Open Obscura
Tony Oursler al Pac
Al Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano, fino al 18 giugno, le opere multimediali di Tony Oursler, con la mostra Open Obscura, curata da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni. Per il periodo dell'esposizione gli spazi del Pac ospiteranno gli immaginari onirici dell'artista americano a metà strada tra un mondo "bimbo" e le perversioni adulte.
Tony Oursler, classe 1957, è un artista USA noto per le sue opere multimediali, le sue installazioni e le sue opere di performing art. Le opere che l'hanno reso famoso sono video proiettati in tre dimensioni, spesso su superfici sferiche, che accentuano la carica espressiva del soggetto, un viso nell'atto di parlare, osservare o urlare. Negli anni Novanta, le sue istallazioni includevano sculture-screens (proiezioni su sculture): visi deformati, che recitavano monologhi dai risvolti intimisti e, in qualche modo, deliranti, venivano proiettati su volumi irregolari, ma anche su bambole, alberi o nuvole di vapore.
Questa serie, Talking Heads, è poi sfociata nell'installazione Eyes (presentata al PAC in una versione site specific), in cui invece l'artista proietta occhi su sfere sparse per lo spazio espositivo. Combinando scultura, le nuove tecnologie multimediali e registrazioni della voce umana, l'artista ricerca una forte interazione con il pubblico e l'animazione di concetti psicologici e filosofici. Il lavoro dell'artista, infatti, è dominato da temi quali la violenza, il rapporto con i media, le droghe, le malattie mentali (come Crunch e Sss), la cultura pop (CosmicCLOUD e Purple Dust), la compulsione consumistica, il sesso, l'inquinamento e l'analisi di come tutto questo incida sulla fisicità dell'uomo e sulle relazioni sociali e interpersonali. Questo ridurre simbolicamente l'uomo a un occhio o al solo viso, è uno dei temi centrali dell'opera dell'artista, imperniata sul rapporto dell'individuo con una dimensione virtuale nella quale si confondono i confini tra realtà e finzione.
Questi lavori saranno affiancati da altri recentissimi. Il primo è un progetto che Oursler ha realizzato per l'Adobe Virtual Museum (The Valley, 2010). Attraverso alcune postazioni multimediali il pubblico avrà l'opportunità di interagire con la mostra digitale con cui l'artista ha inaugurato il museo virtuale di Adobe. Il secondo è la serie Peak (2010), microsculture costituite da proiezioni su assemblaggi di oggetti e materiali grezzi, quali vetri, metalli, argilla. Anche in questa recente serie l'artista sviluppa la sua esplorazione circa i modi in cui la tecnologia incide sulla psiche umana.
La personale si presenta come un'esauriente antologia dell'autore, del suo mondo, e del suo sguardo nel vedere il mondo stesso. Anche se non del tutto veritiere, le voci che lo vogliono padre della video scultura - pensiamo a Nam June Paik negli anni sessanta - fanno si che Oursler si ponga almeno sulla stessa scia di ricerca e vada oltre. Il tutto mentre parla del disagio che l'uomo contemporaneo vive fra realtà e finzione, fra reale e virtuale, fra la perdita di uno stato naturale a favore di un automatismo umano nelle società civilizzate.
Insomma attraverso la sua arte, i suoi video, e le sue bocche che compongono paesaggi onirici tra gioco e orrore l'artista, come già Mike Kelley e Miller - suoi amici e con i quali ha formato un gruppo The Poetics -, ci invita a trovare l'equilibrio fra la nostra parte dionisiaca (gli istinti simbolo di un mondo "bimbo") e la sfera apollinea (l'educazione, la civiltà in toto), cosi da poter divenire, ancora una volta e con una parola in voga al momento, degli esseri "sostenibili", in equilibrio fra 'natura' e 'cultura'.
Tony Oursler, classe 1957, è un artista USA noto per le sue opere multimediali, le sue installazioni e le sue opere di performing art. Le opere che l'hanno reso famoso sono video proiettati in tre dimensioni, spesso su superfici sferiche, che accentuano la carica espressiva del soggetto, un viso nell'atto di parlare, osservare o urlare. Negli anni Novanta, le sue istallazioni includevano sculture-screens (proiezioni su sculture): visi deformati, che recitavano monologhi dai risvolti intimisti e, in qualche modo, deliranti, venivano proiettati su volumi irregolari, ma anche su bambole, alberi o nuvole di vapore.
Questa serie, Talking Heads, è poi sfociata nell'installazione Eyes (presentata al PAC in una versione site specific), in cui invece l'artista proietta occhi su sfere sparse per lo spazio espositivo. Combinando scultura, le nuove tecnologie multimediali e registrazioni della voce umana, l'artista ricerca una forte interazione con il pubblico e l'animazione di concetti psicologici e filosofici. Il lavoro dell'artista, infatti, è dominato da temi quali la violenza, il rapporto con i media, le droghe, le malattie mentali (come Crunch e Sss), la cultura pop (CosmicCLOUD e Purple Dust), la compulsione consumistica, il sesso, l'inquinamento e l'analisi di come tutto questo incida sulla fisicità dell'uomo e sulle relazioni sociali e interpersonali. Questo ridurre simbolicamente l'uomo a un occhio o al solo viso, è uno dei temi centrali dell'opera dell'artista, imperniata sul rapporto dell'individuo con una dimensione virtuale nella quale si confondono i confini tra realtà e finzione.
Questi lavori saranno affiancati da altri recentissimi. Il primo è un progetto che Oursler ha realizzato per l'Adobe Virtual Museum (The Valley, 2010). Attraverso alcune postazioni multimediali il pubblico avrà l'opportunità di interagire con la mostra digitale con cui l'artista ha inaugurato il museo virtuale di Adobe. Il secondo è la serie Peak (2010), microsculture costituite da proiezioni su assemblaggi di oggetti e materiali grezzi, quali vetri, metalli, argilla. Anche in questa recente serie l'artista sviluppa la sua esplorazione circa i modi in cui la tecnologia incide sulla psiche umana.
La personale si presenta come un'esauriente antologia dell'autore, del suo mondo, e del suo sguardo nel vedere il mondo stesso. Anche se non del tutto veritiere, le voci che lo vogliono padre della video scultura - pensiamo a Nam June Paik negli anni sessanta - fanno si che Oursler si ponga almeno sulla stessa scia di ricerca e vada oltre. Il tutto mentre parla del disagio che l'uomo contemporaneo vive fra realtà e finzione, fra reale e virtuale, fra la perdita di uno stato naturale a favore di un automatismo umano nelle società civilizzate.
Insomma attraverso la sua arte, i suoi video, e le sue bocche che compongono paesaggi onirici tra gioco e orrore l'artista, come già Mike Kelley e Miller - suoi amici e con i quali ha formato un gruppo The Poetics -, ci invita a trovare l'equilibrio fra la nostra parte dionisiaca (gli istinti simbolo di un mondo "bimbo") e la sfera apollinea (l'educazione, la civiltà in toto), cosi da poter divenire, ancora una volta e con una parola in voga al momento, degli esseri "sostenibili", in equilibrio fra 'natura' e 'cultura'.
gb
PAC, Milano
Tony Oursler, Open Obscura
19 marzo - 12 giugno 2011
www.tonyoursler.com
Tony Oursler, Open Obscura
19 marzo - 12 giugno 2011
www.tonyoursler.com