Il giullare di Dio
La fede di Francesco al Carignano
Con le Parole di Alda Merini, la musica di Lucio Dalla e l'interpretazione di Marco Alemanno, al Carignano, in occasione di Torino Spiritualità, si mette in scena il percorso umano e spirituale di una delle più controverse figure della nostra cristianità, San Francesco. Unica data giovedì 27 settembre.
Uno spettacolo concerto nella fantastica cornice dorata del Teatro Carignano, che sviscera - con le "parole infuocate" della Merini come sottolinea Enzo Bianchi nella presentazione - la passione, il desiderio di verità, l'amore per la vita che muoveva sia la persona sia il santo. Un coro di 23 voci (13 uomini, 10 donne) un quartetto d'archi, un pianoforte e la voce recitante di Alemanno costituiscono, insieme al disegno luci, la vita interiore di Francesco.
Musica e parole si sposano perfettamente, a volte si completano sfociando l'una nell'altra; altre, invece, si uniscono per amplificarne un'emozione, uno stato d'animo, o semplicemente la caoticità illuminata dell'animo del santo. Certo è che il coro, oltre che ricordare degli arrangiamenti alla Wim Mertens, è funzionale per la carica patetico-sentimentale e per l'empatia che lo spettacolo vuole suscitare nello spettatore, che nonostante non veda immagini o la creazione delle stesse, può ben figurarsi i litigi col padre, le sue passeggiate immerso nella natura, il suo sguardo quando si meravigliava della bellezza che Dio ha messo nel mondo. Il suo errare il cerca di risposte. Perché il teatro è sviluppo dell'immaginazione, o la palestra per lo sviluppo del terzo occhio potremmo azzardare.
Certo che Francesco è figura gettonata, che nonostante divida riesce sempre a riempire teatri o ad avere consensi. Ma quanto può essere attuale la sua figura? O meglio quanti dei ragazzi che oggi avrebbero la sua età di allora, sarebbero disposti alle sue rinunce? In soldoni: Francesco era un figlio di papà benestante, inserito in un assetto sociale di nicchia potremmo dire, e avere soldi significa frequentare la gente che conta, sicuramente non avrebbe avuto problemi nel trovare lavoro o delle donne. Era pieno di amici. Viveva in un contesto con delle regole ben precise e quindi, come sovente accade, una visione ed una espletazione della religione molto particolari, se non codificate.
Ora è chiaro che la sua rivoluzione tocca la propria vita sotto due aspetti: uno personale nella battaglia mossa contro suo padre "io non sono figlio tuo, sono figlio di Dio che ci ha creati tutti; l'altra pubblica nei confronti della chiesa e di una religiosità troppo gravida di nefandezze. Questo andare contro tutto il suo mondo ne fa di lui un eroe. Lui rinuncia a tutto, soldi, famiglia e quindi prestigio. Gli amici lo abbandonano, tutti lo reputano un folle, lo chiamano il giullare di Dio. La chiesa non lo riconosce, se non in minima parte e finisce, come qualcuno potrebbe ironizzare, con il parlare agli uccelli e al sole.
Al di là della banale ironia Francesco è veramente un eroe, pensiamo alla commovente versione che ne diede Hermann Hesse, e come tutti gli eroi è intransigente. Abbagliato dalla ricerca della luce, che in lui si traduce nella ricerca della semplicità, dell'umano altruismo professato dai vangeli, dall'inseguire più la metafora della vita di Dio sulla terra che l'interpretazione faziosa che la religione ne da. Combatte tutto quindi, in primis il corpo, i riti di cui è intrisa la religione, i perbenismi sociali, le enormi differenze che popolavano il suo tempo. Combatte un mondo sbagliato che ha la pretesa di professarsi giusto.
E oggi, intraprendere questa battaglia che si pone a livello morale se non etico, sarebbe forse combattere contro i mulini a vento visto il groviglio in cui le società globalizzate si complicano giorno dopo giorno. Sarebbe estremamente anacronistico da parte di un giovane rinunciare al benessere, al lusso, al confort, quando tutta la società multimediale ti spinge ad Avere, all'accumulo nevrotico, a sentirsi umani quando in realtà siamo sempre più simili ad automi emotivamente.
Ecco Francesco serve a questo, a ricordarci, come per altro Torino sa bene, che fede è una cosa la religio un'altra. Infatti d'avanti alla Gran Madre si stagliano due statue, l'una è la Fede l'altra laReligione una differenza fondamentale che pone un rapporto diverso con dio e con il suo creato, sostenibile diremmo oggi. La Fede tiene in alto un calice: la fede va coltivata giorno dopo giorno in modo che alla fine dei nostri giorni il calice trabocchi. Francesco é esempio di fede dunque, di un percorso che inizia con una presa di coscienza forte, che medita se stesso, si odia e pretende di migliorarsi e migliorare.
