ecce Homo
Lucilla Giagnoni all'astra
Pregevolissimo appuntamento del cartellone Astra è il forte e dirompente testo di Lucilla Giagnoni. Con Ecce Homo, sacro come la vita e intimo come un rapporto materno, si cercano di tirare i dadi nuovamente, di re-impastare la sostanza uomo e dunque di dare nuova linfa ad un legno ormai marcio. Dal 10 al 15 dicembre, come preparazione forse alla natività e al suo significato, all'Astra una madre racconta una bellissima favola che narra di legni che si fanno uomini, di eroi che possono ancora essere.
Un testo che non è commovente nella sua intenzione ma che ti commuove ugualmente. La ricerca che cela è personale e questo fa di questo spettacolo altro, concede, cioè, alla scatola nera e ai sui attori, uno scopo più nobile. Finita la spettacolarizzazione che certo teatro necessita, al di là dell'uso dello stesso come mero specchio in cui riflettersi e soprattutto passando oltre alla mera funzione di intrattenimento e svago, il teatro da sempre, e nella sua fase originaria, ha nascosto dentro di sé la capacità della sintesi e da questa la possibilità di una nuova creazione. E' una missione essere per il teatro, oggi come non mai, l'esternazione dello spirito del tempo. Lo zeitgeist tedesco che esprime bene il meglio e il peggio di una determinata società in un preciso contesto storico. Ora che l'Italia sia da moltissime decadi in una fase di decadenza riconosciuta e derisa ormai al livello internazionale è cosa nota a tutti. Il perché se lo sono chiesto in pochi.
Lucilla Giagnoni, da sola sul palco attraverso un monologo alterna momenti d'interpretazione poetica e di forte presenza scenica, a passaggi narrativi, interfacciandosi direttamente con il pubblico. Avvalendosi della collaborazione alla scrittura di Maria Rosa Pantè, e con le musiche originali di Paolo Pizzimenti, le luci importantissime di Massimo Violato - parti integranti della drammaturgia -, dà vita ad unospettacolo versatile che si presta bene, visto le tematiche trattate, ad essere ospitato in luoghi altri rispetto le sale teatrali come chiese, luoghi naturali o luoghi di denso significato simbolico e spirituale.
Ecco allora che insieme all'autrice attrice ci chiediamo: Se dicessimo oggi Ecco l'Uomo, che cosa vedremmo? Che significa, veramente, Essere Uomini? Ecce Homo cerca di indagare, di rovistare un po' nelle credenze che negli ultimi anni si sono insinuate, o meglio sono state ben indotte, nelle menti degli uomini d'oggi, cercando risposte ma presentando sempre nuove domande.
C'è una sorta di idea generalizzata - ormai smentita una volta falsificato l'evoluzionismo darwiniano - secondo cui gli uomini e le società di oggi non abbiano via di uscita, cioè che il capitalismo e il conseguente consumismo ampliato con la globalizzazione, non possano arrestarsi. Ormai il meccanismo lo si descrive come una macchina autonoma, incapace cioè di fermarsi con il volere dell'uomo. Qui il fonema Uomo sta per Sovrastruttura, quella che Marx - citato dall'attrice autrice - aveva teorizzato nel suo Capitale, la stessa che oggi, con i nomi più disparati, alimenta come un fantasma, questo circolo vizioso. E la maggior parte di noi, inebetiti dalla televisione - che una volta aveva il compito pedagogico della formazione -, non se ne rende conto, anzi rotoliamo nella melma sorridenti e fintamente felici.
Ormai, e teorizzato più di un secolo fa, l'uomo è homo economicus come sottolinea la Giagnoni, e oggi vittima della finanza. Questo ha comportato nei fatti, e nell'essenza umana una perdita antropologica del valore della trasmissione generazionale. Ecce Homo esordisce con lei, madre alle presi con una figlia adolescente che non riconosce più ma di cui rivendica le sere in cui bimba, messo il pigiama e intrufolatasi a letto, incrociava le braccia dietro la testa e diceva con enfasi: Leggiiiiaaaaamo!
