La rivincita delle Puttane
Il Ritorno secondo Stein
Lo Stabile fino al 17 novembre propone due dei mostri sacri del teatro contemporaneo. Con Il ritorno a casa Di Harold Pinter, Peter Stein mette in scena uno dei testi più controversi e "stomachevoli" della seconda metà del novecento. Uomo e donna si scontrano sul palco del Carignano.
Uno dei primi testi della maturità artistica di Pinter, la cui opera inizia in quegli anni ad essere riconosciuta a livello internazionale, è Il ritorno a casa. Scritto nel 1964 il dramma, acre e feroce, mette in scena la decadenza di rapporti familiari basati sull'ipocrisia e nutriti con ignoranza, odio, frustrazione e repressione, invidia. Un ventaglio di mete raggiunte dalla civilizzazione nel Ritorno tornano indietro, come i gamberi, ai loro livelli basici. Tutto si fa istinto, sessuale e di sopravvivenza, per una vita che si vive secondo gli impulsi e non secondo le tanto decantate conquiste politico-sociali. Teddy, la filosofia insieme alla ragione, l'evoluzione quindi, si scontra con il nucleo familiare d'origine: proletari in periferia sono l'insieme dei luoghi comuni e dei pregiudizi sui "Maschi", l'aspetto animale, non sugli uomini. Perché il Ritorno è la guerra dei Maschi contro gli Uomini e di tutti e due contro le donne, anzi la Donna. Una contro tutti.
«Si sa che in famiglia si consumano i crimini più efferati. In famiglia si muore. In questo caso si racconta il ritorno a casa dall'America di uno dei fratelli con sua moglie, racconta il regista. Tutte le ossessioni sessuali degli altri maschi della famiglia si proiettano sull'unica donna presente che sostituisce in qualche modo la madre scomparsa. Nelle fantasie degli uomini, e nel loro comportamento, la donna viene trasformata in puttana e a lei non rimane che la vendetta: chiede loro di pagare per quanto le chiedono, accenta di assumere quel ruolo e soddisfa in qualche modo la loro bramosia. Come sempre nei finali di Pinter tutto rimane aperto. L'immagine finale mostra la donna imponente, con gli uomini frignanti e anelanti ai suoi piedi e nessuno sulla scena e nell'uditorio saprà quello che può accadere».
Un anno dopo la sua stesura Il ritorno a casa (The Homecoming) debutta per la prima volta all'Aldwych Theatre con la Royal Shakespeare Company e la regia di Peter Hall, il 3 giugno 1965. Anno cardine per la scena inglese, partorirà testi potentemente polemici nei confronti della società e della politica: A Patriot for Me di John Osborne, Saved di Edward Bond, Black Comedy di Peter Shaffer. Nessuno, però di questi lavori, entrati a pieno titolo nel repertorio contemporaneo, ha avuto la capacità di stabilire un collegamento diretto con il subconscio collettivo come Il ritorno, interpretato dalla critica secondo i più disparati punti di vista: psicologico, etologico, linguistico, biografico.
Dopo I Demoni (Premio Ubu 2009) alcuni membri del cast manifestano il desiderio di lavorare su un Pinter. Il regista accoglie la richiesta e sceglie, non a caso, Il ritorno a casa. Sempre nelle sue corde: acide, polemiche, irriverenti ed irritanti - perché sonda l'iceberg freudiano -, la sua regia mette a fuoco il testo pinteriano in maniera egregia, espresso poi dalla bravura degli attori tutti.
In un interno come tanti nelle periferie anonime di tutto il mondo si va sciogliendo il dramma di una delle tante famiglie. Il soggiorno è il centro nevralgico di comunicazione e scontro: ideologico e fisico, non ultimo di genere. E come si diceva sopra, forse, è il più immediato. L'uditorio è infastidito dalla trama e dai personaggi che la compongono però, tutti siamo vittime delle verità che porta. Il nostro pensarci maschi e uomini, il nostro intendere la donna: convenzione o rispetto? e poi è realmente vero che le nostre società siano maschiliste, intendo sotto sotto, nel profondo ancora oggi che si parla di perdita della virilità dell'uomo? O si crede al detto dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna (che resta mamma a vita potremmo dire)?
