Siegfried
Francesco Marilungo
Doveva essere un ingegnere, o meglio questo è ciò che pensava Francesco Marilungo prima che Tersicore bussasse alla sua porta. Dopo aver frequentato gli studi in ingegneria termo-meccanica e un periodo di ricerca al Von Karman Institute di Bruxelles, il giovane marchigiano sorprende amici e parenti e decide di frequentare l'Atelier di Teatrodanza alla Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Subito si confronta, a partire dal 2010, con danzatori e coreografi di fama internazionale - Lisa Kraus ed Elena Demyanenko (Trisha Brown Dance Company), Cristina Morganti, Julie Anne Stanzak, Alonzo King, Stephen Petronio, Juliana Neves e Quan Bui Ngoc (Les Ballets C de la B), Cristina Rizzo, Masaki Iwana, Gabriela Carrizo (Peeping Tom) - Proseguendo la sua formazione come performer all'"IFA – Inteatro" con Idoia Zabaleta, Geraldine Pilgrim, Iris Karayan e Claudia Dias.
Interprete stabile, dal 2012, della Compagnia Enzo Cosimi - presente in "Calore" e "Welcome to My World", due spettacoli attualmente in tournée - Francesco Marilungo, negli ultimi anni, intraprende il percorso autoriale. Fra performing art, danza e arti visive, il suo primo assolo Emily ottiene il primo premio al Concorso Internazionale di Danza Out d'autore Salicedoro e il Premio Armunia. La sua seconda creazione Siegfried viene selezionato dalla rete Anticorpi XL per la Vetrina della Giovane Danza nel 2014. Premi che gli permettono di presenziare in alcuni dei più importanti festival e teatri italiani (Biennale Danza di Venezia, Torinodanza Festival, RomaEuropa Festival, Nid Platform 2014, Fabbrica Europa, Teatro comunale di Ferrara, Teatro Argentina di Roma, Drodesera). Eccolo ad Interplay con il suo Siegfried. Quando le muse chiamano l'artista deve, necessariamente, rispondere. L'intervista a Francesco Marilungo.
D. Da Ingegnere a danzatore. Il treno ha fischiato?
R. Ho frequentato tutte le tappe, dall'asilo alla laurea in ingegneria. Mi occupavo di ricerca aerospaziale. Credo ci sia stato un momento, mentre studiavo l'ingresso di velivoli aerospaziali nell'atmosfera di Marte, in cui mi sono chiesto se avevo davvero voglia di continuare a farlo per tutta la vita. Mi sono detto di no. E ho ricominciato da capo. Se si sia trattato di un fischio del treno o di una botta in testa, non saprei dire. C'è ancora qualcuno che se lo chiede. I miei, di sicuro.
D. Le ballet C de la B, Trisha Brown Dance Company, Cosimi. Confrontarsi coi grandi.
R. Ho incontrato le prime due compagnie durante il corso di studi alla Paolo Grassi, due bei momenti di formazione affrontanti anche con una certa inconsapevolezza. Indubbiamente l'incontro che ha dato un'impronta importante alla mia 'identità' attuale è quello con Enzo Cosimi. Si tratta della mia prima esperienza professionale a tutto tondo: Cosimi insegna, sollecita, sostiene. Considero l'incontro con lui una tappa fondamentale per la mia storia recente e per quello che spero di realizzare in futuro. "Considero valore" l'incontro con una maestro contemporaneo, capace di aprire mondi che esulano dalla danza per invadere le arti visive, le letture, gli ascolti musicali. L'approccio all'arte.
D. Fra arti visive, danza e performance, lo stile Marilungo.
R. Ho intrapreso una via autoriale solo da qualche anno e sono alla ricerca costante di un mio linguaggio, di una mia identità artistica, consapevole del fatto che questa ricerca può durare una vita intera con risultati variabili, incerti e soggetti a mutamenti. Di certo mi stimola la contaminazione, la percezione della labilità. Mi piace presupporre una permeabilità delle arti. Per quanto riguarda la mia modalità di lavoro, io opero per immagini. Si tratta di una composizione "frame by frame", quasi vicina all'operazione di montaggio cinematografico e che in parte segue la metodologia RTC introdotta da João Fiadeiro. Rifletto su tre drammaturgie che proseguono di pari passo: una fisica legata al corpo, una riferita alla luce ed una musicale. Se in qualche modo comunicano, sento che la strada è giusta. Altrimenti riparto da capo.