Subito il valore formativo del contatto diretto, della trasmissione dei valori attraverso il racconto di storie, di favole. I miti, le leggende, le fiabe altro non sono che il metodo bimbo di educare una creaturina, non l'immaturità di una generazione adolescente come spesso si crede. Le storie o le favole servono ai bimbi quanto agli adulti, che, sia biblicamente che filosoficamente, devono aspirare alla saggezza dei tempi antichi, e quindi coltivare, come una religione, il "fanciullino" anche dopo il suo periodo cronologico.
E la Giagnoni, per educarci, ci racconta una storia imbevuta di narrazioni bibliche, fondanti la religione nazionale, mischiate con la favola, quella di Pinocchio, costitutiva del processo di crescita dei bambini italiani. Se non tutti conoscono le vicende bibliche, ognuno di noi conosce le avventure del burattino più famoso. Con questo espediente drammaturgico, saggiamente, unisce, fede religiosa e fede laica, facendole, finalmente e raffinatamente, combaciare. Dunque Dio sta a Geppetto come Pinocchio sta all'Uomo. Tutti e due sono storie di falegnami che lavorando il legno, la materia uomo, possono sperare - perché così è scritto nel patto originario e perché così disse il Verbo, che tutto era e che tutto sarà - che la creatura diventi Uomo.
A questo punto l'uomo si fa albero nella storia dell'attrice, cioè la natura che necessariamente deve fare il suo corso, che deve essere seminata, imbevuta, annaffiata - l'acqua di cui parla la protagonista citando la bibbia - potata e curata. Solo così l'albero/uomo darà i suoi frutti, germoglieranno i fiori e così la crescita e la maturazione potranno essere. Questo è un processo che inevitabilmente deve essere fatto almeno in due. L'uomo dovrebbe curarsi della natura, il nonno del nipote, il padre del figlio, il fratello maggiore di quello minore, i compagni più grandi di quelli più piccini e così via, in modo che i primi, di qualsiasi categoria, educhino i secondi, trasmettendo valori e consuetudini. Che raccontino loro, in ultima istanza, delle storie, anche semplicemente raccontando la propria.
E anche questo non è abbastanza. L'albero affinché ramifichi e come l'uomo superi le sette sfere bibliche di cui parla la Giagnoni, ovvero le sette tappe per giungere alla maturazione/saggezza, deve intraprendere un cammino solitario, personale. Ed infatti l'epilogo del monologo, che fa piangere qualsiasi figlio che non ha avuto una madre albero, invitava al cammino: ama, vivi, soffri, ridi, piangi, cadi, rialzati perché questa è la vita... polvere alla polvere.
A questo punto nel testo, anche se sommessamente si introduce, finalmente dopo anni e anni, l'importanza della figura dell'eroe e nella vita e a teatro. L'eroe, sia nella Bibbia che nei miti greci che in tutte le favole, è colui che compie un cammino che ha come meta ultima la scoperta di sé, raggiungendo lo scopo della padronanza delle proprie emozioni. Ovviamente metterà in discussione lo status quo opponendosi al padre, ma sempre e puntuali, tali "statuti" lo aiuteranno a crescere. Il mondo ha bisogno di eroi, cioè di uomini che comprendano l'importanza del percorso, dell'avere uno scopo e del raggiungerlo. E a Teatro da più di un secolo ormai autori e attori si gongolano nel partorire anti-eroi o eroi dell'assurdo, gli stessi che proliferano nel pubblico un'umanità vittima di sé stessa, nevrotica nell'incapacità di vagliare, dare voce e quindi riconoscere, le proprie emozioni.
Siamo dei maleducati e gli eroi possono educarci. Ormai si è capito quanta melma ci portiamo dentro, ci siamo vigliaccamente e per troppo tempo crogiolati davanti allo specchio del teatro, che ora è proprio il tempo di dire basta. No ad una economia inumana, no ad un surrogato di umanità. No ad un teatro che ruota su sé stesso perdendo la sua funzione primaria, la creazione, o almeno il vaglio della possibilità di mondi altri, nuovi. Ecco Ecce Homo mette speranza di un Uomo nuovo che può costruire un mondo nuovo, anche se questo vuol dire riscoprire semplicemente la propria archeologia emotiva, e la Giagnoni è un'eroina che vuole formare eroi. Perché se il percorso come abbiamo visto inizialmente deve essere fatto almeno in due, in questo caso diviene necessario che l'uno dica e l'altro ascolti.
