Le fiere torinesi
dalla morte dell'arte la (ri)nascita di Dioniso
La settimana dell'arte contemporanea torinese ha, come ogni anno, ospitato le fiere Artissima e Paratissima, passando per The Others. La città, dal 5 al 10 novembre, si è fatta vetrina di artisti e "bancarella" d'arte.
Nelle fiere, è ovvio, bisogna vendere e l'arte, in questi contesti, si abbassa a mero prodotto di consumo. Anzi, come nel caso di Artissima, l'arte può sfociare nel design o peggio nell'oggetto d'arredamento.
L'arte in questo caso non comunica e viene anche meno il mito del'art pour l'art, nel momento in cui non riproduce più sé stessa ma insegue i dettami del Mercato, e addirittura, i colori predominanti delle opere inseguono le cromie neutre degli arredi contemporanei. Ancora una volta un'arte di contorno per signori con case vuote.
Diverso il caso di Paratissima, che come sempre, pur rimanendo un grande contenitore di vendite, offre la panoramica più creativa dell'arte attuale, presentando artefatti originali di idee che possono e vogliono comunicare. Meravigliando certo, ma di uno stupore, fortunatamente, che non resta fine a se stesso, imponendo una o più riflessioni.
A metà strada fra Artissima e Paratissima sta The Others, fiera organizzata nelle suggestiva location delle ex Carceri. Contenitore ultra contemporaneo per un'invasione di colore nero. Opere che ricordano le edizioni passate, che segnano un cambiamento in sordina o celano un messaggio che l'arte veicola. Vedremo quale...
Tirando le somme: video (pochissimi), performance (con il solo scopo di intrattenimento) e installazioni (poche anch'esse) si sacrificano in favore di un ritorno alla pittura, alla scultura e alla fotografia.
La manualità di un'arte che si esprime, forse e nuovamente, attraverso la consapevolezza della tecnica.
Esiste tuttavia, ad uno sguardo attento, un comun denominatore che lega alcune espressioni dell'arte contemporanea e che queste grandi fiere-esposizioni hanno messo in luce.
Sempre più spesso nelle ultime decadi - ma come basso ostinato per tutta la storia dell'arte - piccoli mostri o ibridi uomo-animale hanno occupato tele, sono fuori usciti dalla materia degli scultori, hanno raggiunto la videoarte, sono stati immortalati dalla fotografia. Un mondo fantastico e favolistico che, scacciato dalle società odierne e nascondendosi nei boschi, pretende oggi, a ragione, una sua ricollocazione.
Ma perché, un mondo che insegue la bellezza e ha fatto del suo cavallo di battaglia in onore alla civiltà la lontananza dell'uomo dalla sua natura animale, dovrebbe partorire invece, come una serpe in seno, il suo esatto opposto?
Cercheremo di scoprirlo e affronteremo anche la scoperta di un'arte devota, consacrata, forse inconsapevolmente, alle istanze dionisiache. Risponderemo alle domande: perché ibridi? Da dove arrivano? Cosa significano? Quale messaggio nasconde questo tipo d'arte? Quale percorso nel panorama della storia delle arti? Cominciamo dunque il viaggio alla scoperta dell'arte dionisiaca e della conseguente profezia dell'uomo nuovo.
La Grecia. Preludio e coda
Nella mitologia greca – civiltà che ci ha fondati e ci ha impartito le migliori lezioni, che ci portiamo dentro, inconapevolmente, nel nostro dna -, gli ibridi uomo-animale incarnano spesso concetti legati al pericolo, alla sfida e alla morte.
In passato si trattava per lo più di figure femminili (sfingi, meduse, sirene), dalla bellezza pericolosa, in grado di sedurre e uccidere.
Il loro potere consisteva nel melodioso e letale canto, e venivano raffigurate con il corpo di uccello e il volto da donna. Nelle epoche successive si sono trasformate diventando con corpo da donna e coda, o coda di pesce, incarnando universalmente il simbolo della seduzione e del fascino femminile.
Legate alla conoscenza e al mistero della vita e della morte, in età moderna, il fascino di queste creature esplose in ambito simbolista, con la creazione del mito della femme fatale: la donna la cui doppia natura ammalia e distrugge, e sopravvive fino ai nostri giorni, interpretato da artisti di tutte le epoche, da Max Klinger a Paul Delvaux; da Gustav Moreau, Dante Gabriel Rossetti e Kiki Smith fino alla parodia di Jeff Koons.
Accanto a questa galleria di figure femminili, una quadreria di figure maschili come il Minotauro, i Satiri dionisiaci, le creature mitologiche, con corpo maschile e testa di toro, incarnano fin dall'antichità concetti legati all'istintualità, alla violenza, all'erotismo.