Uno spettacolo concerto nella fantastica cornice dorata del Teatro Carignano, che sviscera - con le "parole infuocate" della Merini come sottolinea Enzo Bianchi nella presentazione - la passione, il desiderio di verità, l'amore per la vita che muoveva sia la persona sia il santo. Un coro di 23 voci (13 uomini, 10 donne) un quartetto d'archi, un pianoforte e la voce recitante di Alemanno costituiscono, insieme al disegno luci, la vita interiore di Francesco.
Musica e parole si sposano perfettamente, a volte si completano sfociando l'una nell'altra; altre, invece, si uniscono per amplificarne un'emozione, uno stato d'animo, o semplicemente la caoticità illuminata dell'animo del santo. Certo è che il coro, oltre che ricordare degli arrangiamenti alla Wim Mertens, è funzionale per la carica patetico-sentimentale e per l'empatia che lo spettacolo vuole suscitare nello spettatore, che nonostante non veda immagini o la creazione delle stesse, può ben figurarsi i litigi col padre, le sue passeggiate immerso nella natura, il suo sguardo quando si meravigliava della bellezza che Dio ha messo nel mondo. Il suo errare il cerca di risposte. Perché il teatro è sviluppo dell'immaginazione, o la palestra per lo sviluppo del terzo occhio potremmo azzardare.
Certo che Francesco è figura gettonata, che nonostante divida riesce sempre a riempire teatri o ad avere consensi. Ma quanto può essere attuale la sua figura? O meglio quanti dei ragazzi che oggi avrebbero la sua età di allora, sarebbero disposti alle sue rinunce? In soldoni: Francesco era un figlio di papà benestante, inserito in un assetto sociale di nicchia potremmo dire, e avere soldi significa frequentare la gente che conta, sicuramente non avrebbe avuto problemi nel trovare lavoro o delle donne. Era pieno di amici. Viveva in un contesto con delle regole ben precise e quindi, come sovente accade, una visione ed una espletazione della religione molto particolari, se non codificate.
Ora è chiaro che la sua rivoluzione tocca la propria vita sotto due aspetti: uno personale nella battaglia mossa contro suo padre "io non sono figlio tuo, sono figlio di Dio che ci ha creati tutti; l'altra pubblica nei confronti della chiesa e di una religiosità troppo gravida di nefandezze. Questo andare contro tutto il suo mondo ne fa di lui un eroe. Lui rinuncia a tutto, soldi, famiglia e quindi prestigio. Gli amici lo abbandonano, tutti lo reputano un folle, lo chiamano il giullare di Dio. La chiesa non lo riconosce, se non in minima parte e finisce, come qualcuno potrebbe ironizzare, con il parlare agli uccelli e al sole.
Al di là della banale ironia Francesco è veramente un eroe, pensiamo alla commovente versione che ne diede Hermann Hesse, e come tutti gli eroi è intransigente. Abbagliato dalla ricerca della luce, che in lui si traduce nella ricerca della semplicità, dell'umano altruismo professato dai vangeli, dall'inseguire più la metafora della vita di Dio sulla terra che l'interpretazione faziosa che la religione ne da. Combatte tutto quindi, in primis il corpo, i riti di cui è intrisa la religione, i perbenismi sociali, le enormi differenze che popolavano il suo tempo. Combatte un mondo sbagliato che ha la pretesa di professarsi giusto.
E oggi, intraprendere questa battaglia che si pone a livello morale se non etico, sarebbe forse combattere contro i mulini a vento visto il groviglio in cui le società globalizzate si complicano giorno dopo giorno. Sarebbe estremamente anacronistico da parte di un giovane rinunciare al benessere, al lusso, al confort, quando tutta la società multimediale ti spinge ad Avere, all'accumulo nevrotico, a sentirsi umani quando in realtà siamo sempre più simili ad automi emotivamente.
Ecco Francesco serve a questo, a ricordarci, come per altro Torino sa bene, che fede è una cosa la religio un'altra. Infatti d'avanti alla Gran Madre si stagliano due statue, l'una è la Fede l'altra laReligione una differenza fondamentale che pone un rapporto diverso con dio e con il suo creato, sostenibile diremmo oggi. La Fede tiene in alto un calice: la fede va coltivata giorno dopo giorno in modo che alla fine dei nostri giorni il calice trabocchi. Francesco é esempio di fede dunque, di un percorso che inizia con una presa di coscienza forte, che medita se stesso, si odia e pretende di migliorarsi e migliorare.
gb
Torino Spiritualità
Teatro Carignano
Francesco. Canto di una creatura
testi Alda Merini
musiche originali Lucio Dalla
voce recitante Marco Alemanno
con Nu-Ork Sting Quintet
pianoforte e direzione Maestro Beppe D'Onghia
www.torinospiritualita.org
Teatro Carignano
Francesco. Canto di una creatura
testi Alda Merini
musiche originali Lucio Dalla
voce recitante Marco Alemanno
con Nu-Ork Sting Quintet
pianoforte e direzione Maestro Beppe D'Onghia
www.torinospiritualita.org