E finalmente la Giagnoni parla, usa il Verbum con tutta la sua potenza. E finalmente a teatro qualcuno ti dice, comunicando, chiaramente il problema, lo espone come ricerca personale e lo trasmette, saggiamente, sotto forma di favola. Il potere della metafora che necessita di naturale maturazione nelle menti dei figli, il pubblico. (Nella migliore delle ipotesi, ovviamente!)
Ecce Homo non è uno testo religioso ma Cristologico. Sono chiare tutte le implicazioni teologiche e di esegesi al suo interno ma quello che colpisce è il desiderio di verità che muove l'intero spettacolo. Dell'autrice sono le traduzioni della bibbia dall'ebraico, chiara nei riferimenti etimologici, e questo cela il desiderio di andare oltre qualsiasi dogmatismo religioso, cercando di sondare il vero significato della figura di Cristo, il risorto. E' Dio che si fa Uomo e con l'uomo in quel periodo vive. Lo conosce, ne tasta lo spessore e arriva alla conclusione che l'uomo ha un ottimo potenziale così come il burattino di Geppetto. Al fine che la Potenza diventi Atto diviene fondamentale il libero arbitro biblico e il valore della scelta umana. Solo con la comprensione del potere che la scelta nasconde in sé, il burattino potrà divenire bambino, il cristiano, un uomo nuovo, ri-nato. E Uomini nuovi costituiranno società nuove. Avanti gli Eroi..
Un testo che non è commovente nella sua intenzione ma che ti commuove ugualmente. La ricerca che cela è personale e questo fa di questo spettacolo altro, concede, cioè, alla scatola nera e ai sui attori, uno scopo più nobile. Finita la spettacolarizzazione che certo teatro necessita, al di là dell'uso dello stesso come mero specchio in cui riflettersi e soprattutto passando oltre alla mera funzione di intrattenimento e svago, il teatro da sempre, e nella sua fase originaria, ha nascosto dentro di sé la capacità della sintesi e da questa la possibilità di una nuova creazione. E' una missione essere per il teatro, oggi come non mai, l'esternazione dello spirito del tempo. Lo zeitgeist tedesco che esprime bene il meglio e il peggio di una determinata società in un preciso contesto storico. Ora che l'Italia sia da moltissime decadi in una fase di decadenza riconosciuta e derisa ormai al livello internazionale è cosa nota a tutti. Il perché se lo sono chiesto in pochi.
Lucilla Giagnoni, da sola sul palco attraverso un monologo alterna momenti d'interpretazione poetica e di forte presenza scenica, a passaggi narrativi, interfacciandosi direttamente con il pubblico. Avvalendosi della collaborazione alla scrittura di Maria Rosa Pantè, e con le musiche originali di Paolo Pizzimenti, le luci importantissime di Massimo Violato - parti integranti della drammaturgia -, dà vita ad unospettacolo versatile che si presta bene, visto le tematiche trattate, ad essere ospitato in luoghi altri rispetto le sale teatrali come chiese, luoghi naturali o luoghi di denso significato simbolico e spirituale.
Ecco allora che insieme all'autrice attrice ci chiediamo: Se dicessimo oggi Ecco l'Uomo, che cosa vedremmo? Che significa, veramente, Essere Uomini? Ecce Homo cerca di indagare, di rovistare un po' nelle credenze che negli ultimi anni si sono insinuate, o meglio sono state ben indotte, nelle menti degli uomini d'oggi, cercando risposte ma presentando sempre nuove domande.