Per il suo rimando all'istinto, la figura del mostro di Creta si è sposata perfettamente con la poetica surrealista prima e contemporanea poi, volta all'affermazione del potere dell'inconscio, in quanto i Satiri e i Centauri e tutto il corteo dionisiaco, non stanno né coi mortali né con gli dei immortali, ma vivono in una sorta di interregno tra quello umano e quello divino.
L'idea di un'umanità pre-umana, o para-umana, abitata dagli dei dell'Olimpo e da figure fantastiche si associa all'ideale di un stato di natura assoluto.
Una zona mitica che sta al di qua e al di là di ogni "disagio della civiltà", un'altra realtà che ci accompagna, un'alterità appunto.
Sono i tempi di una sessualità violenta e non censurata, dell'erotismo sfrenato, della gioia festosa dell'ebbrezza. Della danza, della musica, ma anche della violenza ferina, non mitigata, selvaggia.
Sono anche i mondi della contemplazione dell'armonia arcadica, condizione cui gli uomini aspireranno quale assoluto da raggiungere. L'Arcadia, quindi, è un luogo dell'immaginario ma anche una condizione dello spirito. E se è vero che, come diceva Panofsky, anche nell'Arcadia c'è la morte, si tratterà di una morte accettata come un evento naturale, culmine di un'esistenza ciclica perché mitica.
Infine, il ruolo dell'uomo-animale, come essere legato alla divinità o dotato di facoltà superiori, fa si che nella mitologia greca, il centauro Chirone sia un essere civilizzato. E' amico degli uomini ed è maestro di eroi e dei, infatti uno dei suoi compiti è quello della formazione di Achille. Qui, Chirone rappresenta l'ibrido mitico dotato di una saggezza superiore, e qui diviene metafora per una critica sociale, punto nevralgico e significato dell'arte dionisiaca.
E sotto questa luce lo hanno visto artisti quali Gustave Moreau, Jacob Jordaens e Jacek Malczeski, in cui l'ibrido è dotato di una creatività che all'uomo/artista è sconosciuta. Proprio nell'opera di Malczewski, infatti, il satiro sussurra all'orecchio del suonatore la "nota sconosciuta", un segreto magico, mostrando il suo legame con le forze divine.
Perché allora, concordando con Aby Waburg, l'uomo dovrebbe collocarsi al di sopra degli animali? Gli uomini sono soltanto capaci di fare qualcosa, mentre l'animale è capace di esprimere ciò che è, in modo naturale.
Nelle fiere, è ovvio, bisogna vendere e l'arte, in questi contesti, si abbassa a mero prodotto di consumo. Anzi, come nel caso di Artissima, l'arte può sfociare nel design o peggio nell'oggetto d'arredamento.
L'arte in questo caso non comunica e viene anche meno il mito del'art pour l'art, nel momento in cui non riproduce più sé stessa ma insegue i dettami del Mercato, e addirittura, i colori predominanti delle opere inseguono le cromie neutre degli arredi contemporanei. Ancora una volta un'arte di contorno per signori con case vuote.
Diverso il caso di Paratissima, che come sempre, pur rimanendo un grande contenitore di vendite, offre la panoramica più creativa dell'arte attuale, presentando artefatti originali di idee che possono e vogliono comunicare. Meravigliando certo, ma di uno stupore, fortunatamente, che non resta fine a se stesso, imponendo una o più riflessioni.
A metà strada fra Artissima e Paratissima sta The Others, fiera organizzata nelle suggestiva location delle ex Carceri. Contenitore ultra contemporaneo per un'invasione di colore nero. Opere che ricordano le edizioni passate, che segnano un cambiamento in sordina o celano un messaggio che l'arte veicola. Vedremo quale...
Tirando le somme: video (pochissimi), performance (con il solo scopo di intrattenimento) e installazioni (poche anch'esse) si sacrificano in favore di un ritorno alla pittura, alla scultura e alla fotografia.
La manualità di un'arte che si esprime, forse e nuovamente, attraverso la consapevolezza della tecnica.
Esiste tuttavia, ad uno sguardo attento, un comun denominatore che lega alcune espressioni dell'arte contemporanea e che queste grandi fiere-esposizioni hanno messo in luce.
Sempre più spesso nelle ultime decadi - ma come basso ostinato per tutta la storia dell'arte - piccoli mostri o ibridi uomo-animale hanno occupato tele, sono fuori usciti dalla materia degli scultori, hanno raggiunto la videoarte, sono stati immortalati dalla fotografia. Un mondo fantastico e favolistico che, scacciato dalle società odierne e nascondendosi nei boschi, pretende oggi, a ragione, una sua ricollocazione.