Perché Stein insieme a Pinter elogiano il potere sordomuto che le donne hanno sempre avuto da secoli. In tutte le 3 ore di spettacolo le battute destinate all'unica protagonista sono misere, tutto il suo potere sta nella sua figura e sulle convinzioni sociali e culturali che, chi la guarda proietta su di lei. Lei è tutto, il passato (il ricordo della madre) ed il futuro (sesso, soldi, pulizie), la gioia del presente. Basta vederla in camicia da notte, passeggiare sensuale per la camera, chinarsi per prendere il thè, rubarla ad un altro della famiglia. Tutti la vogliono. E i prototipi maschili non ne escono di certo felici o vittoriosi.
Sia Teddy, l'uomo civilizzato che rispetta le donne, sia tutti gli altri maschiacci istintivi, fanno una magra figura. Il primo rinuncia alla donna amata per filosofico rispetto del volere della donna, anche se questo vuol dire accettare l'atroce verità e assecondare il volere della famiglia. I secondi, che dal canto loro avevano architettato tutto come in preda ad una epifania delirante, subiranno il peso delle loro scelte secondo un gioco in cui non si sa bene più chi è il pappone e la puttana, la vittima o il carnefice. E come sempre in Pinter il finale resta aperto. Non è che parlando della forza delle donne ci comunica la miseria degli uomini?
Uno dei primi testi della maturità artistica di Pinter, la cui opera inizia in quegli anni ad essere riconosciuta a livello internazionale, è Il ritorno a casa. Scritto nel 1964 il dramma, acre e feroce, mette in scena la decadenza di rapporti familiari basati sull'ipocrisia e nutriti con ignoranza, odio, frustrazione e repressione, invidia. Un ventaglio di mete raggiunte dalla civilizzazione nel Ritorno tornano indietro, come i gamberi, ai loro livelli basici. Tutto si fa istinto, sessuale e di sopravvivenza, per una vita che si vive secondo gli impulsi e non secondo le tanto decantate conquiste politico-sociali. Teddy, la filosofia insieme alla ragione, l'evoluzione quindi, si scontra con il nucleo familiare d'origine: proletari in periferia sono l'insieme dei luoghi comuni e dei pregiudizi sui "Maschi", l'aspetto animale, non sugli uomini. Perché il Ritorno è la guerra dei Maschi contro gli Uomini e di tutti e due contro le donne, anzi la Donna. Una contro tutti.
«Si sa che in famiglia si consumano i crimini più efferati. In famiglia si muore. In questo caso si racconta il ritorno a casa dall'America di uno dei fratelli con sua moglie, racconta il regista. Tutte le ossessioni sessuali degli altri maschi della famiglia si proiettano sull'unica donna presente che sostituisce in qualche modo la madre scomparsa. Nelle fantasie degli uomini, e nel loro comportamento, la donna viene trasformata in puttana e a lei non rimane che la vendetta: chiede loro di pagare per quanto le chiedono, accenta di assumere quel ruolo e soddisfa in qualche modo la loro bramosia. Come sempre nei finali di Pinter tutto rimane aperto. L'immagine finale mostra la donna imponente, con gli uomini frignanti e anelanti ai suoi piedi e nessuno sulla scena e nell'uditorio saprà quello che può accadere».