C'è una sorta di idea generalizzata - ormai smentita una volta falsificato l'evoluzionismo darwiniano - secondo cui gli uomini e le società di oggi non abbiano via di uscita, cioè che il capitalismo e il conseguente consumismo ampliato con la globalizzazione, non possano arrestarsi. Ormai il meccanismo lo si descrive come una macchina autonoma, incapace cioè di fermarsi con il volere dell'uomo. Qui il fonema Uomo sta per Sovrastruttura, quella che Marx - citato dall'attrice autrice - aveva teorizzato nel suo Capitale, la stessa che oggi, con i nomi più disparati, alimenta come un fantasma, questo circolo vizioso. E la maggior parte di noi, inebetiti dalla televisione - che una volta aveva il compito pedagogico della formazione -, non se ne rende conto, anzi rotoliamo nella melma sorridenti e fintamente felici.
Ormai, e teorizzato più di un secolo fa, l'uomo è homo economicus come sottolinea la Giagnoni, e oggi vittima della finanza. Questo ha comportato nei fatti, e nell'essenza umana una perdita antropologica del valore della trasmissione generazionale. Ecce Homo esordisce con lei, madre alle presi con una figlia adolescente che non riconosce più ma di cui rivendica le sere in cui bimba, messo il pigiama e intrufolatasi a letto, incrociava le braccia dietro la testa e diceva con enfasi: Leggiiiiaaaaamo!
Subito il valore formativo del contatto diretto, della trasmissione dei valori attraverso il racconto di storie, di favole. I miti, le leggende, le fiabe altro non sono che il metodo bimbo di educare una creaturina, non l'immaturità di una generazione adolescente come spesso si crede. Le storie o le favole servono ai bimbi quanto agli adulti, che, sia biblicamente che filosoficamente, devono aspirare alla saggezza dei tempi antichi, e quindi coltivare, come una religione, il "fanciullino" anche dopo il suo periodo cronologico.
E la Giagnoni, per educarci, ci racconta una storia imbevuta di narrazioni bibliche, fondanti la religione nazionale, mischiate con la favola, quella di Pinocchio, costitutiva del processo di crescita dei bambini italiani. Se non tutti conoscono le vicende bibliche, ognuno di noi conosce le avventure del burattino più famoso. Con questo espediente drammaturgico, saggiamente, unisce, fede religiosa e fede laica, facendole, finalmente e raffinatamente, combaciare. Dunque Dio sta a Geppetto come Pinocchio sta all'Uomo. Tutti e due sono storie di falegnami che lavorando il legno, la materia uomo, possono sperare - perché così è scritto nel patto originario e perché così disse il Verbo, che tutto era e che tutto sarà - che la creatura diventi Uomo.
A questo punto l'uomo si fa albero nella storia dell'attrice, cioè la natura che necessariamente deve fare il suo corso, che deve essere seminata, imbevuta, annaffiata - l'acqua di cui parla la protagonista citando la bibbia - potata e curata. Solo così l'albero/uomo darà i suoi frutti, germoglieranno i fiori e così la crescita e la maturazione potranno essere. Questo è un processo che inevitabilmente deve essere fatto almeno in due. L'uomo dovrebbe curarsi della natura, il nonno del nipote, il padre del figlio, il fratello maggiore di quello minore, i compagni più grandi di quelli più piccini e così via, in modo che i primi, di qualsiasi categoria, educhino i secondi, trasmettendo valori e consuetudini. Che raccontino loro, in ultima istanza, delle storie, anche semplicemente raccontando la propria.
E anche questo non è abbastanza. L'albero affinché ramifichi e come l'uomo superi le sette sfere bibliche di cui parla la Giagnoni, ovvero le sette tappe per giungere alla maturazione/saggezza, deve intraprendere un cammino solitario, personale. Ed infatti l'epilogo del monologo, che fa piangere qualsiasi figlio che non ha avuto una madre albero, invitava al cammino: ama, vivi, soffri, ridi, piangi, cadi, rialzati perché questa è la vita... polvere alla polvere.