Ma perché, un mondo che insegue la bellezza e ha fatto del suo cavallo di battaglia in onore alla civiltà la lontananza dell'uomo dalla sua natura animale, dovrebbe partorire invece, come una serpe in seno, il suo esatto opposto?
Cercheremo di scoprirlo e affronteremo anche la scoperta di un'arte devota, consacrata, forse inconsapevolmente, alle istanze dionisiache. Risponderemo alle domande: perché ibridi? Da dove arrivano? Cosa significano? Quale messaggio nasconde questo tipo d'arte? Quale percorso nel panorama della storia delle arti? Cominciamo dunque il viaggio alla scoperta dell'arte dionisiaca e della conseguente profezia dell'uomo nuovo.
La Grecia. Preludio e coda
Nella mitologia greca – civiltà che ci ha fondati e ci ha impartito le migliori lezioni, che ci portiamo dentro, inconapevolmente, nel nostro dna -, gli ibridi uomo-animale incarnano spesso concetti legati al pericolo, alla sfida e alla morte.
In passato si trattava per lo più di figure femminili (sfingi, meduse, sirene), dalla bellezza pericolosa, in grado di sedurre e uccidere.
Il loro potere consisteva nel melodioso e letale canto, e venivano raffigurate con il corpo di uccello e il volto da donna. Nelle epoche successive si sono trasformate diventando con corpo da donna e coda, o coda di pesce, incarnando universalmente il simbolo della seduzione e del fascino femminile.
Legate alla conoscenza e al mistero della vita e della morte, in età moderna, il fascino di queste creature esplose in ambito simbolista, con la creazione del mito della femme fatale: la donna la cui doppia natura ammalia e distrugge, e sopravvive fino ai nostri giorni, interpretato da artisti di tutte le epoche, da Max Klinger a Paul Delvaux; da Gustav Moreau, Dante Gabriel Rossetti e Kiki Smith fino alla parodia di Jeff Koons.
Accanto a questa galleria di figure femminili, una quadreria di figure maschili come il Minotauro, i Satiri dionisiaci, le creature mitologiche, con corpo maschile e testa di toro, incarnano fin dall'antichità concetti legati all'istintualità, alla violenza, all'erotismo.
Per il suo rimando all'istinto, la figura del mostro di Creta si è sposata perfettamente con la poetica surrealista prima e contemporanea poi, volta all'affermazione del potere dell'inconscio, in quanto i Satiri e i Centauri e tutto il corteo dionisiaco, non stanno né coi mortali né con gli dei immortali, ma vivono in una sorta di interregno tra quello umano e quello divino.
L'idea di un'umanità pre-umana, o para-umana, abitata dagli dei dell'Olimpo e da figure fantastiche si associa all'ideale di un stato di natura assoluto.
Una zona mitica che sta al di qua e al di là di ogni "disagio della civiltà", un'altra realtà che ci accompagna, un'alterità appunto.
Sono i tempi di una sessualità violenta e non censurata, dell'erotismo sfrenato, della gioia festosa dell'ebbrezza. Della danza, della musica, ma anche della violenza ferina, non mitigata, selvaggia.
Sono anche i mondi della contemplazione dell'armonia arcadica, condizione cui gli uomini aspireranno quale assoluto da raggiungere. L'Arcadia, quindi, è un luogo dell'immaginario ma anche una condizione dello spirito. E se è vero che, come diceva Panofsky, anche nell'Arcadia c'è la morte, si tratterà di una morte accettata come un evento naturale, culmine di un'esistenza ciclica perché mitica.
Infine, il ruolo dell'uomo-animale, come essere legato alla divinità o dotato di facoltà superiori, fa si che nella mitologia greca, il centauro Chirone sia un essere civilizzato. E' amico degli uomini ed è maestro di eroi e dei, infatti uno dei suoi compiti è quello della formazione di Achille. Qui, Chirone rappresenta l'ibrido mitico dotato di una saggezza superiore, e qui diviene metafora per una critica sociale, punto nevralgico e significato dell'arte dionisiaca.
E sotto questa luce lo hanno visto artisti quali Gustave Moreau, Jacob Jordaens e Jacek Malczeski, in cui l'ibrido è dotato di una creatività che all'uomo/artista è sconosciuta. Proprio nell'opera di Malczewski, infatti, il satiro sussurra all'orecchio del suonatore la "nota sconosciuta", un segreto magico, mostrando il suo legame con le forze divine.
Perché allora, concordando con Aby Waburg, l'uomo dovrebbe collocarsi al di sopra degli animali? Gli uomini sono soltanto capaci di fare qualcosa, mentre l'animale è capace di esprimere ciò che è, in modo naturale.
GB
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