Tamara Ferioli
Affascinante come una icona del rock, sottile come un filosofo, arguta quanto un intellettuale.
Lei è Tamara Ferioli, giovane artista milanese, da tempo sotto i riflettori internazionali per il suo immaginario onirico e simbolico, tetro ma, al contempo, desideroso di luce accecante.
Di lei colpiscono la profondità dei contenuti, la serietà del processo creativo e non ultimo il suo immaginario visionario, quasi penitente. Le sue opere appaiono, infatti, come un rituale che l'artista riserva a sè stessa e la sua arte è parte del pellegrinaggio espiatore, è un mezzo. Un'ancora e un porto sicuro fra l'instabilità di un mondo precario, relativista e qualunquista.
La natura dunque come metafora dell'ambivalenza del vivere e dell'esserci. Attraverso un insieme di piccoli ma significativi particolari uniti a mosaico per inscenare ambientazioni dionisiache, Eros si mischia con Thanathos in un vortice dove non è più facile, o diventa inutile, tracciare dei confini netti. La forza centrifuga del Caos originario - il continuo divenire - trova l'ordine, il Cosmos, nella purezza del bianco e nell'apollinea ricerca estetica. Per questo l'arte di Tamara è serissima e raffinata. Per questo l'artista decide di non rispondere a tutte le domande, tralasciando quelle provocatorie e personali.
D. Del tuo lavoro tu dici: nasce da una frizzante sinergia tra istinto e volontà. Un particolare morbosamente perfetto, legato ad una grandissima disciplina e determinazione. È per te l'atto più estremo di libertà e liberazione. Sei un artista estremamente riflessiva, metodica e disciplinata. Una sacerdotessa dell'arte potremmo dire. Devota o vittima della tua arte?
R. Vittima devota, ma anche carnefice. Così vittima da essere carnefice, e così carnefice da essere vittima.
D. Formiche e spine. Dirupi e silenzi. Alberi oscuri protagonisti di scenari onirici. La natura, nelle tue opere, si dispiega come un complice minaccioso, un nemico anomalo. In un mondo bianco al quale si oppongono il nero e il rosso si palesa un rapporto quasi amoroso ma pur sempre disciplinato con il dolore...
R. Qualsiasi ricerca del bene passa inevitabilmente attraverso il dolore. Mi interessa agire sulla prospettiva con cui si accede al concetto, più che al concetto in sé, di cui non servono rappresentazioni essendo così comune ad ognuno.
D. I materiali parlano con voce che prima di comprendere bisogna voler ascoltare. Io sono allenata in questo, così un rametto spezzato è capace di chiamarmi e raccontarmi la sua storia. La stessa che riporterò nel disegno". Il supporto: carta giapponese haruki 100% kozo intelaiata, come ti ha convinto per essere scelto?
R.
D. Il tuo uso del bianco, intaccato dal nero e dal rosso dei capelli, denota una visione precisa del mondo credo. Nella diatriba se lo "stato di natura" era pura anarchia o pace celestiale, le tue opere propendono per sottolineare, attraverso la purezza del bianco, la certezza, o la necessità di pensare, che il Buono era all'origine, piuttosto che il Cattivo, come invece presuppone l'uso del nero come base (pensa a franco B e le sue colate di nero). Quindi l'uomo si inquina crescendo, non nasce già con il male dentro?
R. Non credo si possano separare bene e male. Ne ora, ne all'origine. Un compito audace sarebbe cercare un equilibrio. Accettare che il giorno affondi il suo calore nella sera e che la notte copra col suo gelo il mattino.
D. Le protagoniste dei tuoi disegni sono sempre senza volto, o meglio sempre ricoperto di capelli veri. Denuncia di una mancanza di identità, o paura della visione che porta con sé la comprensione?
E le verità scoperte a volte sono terribili...
R.
D. Il tuo rapporto con l'arte appare ciclico: parte e arriva a te. Possiamo dire che pur nella sua universalità visiva è autoreferenziale: tu stessa affermi che la tua arte conduce a te medesima, "il tempo e l'età mi rendono più complice di me stessa". L'arte è mezzo o fine, o tutt'e due?
R. L'arte è qualcosa di cui si parla senza sapere di cosa si sta parlando. Qualcosa dove l'azione e il concetto sono andati in direzioni opposte. Una condizione sine qua non.