A questo punto nel testo, anche se sommessamente si introduce, finalmente dopo anni e anni, l'importanza della figura dell'eroe e nella vita e a teatro. L'eroe, sia nella Bibbia che nei miti greci che in tutte le favole, è colui che compie un cammino che ha come meta ultima la scoperta di sé, raggiungendo lo scopo della padronanza delle proprie emozioni. Ovviamente metterà in discussione lo status quo opponendosi al padre, ma sempre e puntuali, tali "statuti" lo aiuteranno a crescere. Il mondo ha bisogno di eroi, cioè di uomini che comprendano l'importanza del percorso, dell'avere uno scopo e del raggiungerlo. E a Teatro da più di un secolo ormai autori e attori si gongolano nel partorire anti-eroi o eroi dell'assurdo, gli stessi che proliferano nel pubblico un'umanità vittima di sé stessa, nevrotica nell'incapacità di vagliare, dare voce e quindi riconoscere, le proprie emozioni.
Siamo dei maleducati e gli eroi possono educarci. Ormai si è capito quanta melma ci portiamo dentro, ci siamo vigliaccamente e per troppo tempo crogiolati davanti allo specchio del teatro, che ora è proprio il tempo di dire basta. No ad una economia inumana, no ad un surrogato di umanità. No ad un teatro che ruota su sé stesso perdendo la sua funzione primaria, la creazione, o almeno il vaglio della possibilità di mondi altri, nuovi. Ecco Ecce Homo mette speranza di un Uomo nuovo che può costruire un mondo nuovo, anche se questo vuol dire riscoprire semplicemente la propria archeologia emotiva, e la Giagnoni è un'eroina che vuole formare eroi. Perché se il percorso come abbiamo visto inizialmente deve essere fatto almeno in due, in questo caso diviene necessario che l'uno dica e l'altro ascolti.
E finalmente la Giagnoni parla, usa il Verbum con tutta la sua potenza. E finalmente a teatro qualcuno ti dice, comunicando, chiaramente il problema, lo espone come ricerca personale e lo trasmette, saggiamente, sotto forma di favola. Il potere della metafora che necessita di naturale maturazione nelle menti dei figli, il pubblico. (Nella migliore delle ipotesi, ovviamente!)
Ecce Homo non è uno testo religioso ma Cristologico. Sono chiare tutte le implicazioni teologiche e di esegesi al suo interno ma quello che colpisce è il desiderio di verità che muove l'intero spettacolo. Dell'autrice sono le traduzioni della bibbia dall'ebraico, chiara nei riferimenti etimologici, e questo cela il desiderio di andare oltre qualsiasi dogmatismo religioso, cercando di sondare il vero significato della figura di Cristo, il risorto. E' Dio che si fa Uomo e con l'uomo in quel periodo vive. Lo conosce, ne tasta lo spessore e arriva alla conclusione che l'uomo ha un ottimo potenziale così come il burattino di Geppetto. Al fine che la Potenza diventi Atto diviene fondamentale il libero arbitro biblico e il valore della scelta umana. Solo con la comprensione del potere che la scelta nasconde in sé, il burattino potrà divenire bambino, il cristiano, un uomo nuovo, ri-nato. E Uomini nuovi costituiranno società nuove. Avanti gli Eroi..
gb
Teatro Astra
Ecce Homo
di e con Lucilla Giagnoni
collaborazione al testo Maria Rosa Pantè
musiche Paolo Pizzimenti
luci, scene, video Massimo Violato
assistente alla messa in scena Daniela Falconi
segreteria organizzativa Elisa Zanino
CTB Teatro Stabile di Brescia, Fondazione TEATRO PIEMONTE EUROPA
si ringrazia Don Silvio Barbaglia, Alberto Berrini, Marco Peresani
www.lucillagiagnoni.it
Ecce Homo
di e con Lucilla Giagnoni
collaborazione al testo Maria Rosa Pantè
musiche Paolo Pizzimenti
luci, scene, video Massimo Violato
assistente alla messa in scena Daniela Falconi
segreteria organizzativa Elisa Zanino
CTB Teatro Stabile di Brescia, Fondazione TEATRO PIEMONTE EUROPA
si ringrazia Don Silvio Barbaglia, Alberto Berrini, Marco Peresani
www.lucillagiagnoni.it