L'affascinante idiozia
Zaches Teatro al Pim spazioscenico
Gli spazi di via tertulliano ospitano fino al 29 marzo l'immaginario lirico e grottesco di Goya nell'interpretazione dei Zaches Teatro. Con Il fascino dell’idiozia la compagnia mette di scena un perfetto connubio tra danza contemporanea, teatro di figura, uso della maschera e musica elettronica.
''Quando entri nella zona Goya devi essere pronto a ricevere tutto. Così come ha frugato nel lato oscuro dell’umanità, scandagliandone le tenebre e le paurose allucinazioni, questo genio totale ha saputo anche celebrare il piacere che pervade la vita, toccando con forza ogni vertebra sulla schiena dell’esistenza''. (Marco Capua, Panorama.it)
Mentre al Palazzo Reale è in mostra la pittura del geniale artista spagnolo, la sua incisività e importanza nella modernità, al Pim si indaga un aspetto specifico della sua produzione visceralmente legato alla sua vita privata, vista con gli occhi dell’amante Leocadia, figura controversa dell’universo goyesco, quello più intimo e personale.
Attraverso le installazioni multimediali e le musiche elettroniche eseguite dal vivo da Stefano Ciardi ed Enrica Zampetti, lo spettacolo propone una sorta di trasposizione teatrale del ciclo pittorico realizzato da Goya tra il 1819 e il 1824, 'le Piatture Nere', quando l'artista, già tormentato dalla propria iper-sensibilità, perse l'udito chiudendosi in se stesso in un completo isolamento dal mondo. Ed il buio della ragione partorisce mostri...
Fin da subito si è catapultati nel buio. Tenebre fatte di suoni provenienti a metà, da una natura che si presenta benigna, e a metà da una natura che vuole essere mostruosa e inquietante. Si prova lo stesso straniamento caro al pittore, in cui le immagini si mischiano, si confondono. I confini fra bellezza ed orrore diventano labili e la pazzia si confonde con la normalità. Un mondo in cui l'idiozia possiede un suo fascino, una sua bellezza. In cui parti del corpo o semplici particolari riescono a concedere attimi di lirismo, nella stessa maniera in cui un immaginario mostruoso o grottesco riesce ad emozionare.
A patto che si sia folli o si conservi lo spirito dei bambini. Ecco il legame con Goya: traducendo la parola idiozia ricercandone il significato etimologico: la visione del mondo come universo personale: i performers, Luana Gramegna, Chiara Innocenti ed Enrica Zampetti, cercano soprattutto di comunicare, attraverso l'equilibrio perfetto e maniacal tra gesto, tocco sonoro e illuminazione, attraverso giochi prospettici, quegli immaginari segreti e inconsapevoli che solo i bambini e i folli sembrano in grado di cogliere.
Lo spazio è disegnato attraverso le luci penetrate dai corpi disegnando una tela nera in continuo divenire. Simile ricerche sono state fatte in altri spettacoli del gruppo come "La favolosa vita di H.C. Andersen" del 2008 e qui portato alle estreme conseguenze.
Uno studio del corpo e di una sua manipolazione di aria internazionale, insomma.
Per la loro ricerca nell'uso delle ombre attraverso pannelli, della drammaturgia legata intimamente al suono e al movimento, per la ricercatezza e per la pulizia dei movimenti trova per similitudine, involontaria e inconsapevole, un corrispettivo francese nel coreografo Philippe Decouflé, in opere come Tricodex o Iris. Un opera da non sottovalutare che ha vinto il Premio Equilibrio 2009.
''Quando entri nella zona Goya devi essere pronto a ricevere tutto. Così come ha frugato nel lato oscuro dell’umanità, scandagliandone le tenebre e le paurose allucinazioni, questo genio totale ha saputo anche celebrare il piacere che pervade la vita, toccando con forza ogni vertebra sulla schiena dell’esistenza''. (Marco Capua, Panorama.it)
Mentre al Palazzo Reale è in mostra la pittura del geniale artista spagnolo, la sua incisività e importanza nella modernità, al Pim si indaga un aspetto specifico della sua produzione visceralmente legato alla sua vita privata, vista con gli occhi dell’amante Leocadia, figura controversa dell’universo goyesco, quello più intimo e personale.
Attraverso le installazioni multimediali e le musiche elettroniche eseguite dal vivo da Stefano Ciardi ed Enrica Zampetti, lo spettacolo propone una sorta di trasposizione teatrale del ciclo pittorico realizzato da Goya tra il 1819 e il 1824, 'le Piatture Nere', quando l'artista, già tormentato dalla propria iper-sensibilità, perse l'udito chiudendosi in se stesso in un completo isolamento dal mondo. Ed il buio della ragione partorisce mostri...
Fin da subito si è catapultati nel buio. Tenebre fatte di suoni provenienti a metà, da una natura che si presenta benigna, e a metà da una natura che vuole essere mostruosa e inquietante. Si prova lo stesso straniamento caro al pittore, in cui le immagini si mischiano, si confondono. I confini fra bellezza ed orrore diventano labili e la pazzia si confonde con la normalità. Un mondo in cui l'idiozia possiede un suo fascino, una sua bellezza. In cui parti del corpo o semplici particolari riescono a concedere attimi di lirismo, nella stessa maniera in cui un immaginario mostruoso o grottesco riesce ad emozionare.
A patto che si sia folli o si conservi lo spirito dei bambini. Ecco il legame con Goya: traducendo la parola idiozia ricercandone il significato etimologico: la visione del mondo come universo personale: i performers, Luana Gramegna, Chiara Innocenti ed Enrica Zampetti, cercano soprattutto di comunicare, attraverso l'equilibrio perfetto e maniacal tra gesto, tocco sonoro e illuminazione, attraverso giochi prospettici, quegli immaginari segreti e inconsapevoli che solo i bambini e i folli sembrano in grado di cogliere.
Lo spazio è disegnato attraverso le luci penetrate dai corpi disegnando una tela nera in continuo divenire. Simile ricerche sono state fatte in altri spettacoli del gruppo come "La favolosa vita di H.C. Andersen" del 2008 e qui portato alle estreme conseguenze.
Uno studio del corpo e di una sua manipolazione di aria internazionale, insomma.
Per la loro ricerca nell'uso delle ombre attraverso pannelli, della drammaturgia legata intimamente al suono e al movimento, per la ricercatezza e per la pulizia dei movimenti trova per similitudine, involontaria e inconsapevole, un corrispettivo francese nel coreografo Philippe Decouflé, in opere come Tricodex o Iris. Un opera da non sottovalutare che ha vinto il Premio Equilibrio 2009.
gb
www.zaches.it