Un anno dopo la sua stesura Il ritorno a casa (The Homecoming) debutta per la prima volta all'Aldwych Theatre con la Royal Shakespeare Company e la regia di Peter Hall, il 3 giugno 1965. Anno cardine per la scena inglese, partorirà testi potentemente polemici nei confronti della società e della politica: A Patriot for Me di John Osborne, Saved di Edward Bond, Black Comedy di Peter Shaffer. Nessuno, però di questi lavori, entrati a pieno titolo nel repertorio contemporaneo, ha avuto la capacità di stabilire un collegamento diretto con il subconscio collettivo come Il ritorno, interpretato dalla critica secondo i più disparati punti di vista: psicologico, etologico, linguistico, biografico.
Dopo I Demoni (Premio Ubu 2009) alcuni membri del cast manifestano il desiderio di lavorare su un Pinter. Il regista accoglie la richiesta e sceglie, non a caso, Il ritorno a casa. Sempre nelle sue corde: acide, polemiche, irriverenti ed irritanti - perché sonda l'iceberg freudiano -, la sua regia mette a fuoco il testo pinteriano in maniera egregia, espresso poi dalla bravura degli attori tutti.
In un interno come tanti nelle periferie anonime di tutto il mondo si va sciogliendo il dramma di una delle tante famiglie. Il soggiorno è il centro nevralgico di comunicazione e scontro: ideologico e fisico, non ultimo di genere. E come si diceva sopra, forse, è il più immediato. L'uditorio è infastidito dalla trama e dai personaggi che la compongono però, tutti siamo vittime delle verità che porta. Il nostro pensarci maschi e uomini, il nostro intendere la donna: convenzione o rispetto? e poi è realmente vero che le nostre società siano maschiliste, intendo sotto sotto, nel profondo ancora oggi che si parla di perdita della virilità dell'uomo? O si crede al detto dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna (che resta mamma a vita potremmo dire)?
Perché Stein insieme a Pinter elogiano il potere sordomuto che le donne hanno sempre avuto da secoli. In tutte le 3 ore di spettacolo le battute destinate all'unica protagonista sono misere, tutto il suo potere sta nella sua figura e sulle convinzioni sociali e culturali che, chi la guarda proietta su di lei. Lei è tutto, il passato (il ricordo della madre) ed il futuro (sesso, soldi, pulizie), la gioia del presente. Basta vederla in camicia da notte, passeggiare sensuale per la camera, chinarsi per prendere il thè, rubarla ad un altro della famiglia. Tutti la vogliono. E i prototipi maschili non ne escono di certo felici o vittoriosi.
Sia Teddy, l'uomo civilizzato che rispetta le donne, sia tutti gli altri maschiacci istintivi, fanno una magra figura. Il primo rinuncia alla donna amata per filosofico rispetto del volere della donna, anche se questo vuol dire accettare l'atroce verità e assecondare il volere della famiglia. I secondi, che dal canto loro avevano architettato tutto come in preda ad una epifania delirante, subiranno il peso delle loro scelte secondo un gioco in cui non si sa bene più chi è il pappone e la puttana, la vittima o il carnefice. E come sempre in Pinter il finale resta aperto. Non è che parlando della forza delle donne ci comunica la miseria degli uomini?
gb
Teatro Carignano
IL RITORNO A CASA
di Harold Pinter
regia Peter Stein
Interpreti: Paolo Graziosi, Alessandro Averone, Elia Schilton, Rosario Lisma, Andrea Nicolini, Arianna Scommegna. Scenografia: Ferdinand Woegerbauer.
Luci: Roberto Innocenti
Costumi: Anna Maria Heinreich
Assistente alla regia: Carlo Bellamio
Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Spoleto56 Festival dei 2Mondi
ww.teatrostabiletorino.it
IL RITORNO A CASA
di Harold Pinter
regia Peter Stein
Interpreti: Paolo Graziosi, Alessandro Averone, Elia Schilton, Rosario Lisma, Andrea Nicolini, Arianna Scommegna. Scenografia: Ferdinand Woegerbauer.
Luci: Roberto Innocenti
Costumi: Anna Maria Heinreich
Assistente alla regia: Carlo Bellamio
Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Spoleto56 Festival dei 2Mondi
ww.teatrostabiletorino.it