una resa perfetta.
Tale e quale resta il senso dell'allestimento, anche e purtroppo. Nello spettacolo del 2013, le scene under construction, l'insieme di oggetti che figuravano una falegnameria in cui umanizzare i burattini, in Darling si fa suggestione apocalittica, dalla distruzione la ri-costruzione insomma. Gabbia imposta e più spesso auto-imposta, i contaier in Darling ci invitano a liberarci, a distruggere i muri alla scoperta della vera libertà. Infatti sono luci a giorno, per la maggior parte dello spettacolo, ad illuminare la messa in scena, come a sottolineare come, spesso, la verità può apparire più finta della finzione stessa.
Ecco, capita spesso, che i grandi ripetano, in preda ad un narcisismo spropositato, i propri cavalli di battaglia, dimenticando che nella ripetizione il messaggio arriva chiaro certo, solo ancora prima che la messa in scena sia finita.
Con debutto al Romaeuropa Festival 2014, la nuova co-produzione arriva a Torino. Al Teatro Astra, container come le case di Eschilo per un'indagine dopo la catastrofe.
"Immagina che uno tsunami spazzi via un'intera civiltà, scrivono Ricci/Forte. Immagina che si debba ricostruire una dignità umana tra le macerie. Immagina che il sangue, privato delle regole sociali, restituisca - oltre alla barbarie animalesca - anche quel senso primordiale etico che avevamo dimenticato. Tutto è smembrato, perduto, devastato dalle acque del qualunquismo. Ma forse, sotto le macerie, l'uomo può rintracciare una fibra più autentica."
Un anno è passato da quando al Carignano, sempre nella cornice del festival, il duo ha presentato Still life 2013. Difficile non paragonarli, difficile non rimanere sorpresi. Struttura e significato dei testi sono pressoché identici. Simili i giochi verbali, adiacenti le metafore. Congruenti nell'impegno politico, affini nella missione sociale. Compatibili nella speranza che la Madre - Terra, Mondo, Coscienza universale - partorisca uomini nuovi. Certo, camuffati sotto un nuovo involucro - almeno per la primissima parte - ma impariamo dalla matematica che anche cambiando gli addendi il risultato non cambia.
In Still life si partiva dal fatto di cronaca, che datandolo lo si ferma nella memoria, in Darling si parte dall'Orestea di Eschilo, ben radicata nella memoria storico letteraria, per parlare dello Stato di oggi, della sua decadenza alimentata da umanoidi dalla coscienza resettata. In Still life si innaffiava con l'augurio, fra simbologie e segni, che fioriscano "cuori bianchi", puri come quelli dei bambini, in Darling una bambola, come un seme umano, viene inserito in un porta pianta, e ripetuto decine di volte, in modo che il messaggio non sia frainteso. Un testo forte certo, se sentito per la prima volta, ma per chi li segue, debole nella sua carica originale.
La regia, puntualissima e lineare in Still Life, in Darling, pur con la stessa sensibilità non sembra armoniosa. Tornano i topoi del duo: immagine patinate, nudo, suggestione bimbe, simbologie cristologiche, omoerotismo. Più vicino, però, alle arti visive, Darling, almeno nell'esordio presenta un divenire in slow motion, in cui Anna Gualdo, una volta annunciato, come nella tragedia originale, da sopra il tetto la tragedia imminente, aleggia sul perimetro della facciata del container, frame che in video avrebbe avuto una resa perfetta.
Tale e quale resta il senso dell'allestimento, anche e purtroppo. Nello spettacolo del 2013, le scene under construction, l'insieme di oggetti che figuravano una falegnameria in cui umanizzare i burattini, in Darling si fa suggestione apocalittica, dalla distruzione la ri-costruzione insomma. Gabbia imposta e più spesso auto-imposta, i contaier in Darling ci invitano a liberarci, a distruggere i muri alla scoperta della vera libertà. Infatti sono luci a giorno, per la maggior parte dello spettacolo, ad illuminare la messa in scena, come a sottolineare come, spesso, la verità può apparire più finta della finzione stessa.
Ecco, capita spesso, che i grandi ripetano, in preda ad un narcisismo spropositato, i propri cavalli di battaglia, dimenticando che nella ripetizione il messaggio arriva chiaro certo, solo ancora prima che la messa in scena sia finita.
gb
Creazione contemporanea. Festival delle Colline Torinesi
Darling
di ricci/forte
regia Stefano Ricci
con Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Piersten Leirom, Gabriel Da Costa
movimenti Marco Angelilli
elementi scenici Francesco Ghisu
costumi Gianluca Falaschi
suono Thomas Giorgi
direzione tecnica Alfredo Sebastiano
assistente regia Liliana Laera
produzione Romaeuropa Festival e Snaporazverein
www.ricciforte.com
Darling
di ricci/forte
regia Stefano Ricci
con Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Piersten Leirom, Gabriel Da Costa
movimenti Marco Angelilli
elementi scenici Francesco Ghisu
costumi Gianluca Falaschi
suono Thomas Giorgi
direzione tecnica Alfredo Sebastiano
assistente regia Liliana Laera
produzione Romaeuropa Festival e Snaporazverein
www.ricciforte.com