Quando l'arte travalica i muri
il Progetto Casina
Ci sono momenti in cui l'arte cessa di essere evasione della realtà, punto di fuga da un quotidiano che disturba, che non piace perché non completa. Altri momenti, invece, in cui il fare artistico, per istinto e necessità, si pone obbiettivi più difficili, più alti. Piuttosto che l'evasione predilige l'immersione in questa realtà che disturba cercandone di capire più che i meccanismi che la governano, il modo in cui le consuetudini del vivere associato plasmano le nostre esistenze disegnando la nostra mappa emotiva.
È un incedere che dal particolare si muove verso l'universale quello del Progetto Casina, un fare lento come il tempo che occorre per instaurare delle relazioni, dei rapporti di fiducia gli uni con gli altri. Per capire il peso che le parole che si dicono acquistano all'interno di ogni persona che parla e ascolta. Per pensare. Qui l'arte per eccellenza è la parola (il dialogo), analizzata e sviscerata in tutte le sue parti, qui importante diviene anche il suo contrario, il silenzio.
'Il Progetto Casina' è uno spazio voluto e ideato da Antonella Ortelli presso la sezione femminile del carcere di San Vittore. Uno spazio in cui costruire una relazione con le donne senza differenza di ruoli fra organizzatori e partecipanti. Dalla costrizione che il carcere comporta, creare, insomma, un luogo in cui i partecipanti possono esprimersi liberamente, confrontarsi e capirsi. Una "casina" in cui sviluppare la propria creatività attraverso l'uso del disegno, della scrittura, della fotografia, del video. Dove poter cucinare, giocare. Non sentendosi isolati, reclusi.
Spazio madre è il titolo degli incontri organizzati per questo 2010. Muovendosi su un doppio binario si propone come momento ultimo di un lavoro sviluppato nel 2009 con la pubblicazione di un libro a cura di Luca Quartana sul tema dell'abbandono, e la presentazione di un video che documenta l'attività del laboratorio di cucina (nel 2009) tenuto con le donne in un evento espositivo organizzato presso la Galleria Milano, da un lato; dall'altro si propone di tenere viva la memoria delle donne che vi hanno partecipato, delle autrici e di tutti coloro che in questi vent'anni hanno contribuito alla realizzazione del progetto.
Incontro Antonella e Luca e in un bar vicino al loro laboratorio di restauro, ci sediamo con due loro collaboratrici e dalla socializzazione che il cibo comporta impariamo a conoscerci. Luca mi parla del suo rapportarsi alla parola, di come, a partire dal suo significato etimologico, ne studia l'aspetto artistico e spirituale, non ultimo come le parole, o gli argomenti che si scelgono di approfondire, vengono percepiti dalle donne. Un uso ponderato della parole che già traspare dalla scelta della parola progetto. Pone qualcosa di non concluso, in continuo divenire. Che si dà le regole nel suo farsi. In cui il caso gioca un ruolo importante nella scelta sia degli argomenti che degli eventi, il caso che facilita lo scambio di idee all'interno del patrimonio umano che il progetto ospita. Antonella mi parla della sua esperienza come donna, della riflessione che porta avanti sulle differenze di genere. Sulle donne che in quanto generatrici, posso ospitare all'interno del loro spazio corporeo un'altra vita e sul'importanza che questo riveste poi confrontandosi e muovendosi nel mondo.
In questi vent'anni il progetto si è espanso a tal punto da entrare, nel 2009, come oggetto di maggiori riflessioni da più punti di vista, all'interno dell'Università nella figura di Giorgio Zanchetti, docente di storia dell'arte contemporanea alla Statale di Milano. All'interno dei corsi, si è voluto approfondire alcune tematiche artistiche guardando da vicino il lavoro di Antonella svolto all'interno del carcere.
Questa è solo una delle tante collaborazioni che il progetto ha intrapreso negli anni. Andando a ritroso nel tempo, il 2008 vede approfondirsi il rapporto tra l'associazione femminile Cicipeciciap, fondata da Daniela Pellegrini e Nadia Riva e le donne del Progetto, al fine di creare un ulteriore collegamento tra il mondo esterno e la struttura carceraria suggellata con l'evento Cenacola nel marzo 2008.
Un momento di riunione, di incontro in cui si espone una rivisitazione dell'ultima cena di Leonardo, da parte delle donne, già esposta in Santa Maria delle Grazie, nel 2007, all'interno dell'evento 'Il cenacolo a San Vittore', come conclusione di un laboratorio iniziato nel 2005 e patrocinato dal Ministero dei Beni Culturali e il Ministero della Giustizia, sulla figura degli apostoli dell'ultima cena, sui loro gesti e sul significato che per le donne assumevano nelle loro differenti culture.
Del 2001 invece è il contributo alla promulgazione della legge 40 sulla tutela e la detenzione dei figli minori. Questo e altre loro iniziative sono documentate nel libro 'Immaginate' (2001, edito da Mazzota) di Antonela e Luca.
Da qui si arriva direttamente al quel 1991, anno in cui Antonella decide di far partire il progetto. Progetto impegnato e complesso che andrebbe ulteriormente approfondito, ma che qui serve a rendere chiaro il potere salvifico che l'arte non sempre dichiara ma di cui è intimamente intrisa.