D. Scegliere di raccontare di eroi.
R. L'eroe costituisce una figura archetipica, una "forma a priori" dell'inconscio collettivo che possiamo ritrovare nei miti, nelle leggende, nelle fiabe, nei sogni, nelle visioni e nelle espressioni religiose e artistiche di tutti i popoli della terra. Quella dell'eroe è una figura universale che rappresenta l'uomo in quanto entità, per cui scegliere di raccontare di eroi è come se si decidesse di parlare dell'uomo. In particolare, la figura dell'eroe è caratterizzata da una vicenda che ricorre costantemente con poche varianti: il viaggio iniziatico che porta alla conquista di uno stato superiore dell'essere. L'eroe che deve superare prove e ostacoli rappresenta la condizione umana del vivere.
D. Il trono, il lago, la "sposa laida". Simbologie che fra fuoco e acqua sottolineano l'importanza dei contrasti.
R. "Siegfried" nasce dall'analisi delle figure archetipiche presenti nel mito nordico a cui si ispira il noto balletto di Ivanov/Petipas. L'intera vicenda può essere considerata un viaggio iniziatico dell'eroe verso la perfezione, perfezione intesa in senso assoluto come unione dei contrari e che si esplicita in senso metaforico con lo stato originario di androginia. Il principe in questo viaggio si ritrova ad agire all'interno di un campo di forze generato da tre poli: il lago, il trono e la "sposa laida". Il lago rappresenta l'inconscio, ciò che giace sotto la coscienza – la discesa nel lago permetterà al principe di incontrare la sua parte complementare.
È interessante notare che una caratteristica del lago è il ristagno. Il ristagno è un segno tipico del taoismo dalla duplice conformazione: sopra il Cielo e sotto la Terra. Questo potrebbe far pensare che se Cielo e Terra si unissero l'esito felice e scontato sarebbe prosperità e lunga vita ma in realtà questo non avviene. Nella sentenza di commento al segno nel libro oracolare cinese "I Ching" viene riportato: "Cielo e Terra non si uniscono, così il nobile si ritira sul suo valore interiore per sfuggire alle difficoltà". Sembra proprio la condizione di indecisione del principe Siegfried. Per far sì che i due opposti si incontrino il principe deve infrangere lo stagno, lo specchio – la discesa nel lago elude il ristagno. Il trono raffigura il potere, il ruolo a cui l'eroe è destinato per nascita e al quale fugge. È una declinazione indiretta della figura archetipica del regno. Il regno è la nostra vita, qualunque essa sia, e noi ne dobbiamo diventare re, padroni, gestori, assumendocene tutta la responsabilità.
Il termine "sposa laida" è stato introdotto dallo studioso di miti Ananda K. Coomaraswamy e in questo caso è costituita dalla donna-cigno, quella entità che avvince l'uomo col suo fascino soprannaturale proprio grazie alla componente insondabile, irrazionale e animale. Il simbolismo della sposa laida e in generale della Dama è proprio dell'iniziazione cavalleresca ed è di natura piuttosto complessa. Il cavaliere e la Dama non sono, in realtà, che un solo essere le cui parti si sono separate "all'inizio dei tempi". Queste due parti sono i due "Sé" che coabitano in noi: il "Sé" immortale e il "Sé" mortale, ovvero, rispettivamente, da un lato lo Spirito immanente, l'Anima Immortale, la Personalità, incarnata della Dama, e, dall'altro, l'anima individuale operante e dotata di volontà propria, l'individualità, simbolizzata dal cavaliere.
L'Iniziazione cavalleresca ha per fine la reintegrazione dello stato edenico primitivo, stato che si può qualificare come androgino, corrispondente alla "Unione delle due Nature". L'Uomo, l'eroe, incarna spesso la natura celeste (o solare) e la Donna la natura terreste (o lunare). La Dama stessa, può presentare una seconda natura che maschera la natura divina del Sé sotto una veste grossolana, umana, talora animale e in questo caso si parla di "sposa laida".
D. Siegfried: la danza dei movimenti rituali.
R. Per me l'intera performance è un rituale, costruito secondo una struttura precisa che segue delle norme codificate. Più in generale credo che il teatro e la danza abbiano una connotazione religiosa intrinseca, aspetto che deriva loro dalle origini. Mi piace pensare alla rappresentazione teatrale come ad una "cerimonia religiosa" che nasce come sacrificio e che svolge una funzione catartica.
gb
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