strani oggi
Il cielo su Torino
Per la seconda edizione della rassegna Il cielo su Torino, progetto dedicato alle compagnie sostenute dalSistema Teatro Torino, al Gobetti (8-9 gennaio) il gruppo Tedacà. Con STRANI–OGGI. Generazione Qualsiasi Qualunque Qualsivoglia, si parla dell'Italia, dei sui figli, dei sui nei. Resistere o partire?
Tedacà, nasce nel 2002, da un collettivo di artisti, secondo cui il teatro, la danza, il canto e la musica sono strumenti fondamentali di racconto e testimonianza dell'uomo, delle sue difficoltà e delle sue contraddizioni. Sempre sensibile al rapporto con le persone, Tedacà ogni anno sviluppa progetti e spettacoli sui temi della contemporaneità, creazioni di nuove drammaturgie che scaturiscono dalle testimonianze dirette dei cittadini. E dal 2015, Tedacà condivide con Il Mulino di Amleto - compagnia fondata da attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino - l'urgenza di un teatro in cui i "Classici" siano affrontati come testi contemporanei e i "Contemporanei" come testi classici. Due compagnie alla ricerca di un "bello che deve ancora venire"..
Il testo è frutto di cinquantina di interviste a persone che vivono e provengono da tutte le parti del mondo: testimonianze scritte, filmate e audio raccontate di italiani che vivono all'estero e stranieri che si sono trasferiti in Italia. Uomini e donne di 25-40 anni che hanno condiviso desideri, aspirazioni, difficoltà, aspettative e rinunce del migrante di oggi. Le loro storie hanno plasmato i personaggi dello spettacolo, suggerito riflessioni, situazioni e pensieri: diverse sono le motivazioni e contingenze ma uguale il desiderio di partire per capire cosa ci sia al di fuori dei propri confini.
Cos'è successo da quando i padri di Strani-Ieri (Premio "Museo Cervi. Teatro e canzone per la Memoria" Gattatico, Reggio Emilia) hanno fatto tutto ciò che dovevano affinché i figli potessero crescere, studiare e prepararsi a vivere? Su questa domanda si apre Strani-Oggi. Cinque anni dopo, una manciata di storie, così intime e per questo così universali, che la compagnia Tedacà ha raccolto attraverso un lungo lavoro di ricerca e condivisione. Drammaturgia concertata che - con verità bombe che esplodono in lacrime - racconta le vite di una generazione che il proprio futuro l'ha scritto rinunciando o mettendo da parte ambizioni e aspirazioni, accettando qualunque, qualsiasi, qualsivoglia proposta, progetto, possibilità, etichetta. Dirette attraverso un registro onirico, in cui la regia, acerba e coloratissima, fa dialogare immagini e flussi di pensieri. Onirico dovuto, come ci dice Livio Taddeo, al senso di estraneità e precarietà, sottolineata dalle sedie e dal loro equilibrio traballante. Che sia cieco entusiasmo o ricerca di un adattamento, l'onirico lascia posto a un registro più reale quando i protagonisti - su skype - comunicando difficoltà e nostalgia, condividono le loro nuove, soddisfatte, vite.
Abbiamo chiuso l'anno passato con Se non piangi non vale!, l'editoriale in cui lamentavamo un'aridità emotiva da parte del teatro nostrano, e invece con Strani-Oggi, si piange felici. Finalmente il dolore, fra risate partecipative e sorrisi amari, si sublima attraverso le lacrime. Certo non saranno del tutto felici, ma almeno saranno empatiche e compassionevoli (da cum patior). Si parla di giovani, di quelli che hanno studiato e acquisito una professionalità. Di coloro il cui lavoro è passione e non solo denaro. Si parla di aspirazioni e di sogni e si scopre che, oggi, i figli non possono superare i padri. Non hai un cognome? Non fai parte dell'élite? Le tue amicizie non sono quelle giuste? Non frequenti i giusti circoli? Bene allora sappi che il tuo futuro è altrove come il caso, diventato topico su Facebook, del giovane rifiutato in Italia e assunto alla Nasa.