** Ripensando negli anni a questa esperienza e alle personalità incontrare, in vista del numero di Art is present sull'Arte relazionale, altre sono state le mie considerazioni su ciò che s intende per Arte sociale.
È un incedere che dal particolare si muove verso l'universale quello del Progetto Casina, un fare lento come il tempo che occorre per instaurare delle relazioni, dei rapporti di fiducia gli uni con gli altri. Per capire il peso che le parole che si dicono acquistano all'interno di ogni persona che parla e ascolta. Per pensare. Qui l'arte per eccellenza è la parola (il dialogo), analizzata e sviscerata in tutte le sue parti, qui importante diviene anche il suo contrario, il silenzio.
'Il Progetto Casina' è uno spazio voluto e ideato da Antonella Ortelli presso la sezione femminile del carcere di San Vittore. Uno spazio in cui costruire una relazione con le donne senza differenza di ruoli fra organizzatori e partecipanti. Dalla costrizione che il carcere comporta, creare, insomma, un luogo in cui i partecipanti possono esprimersi liberamente, confrontarsi e capirsi. Una "casina" in cui sviluppare la propria creatività attraverso l'uso del disegno, della scrittura, della fotografia, del video. Dove poter cucinare, giocare. Non sentendosi isolati, reclusi.
Spazio madre è il titolo degli incontri organizzati per questo 2010. Muovendosi su un doppio binario si propone come momento ultimo di un lavoro sviluppato nel 2009 con la pubblicazione di un libro a cura di Luca Quartana sul tema dell'abbandono, e la presentazione di un video che documenta l'attività del laboratorio di cucina (nel 2009) tenuto con le donne in un evento espositivo organizzato presso la Galleria Milano, da un lato; dall'altro si propone di tenere viva la memoria delle donne che vi hanno partecipato, delle autrici e di tutti coloro che in questi vent'anni hanno contribuito alla realizzazione del progetto.
Incontro Antonella e Luca e in un bar vicino al loro laboratorio di restauro, ci sediamo con due loro collaboratrici e dalla socializzazione che il cibo comporta impariamo a conoscerci. Luca mi parla del suo rapportarsi alla parola, di come, a partire dal suo significato etimologico, ne studia l'aspetto artistico e spirituale, non ultimo come le parole, o gli argomenti che si scelgono di approfondire, vengono percepiti dalle donne. Un uso ponderato della parole che già traspare dalla scelta della parola progetto. Pone qualcosa di non concluso, in continuo divenire. Che si dà le regole nel suo farsi. In cui il caso gioca un ruolo importante nella scelta sia degli argomenti che degli eventi, il caso che facilita lo scambio di idee all'interno del patrimonio umano che il progetto ospita. Antonella mi parla della sua esperienza come donna, della riflessione che porta avanti sulle differenze di genere. Sulle donne che in quanto generatrici, posso ospitare all'interno del loro spazio corporeo un'altra vita e sul'importanza che questo riveste poi confrontandosi e muovendosi nel mondo.
In questi vent'anni il progetto si è espanso a tal punto da entrare, nel 2009, come oggetto di maggiori riflessioni da più punti di vista, all'interno dell'Università nella figura di Giorgio Zanchetti, docente di storia dell'arte contemporanea alla Statale di Milano. All'interno dei corsi, si è voluto approfondire alcune tematiche artistiche guardando da vicino il lavoro di Antonella svolto all'interno del carcere.
Questa è solo una delle tante collaborazioni che il progetto ha intrapreso negli anni. Andando a ritroso nel tempo, il 2008 vede approfondirsi il rapporto tra l'associazione femminile Cicipeciciap, fondata da Daniela Pellegrini e Nadia Riva e le donne del Progetto, al fine di creare un ulteriore collegamento tra il mondo esterno e la struttura carceraria suggellata con l'evento Cenacola nel marzo 2008.
Un momento di riunione, di incontro in cui si espone una rivisitazione dell'ultima cena di Leonardo, da parte delle donne, già esposta in Santa Maria delle Grazie, nel 2007, all'interno dell'evento 'Il cenacolo a San Vittore', come conclusione di un laboratorio iniziato nel 2005 e patrocinato dal Ministero dei Beni Culturali e il Ministero della Giustizia, sulla figura degli apostoli dell'ultima cena, sui loro gesti e sul significato che per le donne assumevano nelle loro differenti culture.
Del 2001 invece è il contributo alla promulgazione della legge 40 sulla tutela e la detenzione dei figli minori. Questo e altre loro iniziative sono documentate nel libro 'Immaginate' (2001, edito da Mazzota) di Antonela e Luca.
Da qui si arriva direttamente al quel 1991, anno in cui Antonella decide di far partire il progetto. Progetto impegnato e complesso che andrebbe ulteriormente approfondito, ma che qui serve a rendere chiaro il potere salvifico che l'arte non sempre dichiara ma di cui è intimamente intrisa.
** Ripensando negli anni a questa esperienza e alle personalità incontrare, in vista del numero di Art is present sull'Arte relazionale, altre sono state le mie considerazioni su ciò che s intende per Arte sociale.