D. I capelli, feticcio o reliquia?
R. ...
Lei è Tamara Ferioli, giovane artista milanese, da tempo sotto i riflettori internazionali per il suo immaginario onirico e simbolico, tetro ma, al contempo, desideroso di luce accecante.
Di lei colpiscono la profondità dei contenuti, la serietà del processo creativo e non ultimo il suo immaginario visionario, quasi penitente. Le sue opere appaiono, infatti, come un rituale che l'artista riserva a sè stessa e la sua arte è parte del pellegrinaggio espiatore, è un mezzo. Un'ancora e un porto sicuro fra l'instabilità di un mondo precario, relativista e qualunquista.
La natura dunque come metafora dell'ambivalenza del vivere e dell'esserci. Attraverso un insieme di piccoli ma significativi particolari uniti a mosaico per inscenare ambientazioni dionisiache, Eros si mischia con Thanathos in un vortice dove non è più facile, o diventa inutile, tracciare dei confini netti. La forza centrifuga del Caos originario - il continuo divenire - trova l'ordine, il Cosmos, nella purezza del bianco e nell'apollinea ricerca estetica. Per questo l'arte di Tamara è serissima e raffinata. Per questo l'artista decide di non rispondere a tutte le domande, tralasciando quelle provocatorie e personali.
D. Del tuo lavoro tu dici: nasce da una frizzante sinergia tra istinto e volontà. Un particolare morbosamente perfetto, legato ad una grandissima disciplina e determinazione. È per te l'atto più estremo di libertà e liberazione. Sei un artista estremamente riflessiva, metodica e disciplinata. Una sacerdotessa dell'arte potremmo dire. Devota o vittima della tua arte?
R. Vittima devota, ma anche carnefice. Così vittima da essere carnefice, e così carnefice da essere vittima.
D. Formiche e spine. Dirupi e silenzi. Alberi oscuri protagonisti di scenari onirici. La natura, nelle tue opere, si dispiega come un complice minaccioso, un nemico anomalo. In un mondo bianco al quale si oppongono il nero e il rosso si palesa un rapporto quasi amoroso ma pur sempre disciplinato con il dolore...
R. Qualsiasi ricerca del bene passa inevitabilmente attraverso il dolore. Mi interessa agire sulla prospettiva con cui si accede al concetto, più che al concetto in sé, di cui non servono rappresentazioni essendo così comune ad ognuno.
D. I materiali parlano con voce che prima di comprendere bisogna voler ascoltare. Io sono allenata in questo, così un rametto spezzato è capace di chiamarmi e raccontarmi la sua storia. La stessa che riporterò nel disegno". Il supporto: carta giapponese haruki 100% kozo intelaiata, come ti ha convinto per essere scelto?
R.
D. Il tuo uso del bianco, intaccato dal nero e dal rosso dei capelli, denota una visione precisa del mondo credo. Nella diatriba se lo "stato di natura" era pura anarchia o pace celestiale, le tue opere propendono per sottolineare, attraverso la purezza del bianco, la certezza, o la necessità di pensare, che il Buono era all'origine, piuttosto che il Cattivo, come invece presuppone l'uso del nero come base (pensa a franco B e le sue colate di nero). Quindi l'uomo si inquina crescendo, non nasce già con il male dentro?
R. Non credo si possano separare bene e male. Ne ora, ne all'origine. Un compito audace sarebbe cercare un equilibrio. Accettare che il giorno affondi il suo calore nella sera e che la notte copra col suo gelo il mattino.
D. Le protagoniste dei tuoi disegni sono sempre senza volto, o meglio sempre ricoperto di capelli veri. Denuncia di una mancanza di identità, o paura della visione che porta con sé la comprensione?
E le verità scoperte a volte sono terribili...
R.
D. Il tuo rapporto con l'arte appare ciclico: parte e arriva a te. Possiamo dire che pur nella sua universalità visiva è autoreferenziale: tu stessa affermi che la tua arte conduce a te medesima, "il tempo e l'età mi rendono più complice di me stessa". L'arte è mezzo o fine, o tutt'e due?
R. L'arte è qualcosa di cui si parla senza sapere di cosa si sta parlando. Qualcosa dove l'azione e il concetto sono andati in direzioni opposte. Una condizione sine qua non.
D. I capelli, feticcio o reliquia?
R. ...
Gb
www.tamaraferioli.it