Non da meno, gli infiniti esempi che il nostro sistema Cultura e Ricerca, può offrire in merito a frustrazione collettiva e incapacità di crescita personale e professionale. L'Italia è un paese di figli, che anche quando si formano professionalmente, non possono crescere economicamente. E questo porta a delle nevrosi personali prima e sociali poi. Sei un attore? Un giornalista? Un ballerino? Uno scrittore? Un biologo? Un regista? quindinon hai un lavoro per la maggior parte di chi ti ascolta. Insegui solo un sogno per la tua famiglia, ormai stanca di ideali e desiderosa di concretezza. E quando il testo nella voce degli attori si fa rabbiosa speranza e feroce istinto di sopravvivenza, a questo punto, l'empatia si fa forte e le lacrime non tardano ad arrivare. La solitudine si sublima e la condivisione salva.
Perché si è in molti a patire questa non vita facendo fronte a sacrifici enormi, sviluppando un senso forte della dignità. Sembra quasi che non sia cool o addirittura chic, parlare di ristrettezze economiche, di come fare fronte all'alimentazione quotidiana o di come poter arrivare a fine mese per pareggiare affitti e consumi. Pur se la condizione dei più, ma non solo in Italia, ma a noi dell'Italia interessa, soprattutto nel sistema immenso della Cultura, la maggior parte preferisce esserci anche se palesemente sfruttata, inseguendo, l'ormai smentito slogan, "meglio farsi vedere, servirà come pubblicità". Quando invece in vetrina non mettiamo solo in mostra le nostre competenze, ma tutta la nostra bravura nell'essere scimmie addomesticate. Soprattutto questo ti punge il cuore e ti stimola il pianto, e soprattutto questa capacità d'ascolto, verso sé stessi e il contesto, che ci renderà strani oggi. Sentire, purtroppo, non fa parte del nostro tempo. Scappare, forse l'unica soluzione.
Tedacà, nasce nel 2002, da un collettivo di artisti, secondo cui il teatro, la danza, il canto e la musica sono strumenti fondamentali di racconto e testimonianza dell'uomo, delle sue difficoltà e delle sue contraddizioni. Sempre sensibile al rapporto con le persone, Tedacà ogni anno sviluppa progetti e spettacoli sui temi della contemporaneità, creazioni di nuove drammaturgie che scaturiscono dalle testimonianze dirette dei cittadini. E dal 2015, Tedacà condivide con Il Mulino di Amleto - compagnia fondata da attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino - l'urgenza di un teatro in cui i "Classici" siano affrontati come testi contemporanei e i "Contemporanei" come testi classici. Due compagnie alla ricerca di un "bello che deve ancora venire"..
Il testo è frutto di cinquantina di interviste a persone che vivono e provengono da tutte le parti del mondo: testimonianze scritte, filmate e audio raccontate di italiani che vivono all'estero e stranieri che si sono trasferiti in Italia. Uomini e donne di 25-40 anni che hanno condiviso desideri, aspirazioni, difficoltà, aspettative e rinunce del migrante di oggi. Le loro storie hanno plasmato i personaggi dello spettacolo, suggerito riflessioni, situazioni e pensieri: diverse sono le motivazioni e contingenze ma uguale il desiderio di partire per capire cosa ci sia al di fuori dei propri confini.
Cos'è successo da quando i padri di Strani-Ieri (Premio "Museo Cervi. Teatro e canzone per la Memoria" Gattatico, Reggio Emilia) hanno fatto tutto ciò che dovevano affinché i figli potessero crescere, studiare e prepararsi a vivere? Su questa domanda si apre Strani-Oggi. Cinque anni dopo, una manciata di storie, così intime e per questo così universali, che la compagnia Tedacà ha raccolto attraverso un lungo lavoro di ricerca e condivisione. Drammaturgia concertata che - con verità bombe che esplodono in lacrime - racconta le vite di una generazione che il proprio futuro l'ha scritto rinunciando o mettendo da parte ambizioni e aspirazioni, accettando qualunque, qualsiasi, qualsivoglia proposta, progetto, possibilità, etichetta. Dirette attraverso un registro onirico, in cui la regia, acerba e coloratissima, fa dialogare immagini e flussi di pensieri. Onirico dovuto, come ci dice Livio Taddeo, al senso di estraneità e precarietà, sottolineata dalle sedie e dal loro equilibrio traballante. Che sia cieco entusiasmo o ricerca di un adattamento, l'onirico lascia posto a un registro più reale quando i protagonisti - su skype - comunicando difficoltà e nostalgia, condividono le loro nuove, soddisfatte, vite.
Abbiamo chiuso l'anno passato con Se non piangi non vale!, l'editoriale in cui lamentavamo un'aridità emotiva da parte del teatro nostrano, e invece con Strani-Oggi, si piange felici. Finalmente il dolore, fra risate partecipative e sorrisi amari, si sublima attraverso le lacrime. Certo non saranno del tutto felici, ma almeno saranno empatiche e compassionevoli (da cum patior). Si parla di giovani, di quelli che hanno studiato e acquisito una professionalità. Di coloro il cui lavoro è passione e non solo denaro. Si parla di aspirazioni e di sogni e si scopre che, oggi, i figli non possono superare i padri. Non hai un cognome? Non fai parte dell'élite? Le tue amicizie non sono quelle giuste? Non frequenti i giusti circoli? Bene allora sappi che il tuo futuro è altrove come il caso, diventato topico su Facebook, del giovane rifiutato in Italia e assunto alla Nasa.
Non da meno, gli infiniti esempi che il nostro sistema Cultura e Ricerca, può offrire in merito a frustrazione collettiva e incapacità di crescita personale e professionale. L'Italia è un paese di figli, che anche quando si formano professionalmente, non possono crescere economicamente. E questo porta a delle nevrosi personali prima e sociali poi. Sei un attore? Un giornalista? Un ballerino? Uno scrittore? Un biologo? Un regista? quindinon hai un lavoro per la maggior parte di chi ti ascolta. Insegui solo un sogno per la tua famiglia, ormai stanca di ideali e desiderosa di concretezza. E quando il testo nella voce degli attori si fa rabbiosa speranza e feroce istinto di sopravvivenza, a questo punto, l'empatia si fa forte e le lacrime non tardano ad arrivare. La solitudine si sublima e la condivisione salva.
Perché si è in molti a patire questa non vita facendo fronte a sacrifici enormi, sviluppando un senso forte della dignità. Sembra quasi che non sia cool o addirittura chic, parlare di ristrettezze economiche, di come fare fronte all'alimentazione quotidiana o di come poter arrivare a fine mese per pareggiare affitti e consumi. Pur se la condizione dei più, ma non solo in Italia, ma a noi dell'Italia interessa, soprattutto nel sistema immenso della Cultura, la maggior parte preferisce esserci anche se palesemente sfruttata, inseguendo, l'ormai smentito slogan, "meglio farsi vedere, servirà come pubblicità". Quando invece in vetrina non mettiamo solo in mostra le nostre competenze, ma tutta la nostra bravura nell'essere scimmie addomesticate. Soprattutto questo ti punge il cuore e ti stimola il pianto, e soprattutto questa capacità d'ascolto, verso sé stessi e il contesto, che ci renderà strani oggi. Sentire, purtroppo, non fa parte del nostro tempo. Scappare, forse l'unica soluzione.
gb
IL CIELO SU TORINO
STRANI - OGGI
Generazione Qualsiasi Qualunque Qualsivoglia
regia Simone Schinocca
scene Sara Brigatti
costumi Agostino Porchietto
musiche e arrangiamenti Maurizio Lobina, Giorgio Mirto
www.tedaca.wordpress.com
STRANI - OGGI
Generazione Qualsiasi Qualunque Qualsivoglia
regia Simone Schinocca
scene Sara Brigatti
costumi Agostino Porchietto
musiche e arrangiamenti Maurizio Lobina, Giorgio Mirto
www.tedaca.wordpress.com